lunedì 28 febbraio 2011

AAMS, la beffa ha inizio

Ricevo dalla UIL PA e pubblico

Questa O.S., dopo le varie rassicurazioni verbali da parte dell’Amministrazione AAMS, rimane perplessa e basita sulle informazioni che iniziano ad arrivare dalle sede interessate all’accoglienza dei colleghi transitati verso AAMS, e precisamente:
nella sede di Napoli, dove già esiste la sede AAMS, i colleghi interessati al transito verso quest’ultima Amministrazione hanno festeggiato salutando tutti, peccato però che venerdì un fax inviato alla RTS ha annunciato che per il momento gli stessi colleghi, per mancanza di spazio e di mobilio dovranno restare nella sede della RTS dove lo stesso responsabile di segreteria della RTS dovrà reperire le firme di presenza, se tutto ciò non fosse sufficiente, sembrerebbe che il Direttore della RTS, giustamente, abbia dato disdetta del 15° piano e che quindi si troverebbe in difficoltà nella sistemazione dei circa 20 dipendenti che dovrebbero transitare ad AAMS.
Tutto questo è accaduto in una sede già esistente, ci immaginiamo nelle sedi di nuova costituzione, dove il personale non ha avuto nessun tipo di comunicazione ufficiale da parte di AAMS, e con la preoccupazione che, essendo sportelli interregionali, se AAMS decidesse che quella sede non fosse più utile a garantire determinati servizi, con un atto amministrativo potrebbe decidere di chiudere la sede con la conseguente mobilità del personale.
Se tutto questo è vero, mi auguro una smentita ufficiale a garanzia degli interessi di tutti i lavoratori, è un atto molto grave che fa riflettere sul futuro dei colleghi che transiteranno ad AAMS.
Ancora siamo venuti a conoscenza che OO.SS. di AAMS hanno svolto assemblee del personale garantendo una quantità di fondi sufficienti per, biglietti gratuiti del cinema, rimborsi spese di abbonamenti e addirittura hanno raccolto domande del personale che non aveva optato per AAMS garantendo loro comunque il trasferimento.
Le stesse OO.SS. hanno dichiarato che ad AAMS rispetto al MEF c’è un modo diverso di fare sindacato, questo me lo auguro, perché al MEF la UIL conosce solo un modo di fare sindacato che è la tutela dei lavoratori.
Si rammenta a tutto il personale optante per il transito ad AAMS che è possibile revocare la propria opzione fino a domani non firmando il contratto di variazione di ruolo.
In bocca a lupo a tutti coloro che transiteranno ad AAMS ricordando che la UILPA-MEF è sempre a disposizione anche successivamente.
Roma, 28 febbraio 2011
Il Coordinatore Generale
BORDINI Andrea G.

Vedremo....

Ricevo dall a Usb mef e pubblico

Il 23 febbraio 2011 si è tenuta la riunione tra le Amministrazioni del MEF, AAMS e OO.SS. riguardante la consultazione su schema DCPM concernente le dotazioni organiche del MEF e dell’AAMS e l’informativa sul provvedimento di definizione del contingente di personale che transiterà ad AAMS a decorrere dal 1 marzo p.v..

L’incontro non ha evidenziato alcun cambiamento in positivo rispetto al caos organizzativo e gestionale denunciato dalla nostra Organizzazione Sindacale. Al contrario, lo scenario complessivo in cui deve necessariamente contestualizzarsi l’intera operazione della chiusura delle DTEF risulta ancora più drammatico per le ripercussioni pesanti sui lavoratori e sulle condizioni operative delle Ragionerie Territoriali dello Stato.

Riportiamo sinteticamente di seguito gli esiti della consultazione e l’informativa ricevuta.



DOTAZIONI ORGANICHE

- le nuove dotazioni organiche del MEF sono pari complessivamente a n. 13537 unità di personale a fronte di un organico di fatto pari a 11486 unità (dato già decurtato dei 1439 lavoratori che passano fisicamente ad AAMS). La dotazione organica teorica deriva quindi dalla decurtazione, operata su quella preesistente, del numero dei colleghi passati all’AAMS con l’aggiunta di 247 unità teoriche cedute;

- le nuove dotazioni organiche dell’AAMS sono pari a 2786 unità di personale e sono di poco superiori all’organico di fatto.



Il criterio adottato per la definizione dei due contingenti è stato unicamente quello dell’invarianza della spesa prescindendo dalle funzioni trasferite presso le RTS e ha sancito definitivamente il principio, se ce ne fosse stato ancora il bisogno, che l’operazione della chiusura delle DTEF è a costo zero per l’Amministrazione ed il prezzo verrà pagato solo dai lavoratori!



INFORMATIVA SUI PASSAGGI DAL MEF ALL’AAMS

- i passaggi quantificati all’8 febbraio 2011 sono pari a 1439 unità;

- questo dato è tuttora soggetto a variazione per effetto delle eventuali revoche al trasferimento che potrebbero ancora essere presentate;

- rispetto alle originarie 1784 istanze di trasferimento sono state prodotte 345 revoche.



LOGISTICA

- sono stati forniti gli elenchi delle sedi delle RTS e delle sezioni territoriali dell’AAMS che però potranno essere soggetti a variazione per gli immobili che verranno giudicati inadeguati per motivi di capienza o di sicurezza.



La USB MEF è intervenuta duramente sulle varie questioni ponendo l’attenzione sul fatto che, a pochissimi giorni dall’attuazione del passaggio di funzioni, nelle RTS regna la confusione totale sull’adeguamento organizzativo ai nuovi compiti istituzionali.

La nostra Organizzazione Sindacale, in particolare, ha denunciato l’assenza della Ragioneria Generale dello Stato dalle precedenti sessioni negoziali ed ha chiesto precise risposte riguardo alle misure, anche emergenziali, da adottare dal 1 marzo.

Le risposte ricevute sono state letteralmente disarmanti e sintetizzabili in ”stiamo analizzando, stiamo riflettendo, stiamo valutando”.

È sembrato quasi che si stesse parlando di una sorta di ricerca d’identità attraverso l’esercizio di un’introspezione riflessiva e meditativa piuttosto che cercare soluzioni per evitare ricadute insopportabili su migliaia di lavoratori e centinaia di migliaia di cittadini utenti.

Pertanto, ai danni precedenti provocati dalla gestione delle operazioni di passaggio delle funzioni e del personale si aggiunge l’inadeguatezza organizzativa della Ragioneria Generale dello Stato che non ha ancora uno straccio di progetto per gli uffici territoriali.

E il 1 marzo è alle porte…

La USB MEF non intende fare sconti all’Amministrazione e metterà in campo tutte le azioni necessarie per tutelare i lavoratori lasciati allo sbaraglio nel tentativo di coprire responsabilità politiche ed incapacità amministrativa.

giovedì 24 febbraio 2011

Disposizioni per la festa nazionale del 17 marzo 2011

DECRETO-LEGGE 22 febbraio 2011 , n. 5 .
Disposizioni per la festa nazionale del 17 marzo 2011
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Visto l’articolo 7 -bis del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito, con modifi cazioni, dalla legge 29 giugno 2010, n. 100, che ha dichiarato festa nazionale il giorno 17 marzo 2011, ricorrenza del 150° anniversario della proclamazione dell’Unità d’Italia;
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di assicurare la dovuta solennità e la massima partecipazione dei cittadini dichiarando il 17 marzo 2011 giorno festivo a tutti gli effetti civili, senza peraltro che ne derivino nuovi o maggiori oneri per la fi nanza pubblica e a carico delle imprese private;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 18 febbraio 2011;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri della difesa e dell’istruzione, dell’università e della ricerca;
EMANA
il seguente decreto-legge:
Art. 1.
1. Limitatamente all’anno 2011, il giorno 17 marzo è considerato giorno festivo ai sensi degli articoli 2 e 4 della legge 27 maggio 1949, n. 260.
2. Al fine di evitare nuovi o maggiori oneri a carico della fi nanza pubblica e delle imprese private, derivanti da quanto disposto nel comma 1, per il solo anno 2011 gli effetti economici e gli istituti giuridici e contrattuali previsti per la festività soppressa del 4 novembre non si applicano a tale ricorrenza ma, in sostituzione, alla festa nazionale per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia proclamata per il 17 marzo 2011.
3. Dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della fi nanza pubblica.
Art. 2.
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta uffi ciale degli atti normativi della
Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 22 febbraio 2011
NAPOLITANO
BERLUSCONI , Presidente del Consiglio dei Ministri
LA RUSSA , Ministro della difesa
GELMINI , Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca
Visto, il Guardasigilli: ALFANO

