venerdì 25 settembre 2009

Consulta P.A.: Brunetta usa mandato per velleità politiche, è gravissimo

Preoccupazione per il visibile peggioramento della situazione delle amministrazioni pubbliche e della qualità dei servizi. Questo è quanto emerso dalla Consulta delle Pubbliche amministrazioni del Partito Democratico, presieduta da Linda Lanzillotta, alla quale hanno partecipato rappresentati delle associazioni civiche e dei consumatori, dirigenti pubblici, funzionari, operatori delle amministrazioni statali, regionali e locali, rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei dipendenti e dei dirigenti, deputati e senatori del Pd componenti delle Commissione Affari Costituzionali e Lavoro e amministratori.
Secondo la consulta si fa propaganda ma il cambiamento non c’è.
E non perché basta aspettare gli effetti delle leggi Brunetta. Il fatto è che i vari decreti dell’incontinente ministro, che anche oggi in un’intervista non ci ha risparmiato la dose ormai quasi quotidiana di veleni e farneticazioni, non rispondono affatto agli annunci.
“Molti di quei principi erano stati condivisi dal Pd, convinti come siamo che la P.A. sia un patrimonio del Paese e non possa essere gestita con una logica di contrapposizione – hanno detto i partecipanti alla consulta –. Ma purtroppo la distanza tra la propaganda e i fatti concreti si sta rivelando sempre più grande.
Della rivoluzione annunciata da Brunetta, insomma, non solo non si vedono risultati tangibili, ma si va anzi nella direzione opposta. Basti pensare che secondo i dati più recenti, nell’ultimo anno sono aumentati del 25% gli oneri amministrativi a carico delle Pmi e che aumentano le spese per il personale e per gli acquisti. Quanto alla riduzione dell’assenteismo, lo slogan preferito dal ministro, la verità è che la sua entità sarà verificata solo in base ai dati ufficiali della Ragioneria Generale dello Stato, ma che finora sembra in linea con trend di riduzione degli ultimi anni.
E intanto, mentre si annuncia una rivoluzione inesistente, si tenta di nascondere situazioni drammatiche: dall’assenza dei soldi per i contratti, all’emergenza di alcuni settori che sono in situazioni quasi di collasso come gli uffici giudiziari, dei quali il ministro si è occupato solo per l’insulsa polemica sui tornelli per i magistrati.Ciò che è ormai chiaro è che il ministro Brunetta sta utilizzando la pubblica amministrazione per costruire la propria popolarità e lanciarsi in altre imprese politiche.E’ un comportamento grave che va denunciato. Per questo il Pd, a partire dalle prossime settimane, organizzerà una serie di iniziative per far conoscere, amministrazione per amministrazione, la situazione in cui queste versano e fare emergere in modo chiaro quali siano i problemi e quali i veri risultati dell’azione del governo.
Articolo pubblicato dal mio amico Antonino su http://cambiamentoorg.blogspot.com .

mercoledì 23 settembre 2009

In pensione con 40 anni di contributi

da Ilsole24ore.com

Quaranta anni di contributi, anche figurativi, bastano per la risoluzione unilaterale, da parte delle amministrazioni pubbliche, del rapporto di lavoro del personale dipendente, dirigenziale e non.

Nei prossimi tre anni, infatti, le PA potranno esercitare la facoltà di recesso prevista dal vigente co. 11 dell'art. 72 del Dl n. 112/2008, nei confronti di quei dipendenti che abbiano maturato quaranta anni di contributi, a prescindere dal numero di anni di servizio effettivamente svolti.
Restano fuori dal campo di applicazione del requisito dell'"anzianità contributiva", oltre ai magistrati e ai professori universitari, anche i dirigenti medici responsabili di struttura complessa, che non erano menzionati dal previgente testo normativo.
Questo, in sintesi, è quanto ha precisato il dipartimento della Funzione pubblica, con la circolare n. 4 del 16 settembre scorso (in attesa di registrazione da parte della Corte dei conti), con la quale il ministro Brunetta ha dettato le istruzioni operative resesi necessarie in materia a seguito della conversione in legge del Dl n. 78/2009.L'art. 17, co. 35-novies, della legge n. 102/2009, di conversione del decreto "anticrisi", ha modificato il testo dell'art. 72, co. 11, del Dl n. 112 citato, ancorando l'esercizio della facoltà di risoluzione anticipata del rapporto ai quaranta anni di anzianità contributiva e non a quello dell'anzianità di servizio effettivo.
La misura, limitata ad un triennio "sperimentale": anni 2009, 2010 e 2011, è finalizzata alla riduzione del personale in servizio e rientra nell'ambito di interventi di razionalizzazione dell'organizzazione.
Per poter esercitare la facoltà di risoluzione unilaterale del rapporto, che decorre "dal compimento dell'anzianità massima contributiva di quaranta anni del personale dipendente" è necessario un preavviso di sei mesi. È prevista inoltre una salvaguardia per i procedimenti già avviati. Da segnalare, infine, che l'amministrazione esercita la facoltà di risoluzione unilaterale nell'ambito del potere datoriale.
Il testo della circolare tratto da Sistema enti locali

Perché protesta l'insegnante

Articolo pubblicato da Giunio Luzzato il 22 settembre 2009 su lavoce.info

Dietro le proteste degli insegnanti precari ci sono due problematiche diverse. Quella di coloro che sono già abilitati e iscritti nelle graduatorie a esaurimento. E quella di chi invece aspira all'abilitazione. Il progetto del ministero non dà risposte né agli uni né agli altri. Perché non dice niente sui nuovi sistemi di reclutamento. E perché sulla formazione dei futuri docenti si è scelta una via opposta a quella seguita nel resto d'Europa. Quanto alla programmazione del fabbisogno di insegnanti, lo contraddice l'ammissione al tirocinio di soprannumerari.

venerdì 18 settembre 2009

Assenteismo, dati e polemiche

Riporto l'articolo di Giuseppe Pisauro pubblicato ieri su http://www.lavoce.info/ .

La riduzione dell'assenteismo dei dipendenti pubblici ottenuta dal ministero della Pubblica amministrazione è un risultato positivo e rimarrebbe tale anche qualora il calo di assenze alla fine risultasse molto inferiore a quanto indicato dallo stesso dicastero. Per questo la polemica tra l'Espresso e il ministero appare stucchevole. Più importante sarebbe discutere come limitare l'assenteismo senza ricorrere a strumenti di contrasto draconiani. E come far sì che il ridimensionamento del fenomeno si traduca effettivamente in un miglioramento della produttività del lavoro pubblico.