Compensazioni con la Pa: decreto ad alto rischio

articolo di Marco Bellinazzo pubblicato su www.Ilsole24ore.com

Sbloccate le compensazioni fiscali, che dal prossimo appuntamento di marzo faranno i conti con le nuove regole introdotte dal decreto legge 78/2010, il ministero dell'Economia è ora alle prese con la difficile istruttoria del provvedimento che avrebbe dovuto attivare, dal 1° gennaio 2011, lo scambio fra le cartelle esattoriali e i crediti vantati dai fornitori della pubblica amministrazione.
Lo stesso Dl 78, infatti, aveva previsto che «i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale per somministrazione, forniture e appalti, possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo».
Questo meccanismo di compensazione diretta fra obblighi tributari e crediti non tributari – fortemente voluto dal mondo delle imprese – rischia, però, di rimanere al palo per la complessa riorganizzazione amministrativa che comporta e per indubbie questioni di copertura.
Con la manovra varata nel 2010 si era tentato, in effetti, di dare una scossa a enti locali, regioni e aziende del servizio sanitario nazionale in cronico ritardo con i pagamenti per gli appalti e le forniture ricevute. Anche per fare da contrappeso alla stretta sulle cosiddette compensazioni-bancomat che quest'anno ha già dato i suoi frutti facendo risparmiare all'Erario oltre 6 miliardi di euro.
In pratica, con il Dl 78/10 è stato sancito da un lato il diritto per le imprese di utilizzare, a partire dal 2011, i crediti maturati verso la Pa e gli enti locali per saldare i debiti fiscali iscritti a ruolo a loro carico. Dall'altro lato, l'articolo 31 ha stabilizzato la procedura di cessione degli stessi crediti alle banche o agli intermediari finanziari (in precedenza limitata al biennio 2009-2010).
Per poter accedere alla compensazione diretta alle aziende è stato peraltro richiesto di acquisire la certificazione dell'esistenza del credito da parte della stessa amministrazione debitrice. Una certificazione che dovrebbe essere rilasciata entro 20 giorni e che invece molto difficilmente viene concessa, come sottolineano gli operatori.
L'amministrazione finanziaria non nega che la possibilità per i contribuenti di superare i tempi lunghi dei pagamenti della Pa "scambiando" i propri crediti con i debiti fiscali rappresenti una chance per tutto il sistema produttivo. Tuttavia, si teme per i mancati introiti che potrebbero impoverire di colpo le casse statali.
Secondo le stime circolate lo scorso anno, i nuovi meccanismi di compensazione extra-tributaria avrebbero potuto rimettere in circolo tra i 60 e i 70 miliardi di euro (40 miliardi nel solo settore sanitario). Non a caso, l'articolo 31 del Dl 78 del 2010 rinvia per le modalità di attuazione delle "nuove" compensazioni a un decreto del ministero dell'Economia «al fine di garantire il rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica».
L'esigenza di preservare questi equilibri, dunque, ha indotto i tecnici di via XX Settembre ad allungare fino a oggi i tempi dell'istruttoria e rischia di lasciarla aperta ancora per molto. Così come prevalenti ragioni di bilancio hanno provocato – come lamentano sempre più imprese – il mancato adeguamento del limite alle compensazioni che, in base al decreto legge 78/2009, avrebbe dovuto essere elevato a 700mila euro all'anno rispetto agli attuali 516mila.

mercoledì 23 febbraio 2011

Diffida per la sovrattassa dei buoni pasto

Ricevo e pubblico:

Cari colleghi, vi trasmetto la diffida da inviare all’Amministrazione per la restituzione della differenza per la maggiore tassazione applicata negli ultimi 5 anni sui buoni pasto percepiti.
Nel mare della distruzione dei diritti del lavoro pubblico, questa è una piccola goccia di dignità.

Con preghiera di veicolare l’istanza a tutti i vostri indirizzi di posta elettronica, anche di colleghi di altri Ministeri.
Grazie






Al Ministero dell’Economia e delle Finanze
DAG – DCSP – Ufficio VIII
Via XX Settembre, 97 – 00187 ROMA

Il/La sottoscritto/a______________________________________________________
nato/a a ___________________________ il _________________ residente in __________________________________________________________ prov.______ Via/Piazza____________________________________________________________ _______________________________________, n°________, in servizio presso quest’Amministrazione, premesso che:
• percepisce i buoni pasto per un valore nominale di 7 euro;
• non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro (buoni pasto), fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29, ai sensi dell’art. 51, c. 2 , lett. c del D.P.R. 22.12.1986, n. 917;
• le Amministrazioni acquistano i buoni pasto attraverso le Convenzioni Consip, ad un costo inferiore, in media del 15- 20%, rispetto al valore nominale di 7 euro, secondo la seguente tabella:

LOTTO 1 - Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Liguria
Sconto aggiudicato (%), IVA esclusa 14%
Fornitore Accor Service s.r.l.

LOTTO 2 – Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino Alto Adige, Emilia-Romagna, Toscana
Sconto aggiudicato (%), IVA esclusa 14%
Fornitore Accor Service s.r.l.

LOTTO 3 - Lazio
Sconto aggiudicato (%), IVA esclusa 15,47%
Fornitore Qui!Group S.p.A.

LOTTO 4 – Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia
Sconto aggiudicato (%), IVA esclusa 15,47%
Fornitore Qui!Group S.p.A.

LOTTO 5 - Campania
Sconto aggiudicato (%), IVA esclusa 17,55%
Fornitore Repas Lunch Coupon s.r.l.

LOTTO 6 – Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna
Sconto aggiudicato (%), IVA esclusa 13,69%
Fornitore Day Ristoservice S.p.A.

• nella Risoluzione n. 26/e del 29 marzo 2010, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, in conformità a quanto previsto dall’art. 9, c. 3 del citato D.P.R., “il valore normale di riferimento, per i beni e servizi offerti dal datore di lavoro ai dipendenti, possa essere costituito dal prezzo scontato che il fornitore pratica sulla base di apposite convenzioni ricorrenti nella prassi commerciale, compresa l’eventuale convenzione stipulata con il datore di lavoro”;
• l’Amministrazione applica l’IRPEF sul valore nominale anziché sul valore normale del buono pasto, come da esempio riportato:

(esempio) AREA II – F3 Comparto Ministeri

Valore nominale buono pasto €. 7,00
Valore normale buono pasto (7,00 al netto dello sconto del 15%) €. 5,95
Differenze
Quota esclusa da tassazione €. 5,29
Quota esclusa da tassazione €. 5,29
Imp. Lordo Dip. €. 1,71 Imp. Lordo Dip. €. 0,66
Imp. Fiscale €. 1,55 Imp. Fiscale 0,60 Imp. Irpef 0,95
Irpef (27%) €. 0,42 Irpef (27%) 0,16 Irpef (27%) 0,26

Pertanto, considerando 20 buoni pasto mensili per 11 mensilità per 5 anni (2006 / 2010) il rimborso irpef dovrebbe essere pari ad €. 286,00 .

DIFFIDA
• l’Amministrazione a restituire la differenza per la maggior tassazione applicata negli ultimi 5 anni sui buoni pasto percepiti;
• l’Amministrazione ad ottemperare agli adempimenti di competenza, nei termini stabiliti dall’art. 2, Legge 7 agosto 1990, n. 241.
AVVISA
che, in caso di inottemperanza, si rivolgerà alla competente autorità giudiziaria.

La presente costituisce atto interruttivo della prescrizione.

_______________, __/__/2011


_________________________________

La lunga attesa di trasparenza

Dopo le gravi accuse lanciate dal sindacato UIL PA verso l'attuale Ragioniere Generale dello Stato, credo che la risposta del dott. Canzio non possa essere rimandata.
Immediatamente i colleghi devono essere certi dell'onestà e della buona fede di chi li dirige, pertanto:
il ragioniere chiarisca e, se ritiene opportuno, quereli l'organizzazione sindacale o, in caso contrario,si dimetta.

Altri comportamenti e silenzi indebolirebbero ulteriormente il nostro dipartimento e umilierebbero migliaia di colleghi che ogni mattina tentano, tra tante difficoltà, di svolgere il proprio lavoro con dignità e nel rispetto dell'articolo 54 dell Costituzione.

Ci pensi bene dott.Canzio e poi ci dica.


Procedure passaggio dei beni delle DTEF

Riepilogo delle procedure di gestione dei consegnatari

I consegnatari delle DTEF dovranno provvedere al trasferimento, in capo ai consegnatari delle RTS, dei beni risultanti dalle loro scritture contabili, predisponendo l’apposito «modello 130 P.G.S» laddove questi siano iscritti in inventario od il «buono di movimentazione dei beni durevoli» qualora gli stessi siano stati caricati nel registro dei beni durevoli.
Nel caso in cui i consegnatari della DTEF e della RTS, rispettivamente cedente e cessionario dei beni, utilizzino l’applicativo GE.CO., dovranno necessariamente avvalersi della procedura automatica prevista dal predetto applicativo e denominata «trasferimento dei beni tra uffici».
Per quanto riguarda i beni per i quali le RTS avranno espresso formalmente un motivato rifiuto alla ricezione ma che risulteranno di interesse per l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, sarà possibile pianificarne il trasferimento redigendo apposito verbale, corredato del buono di scarico, da sottoscriversi da parte dei Direttori delle DTEF e dai responsabili dell’A.A.M.S., così come previsto dall’art. 13 comma 2 del D.P.R. 254 del 2002. Nel suddetto verbale dovrà essere riportata l’autorizzazione del titolare del Centro di responsabilità del DAG, da richiedersi per il tramite dell’Uff. VII DCLA. che ha consentito, per motivi di efficienza, economicità ed efficacia l’espletamento di tale procedura, nonché il rifiuto motivato della RTS a ricevere tali beni.
Per quanto riguarda i beni che rimarranno in carico ai consegnatari delle DTEF una volta completati i passaggi sopra descritti, dovrà provvedersi secondo quanto dettato dalle disposizioni dell’art. 14 del D.P.R. 254 del 2002.
Da ultimo, non appare superfluo ricordare che i timbri ufficiali, i suggelli, i conii, i pinzoni ecc. che saranno oggetto di dismissione dovranno essere consegnati agli Archivi di Stato per la conservazione, ovvero all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. per la deformazione. Il loro discarico potrà avvenire solo dopo che le suddette strutture ne avranno formalmente dichiarato la ricezione; tale dichiarazione, infatti, costituirà il documento giustificativo da allegare al buono di scarico.

martedì 22 febbraio 2011

Progetto Informatico Sindaci ASL - P.I.S.A.

Il Dipartimento della RGS comunica che dal il 1° aprile 2011 entrerà in funzione l'applicativo informatico ''P.I.S.A.'' che dovrebbe consentirà migliori e più uniformi modalità di verbalizzazione da parte dei Collegi sindacali presso le Aziende Sanitarie Locali, le Aziende Ospedaliere e le Aziende Ospedaliero-Universitarie. Le istruzioni per il suo funzionamento sono contenute nel ''manuale utente''


Da leggere subito

· La circolare del 15 febbraio 2011, n. 5

· Il manuale utente P.I.S.A.

lunedì 21 febbraio 2011

richiesta di rimozione di Canzio

Ricevo e pubblico nota della UIL PA

Al Ministro dell’Economia e delle Finanze
On. Giulio TREMONTI
SEDE
Oggetto: richiesta di allontanamento del Ragioniere Generale dello Stato.

Questa O.S. ancora una volta apprende che l’agenzia di stampa AGIR nel articolo del 10 febbraio 2011 denuncia fatti e misfatti del Ragioniere Generale dello Stato e precisamente:

1. che un funzionario amministrativo con il solito gioco dell’art. 19 comma 6 viene nominato dirigente di II fascia, e che improvvisamente viene pubblicato un concorso solo per titoli dove lo stesso funzionario risulta vincitore, ma se tutto questo non fosse sufficiente, a soli sei giorni dalla fine del periodo di prova viene nominato dal Ragioniere Generale dello Stato dirigente generale di coordinamento dello stesso Ragioniere.

2. che un dirigente generale alle soglie del pensionamento (01 ottobre 2010), il 23 settembre dello stesso anno viene nominato, dal Ragioniere Generale dello Stato, Presidente del Collegio dei revisori dell’Agenzia delle dogane, permettendo di ottenere così oltre alla lauta pensione, il compenso non sottoposto alla onnicomprensività.

Tutto questo avviene in un momento di crisi generale del Paese dove tutta l’autorità politica dichiara di porre limiti di spesa a tutti i dipendenti della Pubblica Amministrazione.
Forse però nessuno ha spiegato al Ragioniere Generale dello Stato che per dipendenti si intendono sia il personale delle qualifiche funzionali che il personale dirigente.
Questa O.S. che vede subire blocchi dei rinnovi contrattuali per tutti i dipendenti della Pubblica Amministrazione, tagli della spesa pubblica, non può assistere a dei comportamenti che non rispettano neanche i dettati dell’autorità politica oltre che alla moralità e al rispetto dell’immagine dell’Amministrazione e della professionalità dei nostri dirigenti e del personale.
Dopo varie richieste di informazioni e due articoli dell’Agenzia di stampa che mettono in cattiva luce i dipendenti della P.A. (in questo caso del MEF) che tutti i giorni compiono il loro dovere sul posto di lavoro, questa O.S chiede, per ovviare a tutto questo, che l’On. Ministro Giulio Tremonti rimuova repentinamente il Ragioniere Generale dello Stato.

Distinti saluti.

Roma, 21 febbraio 2011

BORDINI Andrea
G. COMPAGNONE Guido

giovedì 17 febbraio 2011

Nuovi standard vincolanti per la Pa centrale


Dal 2011 al 2013 il rischio per i dipendenti pubblici era quello di vedere il loro trattamento economico ridotto per due ragioni: una legata alla manovra di Tremonti, che congela gli stipendi e riduce i fondi per il trattamento accessorio; l'altra all'applicazione delle fasce di merito (articolo 19 della riforma Brunetta) quantomeno per quei dipendenti che non si collocano nella prima fascia dell'eccellenza.
Questa seconda riduzione sembra scongiurata dall'intesa del 4 febbraio tra governo e sindacati che prevede di applicare gli effetti delle fasce di merito soltanto dove siano presenti risorse aggiuntive.
L'intesa fornisce indirizzi a ministeri, agenzie, enti pubblici non economici, enti di ricerca e università affinché utilizzino le attuali risorse destinate alla contrattazione integrativa secondo i precedenti criteri di ripartizione, riconoscendo al trattamento economico accessorio attuale la valenza di integrazione, in ragione del suo consolidarsi negli anni, fermo restando il divieto della distribuzione a pioggia.
Gli effetti della valutazione del personale e dell'individuazione delle tre fasce di merito si avranno soltanto utilizzando le risorse aggiuntive, frutto di risparmi di spesa realizzati, il cui ammontare sarà individuato con decreto interministeriale (Tremonti-Brunetta).
Rimangono salvi gli effetti delle fasce di meritocrazia per lo sviluppo delle competenze, la valorizzazione delle risorse, le progressioni economiche e di carriera.
Accanto alle risorse che l'articolo 61 del Dl 112/2008 prevede per le suddette amministrazioni, ci sono poi altre risorse aggiuntive che le amministrazioni potrebbero ricavare applicando l'articolo 27 (premio di efficienza) della riforma Brunetta secondo cui una quota fino al 30% dei risparmi derivanti da processi di riorganizzazione è destinata a premiare, fino a due terzi, il personale coinvolto nei processi e, per la parte residua, a incrementare le somme disponibili per la contrattazione stessa.
Gli indirizzi di salvaguardia delle retribuzioni e di applicazione transitoria, solo ai fini economici, delle fasce di merito con utilizzo delle risorse aggiuntive, possono essere mutuati dalle altre amministrazioni, quali regioni ed enti territoriali.
Si tratta, per queste, di individuare la fonte delle risorse aggiuntive. Senz'altro una può essere l'articolo 27 del Dlgs 150/2009. Si può valutare, altresì, l'applicabilità dell'articolo 15, comma 5, del Ccnl enti locali 98/01 le cui risorse aggiuntive dovrebbero rimanere fuori dal vincolo del tetto dei fondi previsto dall'articolo 9, comma 2-bis, del Dl 78/2010.
Altri spazi possono poi essere individuati da regioni ed enti locali con un'intesa con le parti sociali. Questi enti dovrebbero individuare, quale fonte di risorse aggiuntive, un ammontare ricavabile da risparmi ulteriori rispetto a quelli previsti dalle manovre finanziarie.
Potrebbero ipotizzare quale fonte alimentante un criterio analogo a quello disegnato dall'articolo 61 del Dl 112/2008 per le amministrazioni centrali, immaginando, ad esempio, un risparmio legato a economie di scala, quali frutto di convenzioni per la condivisione e gestione di servizi comuni. I risparmi cumulati e calcolati a consuntivo dagli enti partecipanti, potrebbero essere suddivisi e destinati ad alimentare il trattamento economico accessorio. Potrebbe essere l'occasione per favorire forme di razionalizzazione della spesa ed eliminazione degli sprechi, destinando il recupero di risorse alla premialità.

mercoledì 16 febbraio 2011

Nota USB LEF sull'accordo OO.SS e Funzione pubblica

Ricevo e pubblico una nota della USB MEF

Nel momento in cui l’opposizione dei lavoratori del pubblico impiego, insieme ad una serie di sentenze di tribunali di tutta Italia ed alle norme imposte dalla manovra economica hanno di fatto bloccato l’applicazione della famigerata legge Brunetta, CISL e UIL non perdono l’occasione di andare in soccorso del Ministro amico e firmano un accordo che tenta di superare la clamorosa impasse nella quale versa la riforma nel suo complesso.
Invece di “cogliere l’attimo” e pretendere quanto meno un congelamento della riforma in attesa del rinnovo dei contratti, i sindacati collaborazionisti, in grande difficoltà sui posti di lavoro, tentano di gettare fumo agli occhi dei lavoratori rivendicando di aver ottenuto “l’intoccabilità” dei salari accessori, dimenticando il blocco dei contratti ed il congelamento dei salari individuali.


LA FIRMA DELL’ACCORDO EVIDENZIA IN MANIERA INEQUIVOCABILE LA PIENA CONDIVISIONE
DEI SINDACATI FIRMATARI DELLA FILOSOFIA E DEI CONTENUTI DEL D.LGS.150.


Nella sostanza, nonostante CISL e UIL millantino nei posti di lavoro di aver bloccato gli effetti economici della riforma Brunetta, quell’accordo mira a far applicare la meritocrazia (le fasce!) per dividere i dipendenti pubblici in buoni e cattivi con pesantissime conseguenze sulle carriere, sulle progressioni economiche nonché sul piano disciplinare.



Infatti il D.lgs.150 prevede:

· secondo l'articolo 23 la presenza per tre anni consecutivi tra i buoni costituisce titolo prioritario per le progressioni economiche;

· l'articolo 24 individua come titolo rilevante per le progressioni di carriera la presenza tra i buoni per tre anni consecutivi;

· per l'attribuzione di incarichi e responsabilità farà fede la professionalità attestata dal sistema di misurazione e valutazione (art.25)

· infine l’art. 69 dispone il licenziamento in sede disciplinare nel caso di prestazione lavorativa, riferibile ad un arco temporale non inferiore al biennio, per la quale l'amministrazione di appartenenza formula una valutazione di insufficiente rendimento. Cioè stare per due anni tra i cattivi mette i lavoratori a rischio di licenziamento.