...omissis....
Cosa dire in conclusione? Nel pubblico impiego, l'assenteismo è tradizionalmente più alto che nel settore privato. È un malcostume.
Combattendolo con sistemi draconiani, e certamente discutibili, l'assenteismo si riduce. Di quanto? Per ora non lo sappiamo con certezza.
Naturalmente, la riduzione dell’assenteismo di per sé non migliora la produttività degli impiegati pubblici, né la qualità dei servizi. Ma è difficile non essere d’accordo sul fatto che riportare l’assenteismo a livelli fisiologici sia un pre-requisito per un recupero di efficienza nella pubblica amministrazione. Insomma, va riconosciuto che è un risultato positivo e rimarrebbe tale anche se la riduzione fosse molto inferiore a quanto si rileva sulla base del monitoraggio del ministero. Non fosse altro perché è stato riportato alla ribalta un fenomeno negativo con il quale ormai ci eravamo abituati a convivere. Naturalmente è importante valutare esattamente la dimensione dei risultati ottenuti con gli strumenti fin qui utilizzati. Ma è una questione secondaria rispetto ad altre che sembrano più importanti:
1) è possibile ridurre l’assenteismo nel settore pubblico senza ricorrere a strumenti di contrasto con aspetti “odiosi”?
2) come si garantisce che la riduzione dell’assenteismo si traduca effettivamente in un miglioramento della produttività del lavoro pubblico?
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L'obiettivo non è combattere l'assenteismo ma migliorare l'efficienza e l'efficacia della P.A.
Perché il dipendente pubblico si assenta in misura maggiore dei colleghi privati?
L'assenteismo non è la causa ma è l'effetto di una pubblica amministrazione disorganizzata, dove non vige il merito ma solo le amicizie, si moltiplicano le poltrone dei dirigenti (molte volte incapaci) e vengono mortificati i dipendenti. In un ufficio dove viene premiato chi lavora meno e chi dà più problemi è quasi naturale l'aumentare dell'assenteismo. Proviamo per una volta a colpire il male alla radice e non con politiche demagogiche per cercare il consenso. Le leggi ci sono e applichiamole: obiettivi, premi, carriera, merito......e come di incanto le mele buone emargineranno le mele cattive e finalmente la nostra P.A. potrà confrontarsi con il resto d'Europa.
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Per leggere l'articolo completo: http://www.lavoce.info/articoli/pagina1001281.html
Nel link soprascritto sarà possibile visionare anche i commenti tra cui il più interessante e condivisibile è quello lasciato da Chiara Fabbri che riporto:
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Il provvedimento del Ministro Brunetta, che mi delude non vedere stigmatizzato da osservatori accorti come voi, si inserisce in una deplorevole strategia legislativa volta esclusivamente all'effetto annuncio e non ad affrontare seriamente la problematica di cui solo asseritamente si interessa. L'assenteismo nel settore pubblico è innanzitutto sentito da chi, come me, ci lavora e subisce i comportamenti fraudolenti dei cosiddetti "fannulloni", che si riflettono nell'aumento del carico di lavoro di chi, come me e tantissimi altri, lavora duramente e con grande sacrificio personale al servizio del Paese. Se il Ministro Brunetta avesse avuto intenzione di affrontare seriamente il deplorevole fenomeno, avrebbe potuto avvalersi degli strumenti già presenti nell'ordinamento, assolutamente adeguati ed efficaci ma, purtroppo, privi dell'effetto annuncio tanto caro ai politici. I comportamenti stigmatizzati dal Ministro costituiscono infatti violazioni passibili di sanzioni disciplinari fino al licenziamento e presupposto di reati già previsti (falso, peculato etc.). Il Ministro preferisce insultare e non affrontare realmente i problemi, così almeno la stampa lo cita.

giovedì 17 settembre 2009

I tremonti bond un affare per il Tesoro

Articolo di Angelo Baglioni pubblicato il 15.09.2009 sul lavoce.info

La tesi secondo cui le banche dovrebbero ricorrere ai Tremonti bond per avere le risorse sufficienti a finanziare le imprese e allentare così la stretta sul credito è tutta da dimostrare. Attualmente, la stretta creditizia è meno evidente di quanto si pensi, e le banche non sembrano avere bisogno del sostegno pubblico per rafforzare il patrimonio. Perché allora il ministero insiste? Perché finanziarsi al 4 per cento, ad esempio con l'emissione di un Btp a dieci anni, e investire all'8,5 per cento in un Tremonti bond è un buon affare per il Tesoro. Lo è meno per gli azionisti delle banche.
leggi tutto l'articolo su http://www.lavoce.info/articoli/pagina1001273.html