Tutto ciò senza considerare che le “eventuali” risorse con le quali dovrebbero essere premiati i buoni, oltre ad ammontare a pochi spiccioli, che potrebbero essere comunque bloccati per effetto del tetto delle retribuzioni, rappresenterebbero un odioso strumento di gestione del personale da parte di una dirigenza che i dipendenti pubblici conoscono fin troppo bene.



L’ennesima dimostrazione da che parte stanno CISL e UIL!


lunedì 14 febbraio 2011

La replica di Brunetta alle critiche di Ichino

dal blog di Pietro Ichino

Lettera di Renato Brunetta al Corriere della Sera, pubblicata l’8 febbraio 2011, in replica alla mia Lettera sul lavoro pubblicata il giorno prima - Segue la mia controreplica

Il senatore Pietro Ichino ha provato a ‘tradurre’ l’accordo raggiunto con Cisl, Uil e Ugl (ma rifiutato dalla Cgil) con il quale si dà concretezza e attuazione alla mia riforma della Pubblica Amministrazione. Purtroppo, l’esercizio non gli è riuscito. Ichino non difetta in preparazione, abbonda però in prevenzione politica. A suo giudizio, infatti, il Pd dovrebbe rifiutare con sdegno l’accordo raggiunto con i sindacati giacché violerebbe il sano e saggio spirito della riforma.
Peccato che l’assunto sia falso e, soprattutto, che il suo partito avversò con ogni mezzo tale riforma. Oggi si sono accorti che era buona? Evviva. Prima o poi s’accorgeranno che anche questo accordo non è affatto male. Ichino è anche un po’ confuso: attacca sia me, sia la Cgil. E’ vero che c’è un eccesso di politicizzazione e collateralismo, ma credo che abbia un peso anche la scarsa comprensione dei problemi e dei rimedi reali, cui contribuisce la confusa ambiguità creata dallo stesso Ichino.
Il quale, non lo si dimentichi, ha anche segnalato il nome di un membro del comitato di valutazione (Civit), incorrendo nell’errore di farsi promotore di un signore che s’è dimesso prima di cominciare a lavorare, essendosi accorto dopo un anno di quali siano le leggi che regolano il mondo del lavoro e la Pubblica Amministrazione. Si sappia che il senatore del Pd ha anche chiesto di sostituire quel nome con un altro e che il mio diniego, suppongo, deve avere influito sulla serenità del ‘traduttore’.
Ma veniamo alla sostanza dei rilievi, punto per punto.
1. Ichino fa riferimento a un ritorno al memorandum del 23 gennaio 2007, firmato da un ministro del Pd (Luigi Nicolais) e dalla Cgil. Stia tranquillo: l’accordo non modifica quanto previsto dalla legge (e del resto non potrebbe). L’impianto complessivo della riforma resta in vigore e gli istituti ivi previsti (valutazione, merito, premi, trasparenza, lotta alla corruzione) sono tutti attuabili dalle amministrazioni. Saranno pertanto attivate già da quest’anno tutte le procedure di valutazione dei dipendenti così come le performance individuale e organizzativa.
2. L’accordo ha dovuto tener conto del blocco fino al 2013 della contrattazione collettiva nazionale. Mi sono sempre preoccupato di attivare gli istituti premianti della riforma senza peggiorare le retribuzioni dei singoli dipendenti. Proprio per questo ho fortemente voluto il cd. “dividendo dell’efficienza”: una norma che premi le amministrazioni virtuose e i loro dipendenti. Come lo stesso Ichino potrà presto constatare, le risorse del dividendo ci sono e permetteranno di iniziare a distribuire i primi premi. Questo fino ai prossimi rinnovi contrattuali, poi tutto andrà a regime.
3. Il ‘liberale’ Ichino fa finta di ignorare che la mia riforma non ha abrogato la contrattazione collettiva che - insieme alla contrazione integrativa di secondo livello - resta il cardine della gestione del personale nel settore pubblico.
4. Al senatore Ichino ricordo peraltro che una distribuzione a pioggia dei premi è stata sempre sostenuta dal suo partito, in questo appoggiato da quella Cgil che contro la mia riforma ha indetto cinque fallimentari scioperi generali.
5. L’accordo non sospende certo l’art. 19 della riforma ma si limita a stabilire che i premi legati alla valutazione individuale si applicano solo con risorse aggiuntive derivanti dal cd. “dividendo dell’efficienza”. Questo fa sì che le misure della manovra estiva, che congelano il trattamento fondamentale e ridefiniscono i fondi destinati alla contrattazione integrativa, non determinino un decremento retributivo. Le scelte operate tendono semmai a collegare gli effetti della riforma - connessi al sistema premiale delle fasce - alla sussistenza di risorse aggiuntive, proprio per evitare di incidere sui redditi già toccati dalla manovra.
Le difficoltà ci sono, ma né io né il Governo abbiamo intenzione di mollare. Mi chiedo solo se il compito dell’opposizione sia sempre e solo quello di fare il controcanto o, per ipotesi, non sia anche quello di lavorare per il bene del Paese. Ho come l’impressione che la sinistra si sia finalmente accorta che la mia battaglia per l’efficienza e contro i fannulloni sia a difesa degli ultimi e dei non garantiti, oltre che un dovere nei confronti dei tanti dipendenti pubblici che lavorano con competenza e impegno. Su questo, la sinistra non recupererà il ritardo cancellando il mio lavoro ma semmai migliorandolo e chiedendo di più, al di là del Bersani di turno. Non aspetto di meglio.
Renato Brunetta
Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione

LA CONTROREPLICA DI ICHINO
Invece di dar lezioni al Partito Democratico su quello che esso dovrebbe fare o dire, il ministro farebbe bene a rispondere con chiarezza sui tre punti che seguono, elusi nella sua replica.
1. E’ vero o no che il monitoraggio e l’analisi dei risultati della perfomance delle amministrazioni - che ora l’Intesa del 4 febbraio attribuisce a comitati paritetici dirigenza/sindacati - è esattamente lo stesso compito che il d.lgs. n. 150/2009 aveva affidato agli Organismi Indipendenti di Valutazione, coordinati e orientati dalla Civit?
Firmando questa Intesa, il ministro può avere voluto due cose: sostituire i comitati paritetici agli organismi indipendenti, oppure giustapporre la valutazione dei comitati paritetici a quella degli organismi indipendenti, col risultato di depotenziare questi ultimi. In entrambi i casi si tratta di una scelta che va in direzione di quel “consociativismo” che il ministro ha sempre combattuto a parole. Per i suoi effetti pratici immediati è, comunque, una scelta diametralmente opposta a quella originaria della riforma che porta il suo nome.
2. E’ vero o no che la garanzia per ciascun dipendente - disposta dall’Intesa del 4 febbraio - di irruducibilità del salario accessorio percepito nel 2010 azzera anche ogni residua possibilità di differenziazione dei trattamenti in relazione al merito?
3. Stante il congelamento del fondo per salario accessorio fino a tutto il 2013, in che cosa, concretamente, può mai consistere e a quanto può ammontare il “dividendo di efficienza” che il ministro ama sbandierare, come cespite cui attingere per premiare il merito?
Se, come temo, il ministro non è in grado di dare risposte soddisfacenti a questi tre quesiti, ciò significa che egli non è consapevole di ciò che ha firmato. Oppure che egli, dopo avere accusato la contrattazione collettiva di essere il luogo dove si consuma l’appiattimento delle valutazioni e dei trattamenti (tanto da avere mirato a ridurne drasticamente il campo d’azione), ha consapevolmente firmato un accordo che ha esattamente lo stesso effetto di appiattimento e che annulla sapientemente ogni effetto concreto della riforma che porta il suo nome.
Mi sia consentito, infine, deplorare il modo gravemente ingeneroso - per non dir peggio - in cui il ministro ha liquidato le dimissioni dalla Civit del prof. Pietro Micheli: una persona che ha creduto nella bontà dell’istituzione di questa autorità indipendente al punto da lasciare la cattedra e la residenza in Inghilterra con grande sacrificio, personale e della propria famiglia, e ha dedicato senza risparmio un anno di lavoro intensissimo a questo organismo, per poi dimettersi esponendo in modo molto pacato e civile le ragioni di un giudizio fortemente negativo sul modo in cui la “riforma Brunetta” sta essendo attuata. Il ministro farebbe bene a trattenere la propria tendenza all'invettiva e a rispondere, invece, punto per punto ai rilievi sollevati da Pietro Micheli nel suo atto di dimissioni: risposta che stiamo ancora attendendo. E farebbe bene anche a chiedersi perché l’amministazione statale del nostro Paese non sia stata capace di trattenere e valorizzare l’esperienza e la competenza di questa persona, che da molti anni si era occupata di valutazione delle amministrazioni pubbliche britanniche (e di cui ora queste stesse sono state ben felici di tornare ad avvalersi). A meno che il ministro ritenga che siano esse a registrare un ritardo rispetto alle nostre amministrazioni e a dover imparare il mestiere dai nostri (costituendi) comitati paritetici. (p.i.)
P.S. Poiché il ministro nella sua replica mi accusa di “avergli chiesto di sostituire”, in seno alla Civit, il prof. Pietro Micheli con “un’altra persona”, devo chiarire che, a seguito delle dimissioni di questo membro della Commissione, ho informalmente segnalato al ministro stesso e contemporaneamente alla Presidenza del mio Gruppo parlamentare l’opportunità di designare per la sua sostituzione Teresa Petrangolini, presidente dell’associazione CittadinanzAttiva, nella speranza che la grande competenza ed esperienza di questa persona (impegnata da anni sul fronte del civic auditing nei confronti delle amministrazioni pubbliche) potesse in qualche modo compensare la perdita del membro dimissionario. Nessun mio interesse personale, ovviamente, nel sostenere questa candidatura, che, del resto, l’interessata aveva già presentato direttamente al ministro. Né tantomeno astio verso quest’ultimo per la totale indifferenza da lui manifestata.

venerdì 11 febbraio 2011

ringraziamenti

Uao, 50.000 visite!!!!

Grazie a tutti

Assunzioni in assenza di piano

Nella delibera 6/2011 la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (Civit) esprime l'avviso che, in caso di mancato adeguamento entro il 31 dicembre 2010 degli ordinamenti degli enti territoriali ai principi contenuti nelle disposizioni richiamate dal comma 2 dell’art. 16 e dal comma 1 dell’art. 31 del d. lgs. n. 150/2009, debbano trovare applicazione soltanto gli articoli e i commi ivi richiamati, salva la facoltà degli enti di operare una più ampia applicazione.

In altre parole, non si applicano automaticamente tutte le disposizioni previste per la generalità della pubblica amministrazione, ma solo quelle su cui il legislatore ha richiesto l'adeguamento.

Gianluca Bertagna nel suo articolo pubblicato su IlSOle24ore.com ritiene che i dubbi principali riguardavano innanzitutto il piano della performance previsto dall'articolo 10.
Infatti, la norma prevede infatti che la mancata approvazione del piano entro il 31 gennaio di ciascun anno comporti il divieto di assunzione e di affidamento di incarichi esterni.
Alla luce del parere della Civit, si può affermare che non essendo l'articolo 10 norma di adeguamento, non può neppure scattare la sanzione prevista. Non si applica automaticamente neanche l'articolo 14 sugli organismi indipendenti di valutazione: l'Oiv è facoltativo per le autonomie territoriali e quindi, se si ritiene di procedere in questa direzione, è per una precisa volontà dell'amministrazione.

giovedì 10 febbraio 2011

Le proposte del PD

Ognuno faccia le sue valutazioni ma ad essere sincero mi sembrano fumose!


Il governo in questi anni ha adottato una politica demagogica, peggiorando le cose: sia il settore pubblico che chi ci lavora è stato mortificato per privilegiare gli interessi privati, specie se di “amici” e cricche. Sprechi e corruzione hanno gonfiato di costi il bilancio dello Stato, mentre i servizi offerti sono peggiorati. Noi, al contrario, riteniamo che la dignità e la professionalità di chi lavora nel settore pubblico vadano tutelate e valorizzate, e che sia urgente passare da una visione “taylorista” e caricaturale dell'amministrazione, ad una opposta: che ponga al centro i risultati dell'azione pubblica, senza dare mai nulla per scontato.


I compiti della politica, gli impegni del Pd

Il cambiamento delle PA passa dal cambiamento della politica. Sono infatti compiti della politica la capacità di progettare le politiche pubbliche e il percorsi per la loro attuazione, il rigore nel controllo della spesa, la verifica della qualità e dei risultati, il rispetto delle regole, il rafforzamento dei servizi per una società più coesa.

Legalità e lotta alla corruzione

No all’abuso delle gestioni speciali e commissariali; condizioni rigorose per i regimi derogatori che consentono un’eccessiva discrezionalità nella gestione delle risorse pubbliche;
Regime di trasparenza straordinario per le gestioni commissariali e le attività in stato di emergenza della Protezione Civile: provvedimenti di spesa e contratti subito online;
Trasparenza assoluta, anche patrimoniale, dei titolari di funzioni pubbliche;
Incompatibilità radicali precedenti e successive all’assunzione di determinate cariche nella PA per magistrati (ordinari, amministrativi e contabili) e avvocati dello Stato;
Revisione delle norme sugli appalti: diverso criterio di accreditamento delle imprese; incentivazione dell’e-procurement; incentivazione della centralizzazione degli acquisti (centralizzare il 10% degli acquisti può produrre risparmi per circa 460 milioni di euro annui);
Arbitrati affidati, per la parte pubblica, ai funzionari nell’ambito della loro attività ordinaria

Pubblica amministrazione e riforma federale dello Stato

Occorre uno Stato centrale più autorevole e forte, ma più snello. Occorre riorganizzare, sul piano quantitativo e delle competenze, il personale delle amministrazioni, e adottare norme che ne favoriscano la mobilità.

PROPOSTE
Riduzione del numero dei ministeri, presidenza del Consiglio libera da infrastrutture operative;
• Superamento degli uffici decentrati dei ministeri, salvo che per le materie di competenza esclusiva dello Stato centrale; realizzazione degli Uffici Territoriali del Governo;
• Immediata attuazione delle città metropolitane; razionalizzazione del numero delle province; processi associativi dei piccoli comuni con meccanismi partecipativi;
Mobilità del personale dall’amministrazione centrale agli enti territoriali.

Il rilancio del settore pubblico e il rapporto col privato

È tempo di un nuovo patto fra sistema pubblico e sistema privato, che ridefinisca il perimetro e le modalità di azione del settore pubblico e distingua fra liberalizzazioni che fanno bene al mercato e attenzione ai beni e ai servizi pubblici essenziali. Le esternalizzazioni di funzioni vanno limitate a casi eccezionali.
Le amministrazioni pubbliche per la promozione della sussidiarietà

PROPOSTE
• Piani industriali per la riorganizzazione dei servizi e delle strutture amministrative: obiettivi, risorse, tempi, verifica dei risultati, monitoraggio degli effetti;
• Piani strategici dei servizi, da adottare con la partecipazione di cittadini e utenti (attraverso le loro associazioni di tutela), rappresentanti dei lavoratori e delle imprese, fondazioni bancarie, università.

Misurare i risultati con una valutazione indipendente e effettiva


• Organismo/autorità di valutazione realmente indipendente dal governo: riforma del suo status, autonomia organizzativa e gestionale, operatività estesa a tutto l’apparato centrale dello Stato e agli enti territoriali, aprendola alle rappresentanze degli utenti-consumatori e di regioni e autonomie;
• Maggiore effettività dell’azione dell’organismo/autorità di valutazione; strumenti ispettivi e sanzionatori; effettiva capacità di garantire qualità e indipendenza degli organi di controllo interno. 8. Concorsi, giovani, merito: NO al precariato, personale di qualità L’apparato pubblico deve essere ringiovanito. L’età media dei dipendenti dei ministeri è di circa 50 anni. La manovra del 2010 spazza via 300.000 giovani “precari”, mentre 75.000 vincitori di concorso vedono svanire la loro possibilità di essere assunti.

Il PD riaprirà i concorsi.

• Riduzione drastica dei casi in cui PA e società pubbliche o a partecipazione pubblica possono attingere a personale non assunto per concorso; divieto di ricorrere a somministrazione del personale;
• Regole uniformi stabilite con legge statale per la valorizzazione, nei concorsi, dell’esperienza professionale svolta in enti pubblici o privati a titolo precario e divieto di riservare l’accesso o di dare premialità specifiche a chi abbia lavorato presso le medesime PA che assumono;
• Concorsi unici articolati sul territorio, con commissioni di esame estratte da un albo composto da esperti nominati per un periodo di tempo limitato; procedure affidate a un organismo indipendente;
• Mobilità nelle carriere fondata sul merito, riconoscendo le funzioni svolte in altre amministrazioni;
• Divieto di attivare contratti “precari” prima dell’esaurimento delle assunzioni di idonei in concorsi;
• “Eccellenze nelle PA”: programma annuale per selezionare (con test standard) studenti all’ultimo anno di università da immettere in percorsi di formazione e esperienza professionale e come dirigenti e quadri nella PA, in seguito a valutazione competitiva.

Una formazione con la bussola

Per riformare il sistema occorre prefigurare l’assetto dell’amministrazione dopo la riforma federalista. Il personale dovrà sempre più avere un profilo formativo europeo, e sulla cultura giuridico-formalistica dovrà prevalere la capacità di lettura dei fenomeni economico-sociali e un’attitudine organizzativa/manageriale.

Una dirigenza responsabile e autonoma

• Revisione delle norme sullo spoils system, in modo da impedire l’abuso;
• Concreta attuazione del principio della parità di genere nella dirigenza e nei quadri di PA e società pubbliche o a partecipazione pubblica, con l’obbligo della rappresentanza del 40% di ciascun genere.

Trasparenza, class action e tempi dei pagamenti: partecipazione e diritti per cittadini e utenti

• Rendere effettivi gli indennizzi a favore del cittadino e dell’impresa per i ritardi e le inadempienze delle PA: class action vera e immediato recepimento della direttiva UE sui pagamenti delle PA;
• Trasparenza totale: accesso alla documentazione amministrativa senza vincoli; campagna di informazione di massa sulla trasparenza totale; pubblicazione chiaramente accessibile sul sito di ogni PA dei servizi resi e dei termini massimi di conclusione, decorsi i quali il cittadino può chiedere di essere forfetariamente indennizzato; pubblicazione di ogni atto di spesa – a pena di nullità dell’atto – sui siti istituzionali delle amministrazioni; pubblicazione on line quotidiana o settimanale di aggiornamenti sintetici (anche, per esempio, coi social network) sull’attività svolta nei singoli uffici.
• Partecipazione dei privati alle decisioni su pianificazione e programmazione di opere pubbliche.
Semplificazione delle procedure per le imprese

La semplificazione deve essere organizzativa e burocratica.