mercoledì 16 settembre 2009

No al doppio incarico per l'avvocato di ente pubblico

Pubblico un altro interessante articolo di Massimiliano Atelli, magistrato della Corte dei conti sulla sentenza della Corte di cassazione, sez. unite, sentenza n. 18359 del 19 agosto 2009.
La responsabilità del settore "Affari legali" formalmente istituito ed autonomo rispetto alle altre macrostrutture in cui il Comune è articolato e la qualifica dirigenziale posseduta dal legale sono insufficienti a dimostrare che il medesimo è abilitato a svolgere, nell'interesse di questo, in via esclusiva, attività professionale, laddove al medesimo legale siano affidate funzioni di coordinamento di altre e ben distinte aree organizzative, cui sono preposti specifici responsabili, titolari di funzioni direzionali e del relativo potere di firma, affidate con atti di macro-organizzazione dagli organi di governo dell'ente stesso nell'ambito dell'autonomia costituzionalmente garantita dell'ordinamento giuridico locale.
La questione di fondo
Con la decisione n. 18359 del 19 agosto scorso, le sezioni unite civili della Cassazione sono tornate a pronunciarsi sulle condizioni che devono sussistere e permanere affinché un dipendente pubblico possa risultare iscritto all'elenco speciale annesso all'albo degli avvocati.
A riguardo, è noto che l'orientamento consolidatosi nel tempo è nel senso che l'iscrizione nell'elenco speciale richiede il concorso di due presupposti:
a) deve esistere, nell'ambito dell'ente pubblico, un ufficio legale che costituisca un'unità organica autonoma;
b) colui che chiede l'iscrizione - dipendente dell'ente ed in possesso del titolo di avvocato - faccia parte dell'ufficio legale e sia incaricato di svolgervi tale attività professionale, limitatamente alle cause ed agli affari propri dell'ente.
La destinazione del dipendente-avvocato a svolgere l'attività professionale presso l'ufficio legale deve realizzarsi mediante il suo inquadramento in detto ufficio, che non avvenga a titolo precario e non sia del tutto privo di stabilità: non è configurabile siffatto inquadramento quando la destinazione all'ufficio legale dell'ente sia liberamente revocabile dall'autorità amministrativa che la ha disposta, essendo invece necessario, ai fini della iscrizione, che la cessazione di tale destinazione sia consentita solo sulla base di circostanze e/o di criteri prestabiliti (in tal senso, tra le tante, si vedano Cassazione, sentenze 18 aprile 2002 n. 5559 e 14 marzo 2002 n. 3733).
Il fatto
Ciò premesso, la vicenda decisa con la sentenza in commento proponeva peraltro un tema di approfondimento puntuale, giacché un Consiglio dell'Ordine degli avvocati, in esito al procedimento di verifica della permanenza delle condizioni per l'iscrizione nell'elenco speciale degli avvocati addetti ad uffici legali di enti pubblici di una determinata persona, esaminata la ratio dell'art. 3, co. 4, lett. f), della legge professionale, rilevati i principi di libertà, autonomia e indipendenza per ogni forma di attività professionale forense, richiamati i principi giurisprudenziali della non precarietà dell'appartenenza all'Ufficio legale, della estraneità all'apparato amministrativo dell'ente pubblico, rilevata l'assegnazione dell'interessato a compiti "dirigenziali per quanto riguardava settori del Personale, del Demanio Marittimo e del Commercio oltretutto di rilevante peso ed importanza rispetto alle funzioni e compiti dell'Ente nei loro complesso considerati" ed osservato che il coinvolgimento in tali unità organizzative, oltre a far venir meno il carattere dell'esclusività, determinava anche una situazione (ancorché potenziale) di conflitto d'interessi, ravvisava conclusivamente una condizione di incompatibilità tale da non consentire la permanenza del legale nell'elenco speciale.
La decisione sfavorevole veniva impugnata dall'interessato dinanzi al Consiglio nazionale forense, che però rigettava il ricorso ritenendo in particolare confliggente con i principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di requisiti necessari per l'iscrizione nell'elenco speciale il simultaneo svolgimento da parte dell'interessato, anche se in parte temporaneo, di attività legale e di attività certamente amministrativa.
In sostanza, l'ulteriore affidamento all'attuale ricorrente di diversi incarichi amministrativi (non irrilevanti, trattandosi della dirigenza di due importanti settori organizzativi, quali il personale e il demanio marittimo con il commercio), incideva ad avviso del Cnf in maniera decisiva poiché tutte le forme anche provvisorie ed ulteriori di cumulo di incarichi e funzioni estranee a quella tipicamente legale risultavano necessariamente preclusive dell'iscrizione nell'elenco speciale per difetto d'esclusività anche sotto la specie dell'addizione.

La decisione delle sezioni unite
Nel confermare la decisione del Consiglio nazionale forense, con la sentenza in esame le sezioni unite hanno alfine stabilito che la responsabilità del settore "Affari legali" formalmente istituito ed autonomo rispetto alle altre macrostrutture in cui l'amministrazione è articolata e la qualifica dirigenziale posseduta dal legale sono insufficienti a consentire il permanere dell'iscrizione nell'elenco speciale, laddove all'interessato siano contemporaneamente affidate funzioni di coordinamento di altre e ben distinte aree organizzative, cui sono preposti specifici responsabili, titolari di funzioni direzionali e del relativo potere di firma, affidate con atti di macro-organizzazione dagli organi di governo dell'ente stesso nell'ambito dell'autonomia costituzionalmente garantita dell'ordinamento giuridico locale.
La decisione dei giudici di Piazza Cavour è motivata facendo riferimento alla costante interpretazione dell'art. 3 della legge professionale forense, la quale ha sempre evidenziato la natura eccezionale della deroga, prevista per gli addetti agli Uffici legali di enti pubblici, alla regola generale della professione forense consistente nell'incompatibilità con il lavoro subordinato e la conseguente necessità di una interpretazione restrittiva della norma, non suscettibile d'interpretazione analogica, individuandone il senso e la ratio nel particolare status derivante dal rapporto d'impiego pubblico che è tale da preservare presumibilmente l'avvocato-dipendente dal rischio di condizionamento nell'esercizio della sua professione. Centrale risulta, dunque, lo svolgimento da parte degli addetti, con libertà ed autonomia, delle funzioni di competenza, con sostanziale estraneità all'apparato amministrativo, in posizione d'indipendenza e con esclusione da ogni attività di gestione.
Di qui, la conclusione che il simultaneo svolgimento, ancorché temporaneo, di attività legale e di attività certamente amministrativa è incompatibile con l'esclusività – "da intendersi in senso oggettivo ed esterno", come specifica la Suprema corte - che, assicurando l'autonomia della funzione, ne garantisce l'indipendenza, preservandola da condizionamenti, "requisito questo essenziale per la tutela della funzione sociale dell'avvocato anche nel caso del suo servizio a favore dei soli interessi pubblici dell'ente di appartenenza".
Osservazioni finali
No, dunque, al doppio incarico per l'avvocato dell'ente pubblico. Il che, se ha il merito di prevenire situazioni di anche solo potenziale conflitto di interessi, rende a nostro avviso ancor più urgente una rimeditazione del tema dell'ordinamento dell'Avvocatura interna degli enti pubblici, tenuto conto dell'impatto che la decisione in commento può avere non tanto sull'organizzazione delle singole amministrazioni quanto sulla loro possibilità di assicurare in concreto continuità alla rispettiva azione amministrativa.
No al doppio incarico significa infatti che, dopo questa decisione, il legale interno che ne aveva due potrà averne uno soltanto. L'altro, dunque, si renderà vacante, con quel che intuitivamente comporta. E non è detto che il legale preferirà in tutti i casi restare applicato all'ufficio legale (nel caso deciso con la pronuncia in questione, si noti, all'interessato erano state affidate "funzioni di coordinamento di altre e ben distinte Aree Organizzative, cui sono preposti specifici responsabili, titolari di funzioni direzionali e del relativo potere di firma": funzioni, dunque, di livello elevato, la cui remunerazione potrebbe risultare in concreto preferita), nel qual caso la vacanza che ne seguirà nell'organico dei legali interni con tutta probabilità non lascerà alle amministrazioni altra possibilità che bandire procedure di reclutamento ad hoc.
D'altra parte, ove (già) reclutato con un concorso ad hoc, andrà valutato approfonditamente se al legale interno risulti oggi consentito di optare liberamente per un incarico che ne comporti (in esclusiva) "il coinvolgimento […] nell'attività amministrativa dell'Ente".

martedì 15 settembre 2009

Proporzionalità e gradualità della sanzione limiti invalicabili del potere disciplinare della PA