• Interventi di misurazione e riduzione degli oneri amministrativi e dei tempi di attesa;
• “Divieto” di introdurre nuovi adempimenti burocratici;
• Effettività dello sportello unico per le imprese e livelli essenziali di semplificazione su tutto il territorio nazionale;
• Effettiva analisi dell’impatto della regolazione per i provvedimenti più rilevanti e critici.

Innovazione per la trasparenza e lo sviluppo

• Investire: +100 milioni di euro l’anno per nuove iniziative ICT per la PA, puntando sull’open source;
• Regia unica: centralizzare la programmazione, gli standard, le politiche comuni. Progettare le architetture per l’intero sistema di e-government nazionale;
• Interoperabilità: strutture operative per far comunicare tra loro ogni singolo pezzo della PA;
• Trasparenza: open government come forma consueta di operare da parte della PA, anche attraverso l’istituzione di uno specifico organismo di audit in grado di valutare l’operato dei diversi soggetti;
• Adottare le best practices internazionali in fatto di gestione e governance dell’IT: risparmi per la PA, vita più facile per le aziende ICT, diffusione degli standard tra le imprese italiane.

mercoledì 9 febbraio 2011

Non si licenzia per l'insulto episodico


L'insulto episodico del dipendente al suo superiore non giustifica il licenziamento per giusta causa. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione – con la sentenza 3042 dell'8 febbraio scorso – che affronta di nuovo (sono tanti i precedenti in proposito, spesso contrastanti) il tema della rilevanza, ai fini del licenziamento per giusta causa, delle ingiurie rivolte da un dipendente nei confronti di un proprio collega.


Una dipendente litiga con il suo superiore, la lite degenera e la dipendente pronuncia delle frasi offensive e ingiuriose verso il proprio caso. Nel caso considerato dalla sentenza, la lite è aggravata dal fatto che avviene alla presenza di terze persone, dal contenuto degli epiteti (particolarmente volgari) e dall'atteggiamento aggressivo della dipendente.

A seguito del diverbio, l'azienda licenzia per giusta causa la lavoratrice, contestando la "particolare gravità" del comportamento (che si sommava ad altri due illeciti, il rientro in servizio non autorizzato durante un periodo di congedo e la descrizione non veritiera di alcuni fatti in sede di deduzioni scritte). Il Tribunale di Catanzaro (in primo grado) e la corte di Appello (in secondo grado) hanno reintegrato sul posto di lavoro la dipendente, sostenendo che gli illeciti contestati non erano così gravi da giustificare il licenziamento per giusta causa.
La Corte di cassazione ha confermato queste decisioni, osservando che la sentenza di Appello ha correttamente valutato il comportamento del dipendente. Che, per quanto grave, secondo la Corte aveva carattere episodico, anche in ragione del fatto che il dipendente in precedenza non aveva mai assunto atteggiamenti analoghi e pertanto non poteva giustificare il licenziamento.

lunedì 7 febbraio 2011

La resa incondizionata di Brunetta

dal blog www.pietroichino.it

TRADUZIONE DAL BURO-SINDACALESE IN ITALIANO DELL’ATTO DI CAPITOLAZIONE DEL MINISTRO NEI CONFRONTI DEI SINDACATI DELLA FUNZIONE PUBBLICA

“Lettera sul lavoro” pubblicata sul Corriere della Sera del 7 febbraio 2011

Caro Direttore, venerdì scorso il governo ha firmato con Cisl, Uil e Ugl una Intesa che sostanzialmente azzera la riforma Brunetta delle amministrazioni.
Se nell'estate scorsa Tremonti aveva abolito la “carota” prevista in quella riforma, cioè i premi per i dipendenti pubblici più meritevoli, ora questa Intesa abolisce il “bastone”: in sostanza garantisce che a nessuno, per quanto inefficiente, verrà tolto un solo euro del “salario accessorio” percepito nel 2010. Per spiegare il contenuto effettivo di questo accordo, ne propongo una traduzione dal buro-sindacalese in italiano.

Intesa 4 febbraio 2011: Fermi tutti, abbiamo scherzato!

1. - Le Parti, sostituendo questo accordo agli atti di un legislatore velleitario e di un Governo inconcludente, si danno reciprocamente atto che la riforma delle amministrazioni pubbliche recata dal decreto legislativo n. 150/2009 deve considerarsi come mai emanata. In particolare, ogni funzione di valutazione della performance delle amministrazioni attribuita a organi indipendenti deve intendersi avocata a sé dalle Parti stesse, nello spirito del Memorandum Governo-sindacati 23 gennaio 2007. Tutte le invettive pronunciate dal ministro Brunetta contro il detto Memorandum nel corso degli ultimi due anni e mezzo devono intendersi revocate, con formali scuse all’ex-ministro Nicolais.

2. - Le parti convengono, in particolare, che deve considerarsi abrogato l’articolo 19 del decreto legislativo n. 150/2009: conseguentemente, in tutte le circolari e documenti emanati dal settembre 2009 in poi dal ministero della Funzione pubblica, la frase “mai più un solo centesimo di salario accessorio verrà erogato al dipendente inefficiente” e ogni frase che dica una cosa simile devono intendersi sostituite dalla seguente: “il ministro riconosce di essere incapace di differenziare il trattamento dei dipendenti pubblici in base alla rispettiva performance individuale e pertanto garantisce a ciascuno di essi che, anche se lavorerà malissimo e qualunque nefandezza commetta, non potrà percepire meno di quanto ha percepito nel 2010, a titolo sia di stipendio sia di cosiddetto ’salario accessorio’”. Siamo tutti bravi, altro che fannulloni!

3. - Al ministro della Funzione pubblica sarà ancora consentito – purché soltanto per ragioni propagandistiche – sostenere nelle trasmissioni radiofoniche e televisive, o nelle interviste a quotidiani e settimanali, che al 25% di dipendenti più meritevoli verranno destinati premi finanziati con le “risorse aggiuntive”. Le Parti, tuttavia, si danno reciprocamente atto che, stanti i vincoli posti con il d.lgs. n. 78/2010 (i “tagli lineari” del ministro Tremonti per la “stabilizzazione finanziaria”), nessuna amministrazione potrà incrementare il fondo del salario accessorio con risorse aggiuntive; conseguentemente è garantito il ritorno a un trattamento rigorosamente egualitario, secondo la buona prassi consolidata prima del decreto n. 150/2009.

4. - Le Parti convengono che devono considerarsi abrogate tutte le disposizioni nelle quali compaia il riferimento a organi indipendenti di valutazione della performance delle amministrazioni: ritorna in vigore la disposizione contenuta nel Memorandum Governo-sindacati 23 gennaio 2007, che prevedeva l’affidamento della funzione di valutazione a commissioni paritetiche, costituite da rappresentanti delle amministrazioni oggetto di controllo e da rappresentanti sindacali dei dipendenti delle amministrazioni medesime.

5. - Il Governo s’impegna a impartire all’Aran entro 15 giorni istruzioni affinché l’Agenzia stessa adegui il proprio operato alle disposizioni della presente Intesa e, in particolare, adegui i contenuti della contrattazione collettiva di livello nazionale ai criteri che hanno ispirato la contrattazione integrativa in tutto il periodo precedente al decreto n. 150/2009. Il ministro della Funzione pubblica ritira tutte le critiche ingiustamente rivolte a quella felice stagione della contrattazione collettiva del settore pubblico e si impegna, in generale, a non parlar più del sindacato del settore dell’impiego pubblico, se non in termini elogiativi.

Dichiarazione a verbale – La Cgil-Funzione pubblica si astiene dal sottoscrivere la presente Intesa non perché sottovaluti il positivo rilievo dell’azzeramento delle perniciose velleità del ministro Brunetta in materia di valutazione della performance di struttura e individuale, ma perché dissente dalla sostanziale assoluzione che con l’Intesa stessa gli viene accordata dalle Organizzazioni sindacali firmatarie: compito di ogni sindacato degno di questo nome è battersi fino all'ultimo sangue contro tutti i Governi di centrodestra e rifiutare di contribuire a qualsiasi accordo con essi, quale che ne sia il contenuto.

venerdì 4 febbraio 2011

In Italia la meritocrazia non funziona perché non ci fidiamo gli uni degli altri


In molti parlano di meritocrazia in Italia. Ma si fanno pochi progressi in questo senso e tanti giovani promettenti rimangono fermi, non premiati o addirittura disoccupati, come dimostrano i preoccupanti dati di ieri. Perché?
Il primo motivo è che manca la fiducia reciproca. Gli italiani si fidano pochissimo degli altri, meno di quanto lo facciano gli anglosassoni o gli scandinavi, come dicono tutte le statistiche. Dato che per premiare il merito qualcuno deve decidere dove il merito sta, se non ci si fida di chi sceglie, non si accetta la meritocrazia.

Si cerca di aggirare questo problema stabilendo regole che dovrebbero automaticamente premiare i migliori, togliendo ogni giudizio personale, di cui appunto non ci si fida.
In realtà queste regole di solito falliscono, o perché è impossibile stabilire criteri oggettivi o, peggio, perché fatta la regola si trova l'inghippo. Quando un collega giovane è promosso, invece che al suo merito si pensa subito (magari a ragione) alla raccomandazione e al favoritismo. E se si pensa che il favoritismo sia prassi comune allora perché non scegliere un amico o parente quando spetterà a noi decidere? E quindi si ritorna a promozioni solo per anzianità, e quando si finisce in questo circolo vizioso è difficile uscirne.

Il secondo problema è il "familismo amorale", come lo definiva Edward Banfield, e quindi il nepotismo. Si badi che la famiglia è senza dubbio un'istituzione fondamentale. Quella che critico è una certa degenerazione della famiglia.
Come notava Roberto Perotti nel suo libro sull'università italiana ("L'università truccata") il nepotismo all'interno di quest'ultima è rampante. Uno dei casi più citati era quello del dipartimento di economia dell'università di Bari con sette professori con lo stesso cognome. E non era un caso isolato. Lo stesso vale in molti altri settori. Quanti figli fanno la professione (chiusa alla concorrenza) dei padri perché hanno un accesso privilegiato e non perché ne abbiano il merito? Come predicare la meritocrazia a chi un padre privilegiato non l'ha?
È ovvio che vi sono situazioni perfettamente legittime di padri e figli nella stessa professione, ma il problema nel suo complesso esiste. Le connessioni familiari sono il principale meccanismo di collocamento, oliato da favori reciproci.
È questo il metodo ottimale di incontro tra domanda ed offerta di lavoro in un'economia post-industriale? Ne dubito.

Il terzo problema è la mancanza di competizione. In un mercato competitivo e regolato da leggi applicate con rigore e senza privilegiati, un'azienda non sopravvive se non è produttiva. Ecco allora che c'è l'incentivo a premiare i migliori all'interno dell'azienda stessa. Dove la competizione non c'è o è viziata, ciò non vale più e allora sopravvive chi ha appoggi politici che nulla hanno a che fare con il merito.
E poi, come creare incentivi giusti nel settore pubblico dove la competizione di mercato spesso non esiste? Non è impossibile. Un esempio. Negli anni 90 in Inghilterra s'introdusse un sistema per cui se un ospedale riduceva i tempi di attesa al pronto soccorso gli erano date risorse aggiuntive. I risultati furono veramente postivi: i tempi di attesa medi crollarono. Immaginatevi una proposta simile in Italia: cori di lamentele per ingiustizie varie, misurazione di tempi di attesa impugnate al Tar, eccetera. Nessuno si fiderebbe del sistema. Gli insegnanti si sono recentemente opposti a un meccanismo di valutazione del loro lavoro nelle aule essenzialmente perché dicevano di non fidarsi dei valutatori. Ecco che ritorniamo al primo punto: la mancanza di fiducia reciproca.

Purtroppo questa mancanza di fiducia viene dalla nostra storia. Non è qualcosa che si modifica in fretta, ma se non se ne parla e si continua a pensare che si possa risolvere tutto con concorsi pubblici minuziosamente regolati da leggi e leggine, professioni chiuse, promozioni per anzianità e famiglia come agenzia di collocamento non offriremo grandi speranze ai giovani di oggi.

giovedì 3 febbraio 2011

P.A.:la riforma perde pezzi


Il miglioramento dei servizi pubblici è un obiettivo primario e irrinunciabile per l’Italia. Purtroppo l’attuale riforma della pubblica amministrazione sta passando da opportunità di innovazione a contenitore sterile di adempimenti burocratici. Non si raggiungono così i risultati auspicati e si rende il settore pubblico ancor più resistente al cambiamento.
Chiunque affronti seriamente la riforma della Pa, sa che ad attenderlo c’è la sfida, molto ardua, del cambiamento culturale. Il merito del ministro Brunetta è stato quello di promuovere una riforma ambiziosa. Vizi sostanziali nella sua attuazione potrebbero però portarla al fallimento, con ripercussioni negative nel lungo termine.

COME CREARE LE CONDIZIONI PER L’INSUCCESSO

In Italia la riforma della Pa è stata tentata in tempi relativamente recenti, mentre nei paesi nord-europei e anglosassoni da quasi cinquant'anni vengono introdotte innovazioni manageriali con l’intento di “modernizzare” il settore pubblico. Ricerche in questo campo hanno evidenziato una serie di condizioni necessarie per il successo delle riforme. Purtroppo, nessuna è presente nella cosiddetta “riforma Brunetta”:

1 - Supporto politico per sottolineare utilità e urgenza della riforma. Il supporto si è concretizzato soprattutto in annunci mediatici; dubbi su utilità e urgenza della riforma sono sorti quando la presidenza del Consiglio e il ministero dell’Economia si sono auto-esclusi dall'applicazione.
2 - Introduzione di entità indipendenti: come ho scritto all'atto delle mie dimissioni dalla Civit, è chiaro che in Italia non si vogliono creare entità indipendenti e con poteri effettivi, né a livello a livello di sistema (Civit), né a livello organizzativo, con organismi di valutazione nominati dal vertice politico-amministrativo.
3 - Chiari rapporti tra le organizzazioni coinvolte: in Italia vi è una pletora di organizzazioni, commissioni, gruppi e tavoli tecnici/giuridici che si occupano degli stessi temi, ma senza alcun coordinamento, né alcuna indicazione delle priorità.
4 - Risorse umane e finanziarie: nonostante si propagandino “riforme a costo zero”, le innovazioni hanno bisogno di risorse consistenti per partire. Per ottenere queste energie basterebbe evitare le sovrapposizioni, ma ben noti conflitti a livello governativo rendono ogni razionalizzazione impossibile.

GESTIONE O AMMINISTRAZIONE?

Nonostante la riforma della Pa sia ispirata a criteri manageriali, il persistente approccio burocratico-normativo sta convertendo le novità della riforma in adempimenti normativi.
Un esempio per tutti è il ciclo di gestione delle performance, ispirato alla gestione della qualità e al performance management. Attuare questo ciclo presuppone cambiamenti radicali nel funzionamento delle amministrazioni, ottenibili solo attraverso una dialettica concreta tra politica e amministrazione, il coinvolgimento degli stakeholder, la definizione degli impatti dell’azione organizzativa, la formulazione della strategia e l’attuazione di un sistema di misurazione e valutazione.
Questi cambiamenti non sono adempimenti normativi, ma percorsi fatti di sperimentazioni, benchmarking tra amministrazioni comparabili e iterazioni finalizzate all’apprendimento organizzativo e non alla sanzione.

VALUTAZIONE DEL PERSONALE: LA WATERLOO DI BRUNETTA

Prima di introdurre un sistema di valutazione individuale è indispensabile sviluppare una strategia e un sistema di misurazione a livello organizzativo. Se non si sa cosa fa un’organizzazione, dove vuole andare e come può arrivarci, sarà arduo valutare in maniera sensata i suoi dipendenti.
Inoltre, soprattutto nel settore pubblico, i benefici maggiori della valutazione individuale sono stati riscontrati nel modo in cui avviene il processo di valutazione, piuttosto che nel suo risultato. È il dialogo tra valutatore e valutato che può dare l’impulso maggiore al miglioramento della performance, non tanto il bonus ricevuto dal dipendente. Questo presuppone che le risorse umane abbiano un ruolo non solo amministrativo-burocratico, ma di gestione e coordinamento, e che i dirigenti e le organizzazioni abbiano notevole autonomia.
La riforma della Pa sta seguendo un itinerario opposto: la valutazione individuale ha un ruolo di assoluto primo piano e le fasce di valutazione definite per legge irrigidiscono i sistemi deresponsabilizzando la dirigenza. C’è poi una schizofrenia dovuta alla doppia funzione che il sistema di valutazione dovrebbe svolgere: da un lato volto a migliorare le performance individuali e, quindi, organizzative; dall'altro a reprimere, per “stanare” i fannulloni.
Il problema è che la riforma, legando al sistema di valutazione l’individuazione dei comportamenti rilevanti, ha escluso a priori “il valore della valutazione come strumento di valorizzazione delle competenze, riconducendolo a strumento di repressione”.
Queste lacune nell’esecuzione della riforma non comportano soltanto il suo potenziale collasso. Ben più preoccupante è l’impatto a lungo termine derivato dalla percezione della valutazione del personale come strumento utile solo a castigare, e dell’erezione di barriere impenetrabili a qualsiasi strumento gestionale. Insomma, la crescente opposizione di dipendenti e sindacati e la possibile implosione della riforma potrebbero determinare un tragico "rinculo", senza che si sia sparato alcun colpo di cannone.

mercoledì 2 febbraio 2011

Certificati on line, sistema subito in tilt


Il call center che non risponde, la linea che cade in continuazione, i medici infuriati per il tempo perso a cercare di collegarsi e per un disservizio che, secondo le previsioni, potrebbe ritorcersi contro di loro sotto forma di sanzione (fino al licenziamento). E' questo lo scenario di caos e proteste nella giornata inaugurale del sistema di trasmissione telematica obbligatoria dei certificati medici voluto dal ministro Brunetta.