Interessantissimo articolo pubblicato sul http://www.ilsole24ore.it/ che commenta la sentenza del Tar Piemonte, Torino, sez. I, sentenza 8 aprile 2009 n. 953.
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In materia disciplinare la PA ha il dovere di valutare la gravità dei fatti ascritti al dipendente anche qualora siano stati accertati in sede penale con sentenza non passata in giudicato, essendo i due procedimenti autonomi.
Né è vincolata alla qualificazione del fatto da parte del giudice penale, potendo attribuire particolare disvalore e lesività alla condotta del funzionario, anche tenuto conto della sua qualifica. Nondimeno la sanzione disciplinare comminata deve rispondere ai principi di proporzionalità e gradualità che costituiranno, al contempo, i parametri e il limite di sindacabilità del legittimo uso del potere da parte del giudice, cui è precluso ogni apprezzamento in ordine al merito della valutazione compiuta dall'amministrazione.
Il fatto
Il caso scrutinato dal Tribunale amministrativo piemontese riguarda la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione inflitta ad un vice brigadiere della Guardia di Finanza, per aver utilizzato il telefono di servizio allo scopo di effettuare chiamate a pagamento, a sfondo erotico, e la cui illegittimità era stata censurata dal militare sotto il profilo dell'eccesso di potere, sub specie di violazione del principio di gradualità e di ingiustizia manifesta, atteso che per lo stesso fatto egli era sì stato effettivamente condannato dalla Corte d'appello militare, ma con derubricazione dell'originaria imputazione da peculato ad appropriazione indebita, con sentenza peraltro non ancora passata in giudicato.
La pronuncia del foro torinese
Il Tribunale amministrativo, malgrado avesse in sede cautelare accolto le doglianze del militare tanto da concedergli l'invocata sospensiva, con la decisione in epigrafe ne ha poi rigettato il ricorso nel merito, rivedendo il suo orientamento anche in ossequio ai diversi principi espressi sul caso dal Consiglio di Stato, che, adito in sede d'appello dal ministero, ne aveva annullato l'ordinanza cautelare, confermando prima facie la legittimità del provvedimento sanzionatorio gravato.
In particolare, il Collegio torinese ha optato per la conformità a legge della sanzione impugnata, ritenendo che rispondesse al principio di proporzionalità, declinato nella sedes materiae in quello del gradualismo sanzionatorio, secondo un'indagine ab externo e da condursi sulla scorta della motivazione del provvedimento, essendo questa l'unica consentita al giudice amministrativo, al quale è fatto divieto di sostituirsi alla pubblica amministrazione sindacandone le scelte discrezionali, altrimenti violandosi il principio di legalità e di separazione dei poteri.
Criterio guida, quello della proporzionalità della sanzione che, nel caso specifico, secondo il tribunale, è stato osservato dall'amministrazione avuto riguardo al comportamento tenuto dal militare in violazione, per un verso, del giuramento di fedele osservanza delle leggi dello Stato, tra le quali è annoverato in primo luogo il codice penale, cui è riconducibile l'indebito uso per scopi personali del telefono di servizio e, per altro verso, del decoro e del prestigio del Corpo militare di appartenenza, stante la natura delle comunicazioni effettuate.
Né, secondo i giudici, costituisce fondato motivo di ricorso la pendenza per i medesimi fatti ascrittigli in sede disciplinare di un processo penale, non ancora concluso con sentenza passata in giudicato, stante il principio di separazione cui i due procedimenti sono improntati, secondo consolidata giurisprudenza.
Di tal ché la pubblica amministrazione ha il potere-dovere di accertare ed apprezzare autonomamente la rilevanza disciplinare della condotta tenuta da un suo funzionario, valutandone il disvalore alla stregua delle leggi e dei codici di comportamento applicabili a secondo della categoria di appartenenza, potendo, per questa via, pervenire anche a conclusioni diverse da quelle del giudice penale.
Le questioni rilevanti