A poche ore dall'avvio ufficiale, il sistema di trasmissione on line dei certificati è andato in tilt, non reggendo l'urto della marea di connessioni tentate dai medici. Lo denuncia la Cgil funzione pubblica e lo denunciano anche attraverso mail al giornale molti professionisti. La Cgil critica direttamente il ministro Brunetta e la "flessibilità mostrata in extremis" che non "corrisponde alla rigidità delle norme riguardanti le sanzioni, che colpiscono i medici convenzionati, sui quali incombe la mannaia del licenziamento, ma che avranno ricadute negative anche per i medici ospedalieri, ai quali i cittadini potrebbero impropriamente rivolgersi per ottenere il certificato cartaceo".

Il bilancio della "riforma", dalla prima mattina, è di lunghe attese al call-center con ritardi e disagi nell'assistenza ai cittadini. Il sistema dei certificati medici on line - che riguarda 18 milioni di lavoratori dipendenti pubblici e privati - "non è ancora entrato a regime ed è arrivato il momento anche per il ministro brunetta di prenderne atto e intervenire per evitare il caos. Chiediamo - conclude la Fp Cgil - l'immediata sospensione delle sanzioni fino alla preannunciata riunione dei sindacati dei medici con il ministro".

Accuse anche dalla Fimmg: "I nostri medici ci segnalano che il sito è bloccato già da ieri sera e ancora in queste prime ore del mattino - denuncia il segretario nazionale, Giacomo Milillo - , per una risposta dal call center si impiegano fino a 18 minuti. Per questo ci sentiamo presi in giro dal ministro Brunetta. I lavoratori che credono ai trionfalistici comunicati stampa del ministero dell'Innovazione pretendono dal loro medico il certificato on-line, ma il sistema non funziona. Il governo deve ricondurre il ministro Brunetta alla ragionevolezza".

martedì 1 febbraio 2011

Che schifo!!!

Ricevo dall'organizzazione sindacale UIL e pubblico

Al Ministro del Ministero dell’Economia e delle Finanze
On. Giulio TREMONTI
SEDE

Questa O.S. dopo due richieste di informazione inviate al Ragioniere Generale dello Stato, di cui l’ultima a dicembre 2010 (che si allega copia), non avendo ricevuto nessuna risposta, apprende che, un’agenzia di stampa AGIR (che si allega copia) ha pubblicato quello che la UILPA-MEF aveva denunciato già 6 mesi prima.
La UILPA-MEF si era limitata solo a chiedere informazioni, adesso si trova costretta a denunciare pubblicamente a tutti i dipendenti del Ministero quello che sta accadendo.

Infatti risulterebbe che:
  • Un Professore Universitario, quindi fuori ruolo del MEF, è stato nominato dirigenti MEF-RGS, per dopo essere destinato velocemente come dirigente generale MEF-RGS fuori ruolo presso un ente previdenziale.
  • Un dipendente del MEF (forse parente di un onorevole che nella vicenda potrebbe non essere stato interessato) ha firmato un contratto da dirigente (art. 19 comma 6) e che al primo concorso disponibile per dirigente è risultato vincitore per diventare a distanza di un anno dirigente generale (attualmente ispettore generale).
  • Un dirigente alle soglie della pensione (circa 2 mesi) è stato nominato Dirigente Generale fuori ruolo, usufruendo di notevole aumento di tutti gli istituti pensionistici creando un danno erariale.
Questa O.S. vorrebbe capire i criteri di scelta del Ragioniere Generale dello Stato, in quanto all’interno del MEF ci sono già circa 700 dirigenti, secondo noi di alto livello, che in base alle scelte non risulterebbero capaci di ricoprire il ruolo di dirigente generale.
Non è sufficiente una risposta del tipo, è il Ministro che li nomina, perché risulterebbe a questa O.S. che quasi tutte le proposte del Ragioniere Generale dello Stato siano state accolte.
Ancora questa O.S. si domanda com’è possibile che avvengano cambiamenti così istantanei per i dirigenti, mentre per i dipendenti bisogna chiudere accordi nazionali della durata di un anno per un semplice passaggio di fascia retributiva, oppure anni per passare da un ente al nostro Ministero.
Noi chiediamo che se tutto quello sopra descritto da questa O.S., e denunciato dall’agenzia di stampa, corrisponde a verità vengano prese, dall’autorità politica, tutte le misure opportune per tutelare l’immagine dell’Amministrazione e della professionalità dei nostri dirigenti e del personale.
In attesa di un riscontro alla presente, e se questo non avvenisse ci vedrà costretti ad intraprendere tutte le necessarie iniziative, si porgono distinti saluti.

Roma, 27 gennaio 2011
BORDINI Andrea G.
COMPAGNONE Guido

Se l'impiegato pubblico è immobile

Articolo di Giorgio Di Giorgio e Michel Martone pubblicato su www.lavoce.info

Durante la crisi, il governo italiano ha giustamente privilegiato la tenuta dei conti pubblici. Questo non significa tuttavia che, all’interno del vincolo di bilancio, non esistano spazi di manovra in grado di mutare, si spera in meglio, il paese. È ovvio che ciò richiede scelte politiche nette e forti, che devono essere comunicate in modo chiaro e trasparente ai cittadini.
Se non scende la spesa pubblica, in rapporto al Pil, infatti, non ci sono margini per ridurre le imposte nel complesso.

LA MOBILITÀ NELLA RIFORMA BRUNETTA

La manovra di contenimento appena varata dal governo è un primo atto di responsabilità e va nella direzione di aprire spiragli per un futuro ritorno a politiche di sviluppo. Ma servirà di più, soprattutto se la crescita dell’economia mondiale, oggi di nuovo robusta grazie al contributo dei paesi emergenti, spingerà al rialzo i tassi di interesse, imponendo ulteriori sacrifici al paese, dato il peso del debito e i più stringenti vincoli europei.
Nell'ottica di una contrazione della spesa corrente non eccessivamente penalizzante, appare non più rinviabile un deciso impegno per favorire una maggiore mobilità nel settore pubblico. Anche senza il consenso del singolo lavoratore, è necessario riuscire a trasferire risorse dagli uffici sovradimensionati a quelli che necessitano di nuove assunzioni, rese impossibili dal vincolo di bilancio. La riallocazione efficiente delle risorse consentirà simultaneamente di sfruttare meglio e valorizzare le competenze dei lavoratori e di erogare servizi di migliore qualità.
La mobilità dovrebbe essere applicata effettivamente a tutti i livelli della pubblica amministrazione, sia centrale che locale, e riguardare anche trasferimenti tra diverse amministrazioni, mantenendo esclusivamente un criterio di salvaguardia sociale che limiti gli spostamenti all'interno della medesima provincia e garantisca almeno il mantenimento dei livelli retributivi.
A dire il vero, già la cosiddetta riforma Brunetta (decreto legislativo n. 150 del 2009) ha innovato la disciplina della mobilità sotto diversi aspetti, per conseguire una più efficiente distribuzione organizzativa delle risorse umane nell’ambito della pubblica amministrazione, con significativi riflessi sia sul contenimento della spesa pubblica, sia sull’effettività del diritto al lavoro, costituzionalmente garantito.
E ha tentato di semplificare il sistema previsto dal Testo unico n. 165 del 2001 che, stante l’inevitabile connessione della mobilità con gli atti attraverso i quali si determinano la programmazione del fabbisogno triennale del personale e le dotazioni organiche, si presenta piuttosto complicato.
Ciò nonostante, a un anno dalla riforma, lo stesso ministro Brunetta ha rilevato che ancora oggi la mobilità obbligatoria dei dipendenti pubblici non viene utilizzata e che i pochi trasferimenti di personale da un’amministrazione all’altra si verificano a seguito di richiesta del lavoratore.

INCENTIVI NECESSARI

È necessario, quindi, introdurre norme che incentivino il ricorso a tale istituto e che spingano i dirigenti a passare dalla “teoria” alla “pratica” della mobilità. In questa prospettiva, si colloca l’articolo 13 del collegato lavoro approvato definitivamente il 19 ottobre 2010, che amplia l’ambito di applicazione sia della “mobilità collettiva” che della “mobilità volontaria”. Nel primo caso, saranno attivate tutte le procedure necessarie per ricollocare il personale in esubero; nel secondo, invece, si prevede la possibilità di utilizzare in assegnazione temporanea il personale proveniente da altre pubbliche amministrazioni per un periodo non superiore al triennio.
Il ricorso alla mobilità consentirà, dunque, di rendere meno gravosi, in particolare negli uffici sottodimensionati, gli effetti sia dei blocchi dei turnover che gli sfasamenti temporali nella copertura di posizioni a seguito di procedure di concorso, limitando i danni nell’erogazione di servizi efficienti ai cittadini.
In questa prospettiva, si potrebbe prevedere un collegamento più stringente tra mobilità e turnover. Attualmente, quando un'amministrazione deve effettuare un bando per nuove assunzioni, sia pure nei limiti imposti dal blocco del turnover, è necessario solo verificare preliminarmente la disponibilità di personale presso altri enti che hanno effettuato riordini o razionalizzazioni, oppure ricorrere alla mobilità volontaria.
Si potrebbe prevedere, invece, l’obbligo per le amministrazioni di provvedere, sia pure parzialmente, alla sostituzione dei dipendenti cessati dal servizio mediante le procedure di mobilità volontarie e collettive, estese a tutta la pubblica amministrazione. Solo dopo aver adempiuto a tale obbligo, si potrebbe autorizzare la copertura dei posti residui attraverso nuove assunzioni.
In tal modo, si potrebbe iniziare a dare una concreta risposta alle aspettative dei cittadini di maggiore efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, senza gravare sui conti pubblici.