Mentre nel diritto del lavoro privato e privatizzato, ai sensi dell'art. 2, co. 2, del Dlgs n. 165/2001, il procedimento disciplinare attiene alle infrazioni commesse dal lavoratore nell'ambito di ben determinati codici di comportamento, nel diritto del lavoro pubblico, soprattutto se speciale, quale quello dei Corpi militari, presenta contorni ben più ampi e indefiniti, venendo in rilievo ogni qual volta il funzionario violi non solo i precetti di legge, di regolamento o di direttive e di ordini che disciplinano il rapporto di servizio, bensì pure quando infranga le più penetranti regole deontologiche di gruppo, che, nel caso delle Forze armate, si spingono fino a costituire "regole di vita, che trascendono lo stesso status di militare e dovrebbero caratterizzare gli stessi rapporti politici, civili e sociali".
L'ordinamento disciplinare dei Corpi militari, infatti, esaltando l'orgoglio di appartenenza non solo alle Forze armate, ma all'intera Nazione, tende a valorizzarne lo spirito, dando pregnante rilevanza a quei profili morali ed etici della condotta tenuta dal militare, nella vita pubblica, come in quella privata , ormai recessivi negli altri settori di impiego, anche se alle dipendenze delle PA. Circostanza dimostrata anche dall'abolizione nei bandi di concorso dei requisiti della specchiata condotta e dell'idoneità morale.
Precetti comportamentali, questi, di rilievo disciplinare e che, per quanto riguarda la Guardia di Finanza.
Nondimeno, proprio l'evanescenza dei precetti in questione, unitamente all'ampia discrezionalità riconosciuta al Corpo nell'apprezzamento del disvalore del comportamento e della sanzione da applicare, hanno indotto la giurisprudenza amministrativa ad elaborare un reticolato di principi atti ad irreggimentarne il potere, trovando nel tempo il difficile punto di equilibrio tra l'esigenza di salvaguardare le prerogative dello Stato nella conservazione della credibilità del suo principale apparato, anche attraverso le sanzioni disciplinari, e l'esigenza di tutelare il personale militare in caso di un debordante esercizio di tale supremazia speciale.
Tra questi, oltre a quelli di immediatezza della contestazione, di tempestività dell'azione disciplinare e di difesa , che attengono più che altro al procedimento, ruolo preminente deve riconoscersi al principio di proporzionalità, la cui derivazione comunitaria ha indotto il Consiglio di Stato ad assumere a riferimento la giurisprudenza della Corte di giustizia europea al fine di delinearne la portata applicativa, onde evitare che per suo tramite il giudice sia tentato di introdurre surrettiziamente una smisurata, quanto innominata, ipotesi di giurisdizione di merito, che, viceversa, è ontologicamente tipica ed eccezionale, perché deroga al principio di separazione dei poteri cui è ispirato il nostro ordinamento.
A tal proposito, la Cge ha da sempre rilevato che il riscontro di proporzionalità riguarda solo "il carattere manifestamente inidoneo di un provvedimento in relazione allo scopo che l'istituzione competente intende perseguire", dovendo escludersi che il sindacato giurisdizionale possa "spingersi ad un punto tale da sostituire l'apprezzamento dell'organo competente con quello del giudice, valutando l'opportunità del provvedimento adottato ovvero individuando direttamente le misure ritenute idonee".
Dunque, per questa via, analogamente, premessa la valenza costituzionale del principio de quo ai sensi dell'art. 97 della Carta fondamentale, i giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto che, pur sussistendo il generale obbligo dei pubblici poteri (legislativo ed esecutivo) di adottare le soluzioni più idonee ed adeguate al perseguimento dell'interesse generale cui sono preposti, col limite del minor sacrificio possibile per le posizioni soggettive coinvolte, nondimeno al giudice, in sede di verifica della legittimità dell'operato, non è dato sindacare il merito delle scelte discrezionali, siano esse di natura tecnica, amministrativa o politica, non potendo sostituirsi al titolare del potere, bensì dovendo attenersi ad una valutazione ab externo del provvedimento assunto, coi limiti dell'abnormità ed irragionevolezza.
Aberrazioni da escludersi quante volte la sanzione irrogata sia sorretta da adeguata motivazione e basata su fatti manifestamente gravi, tali da poter indurre ragionevolmente l'amministrazione a ritenerli lesivi del decoro del Corpo, ovvero oggettivamente contrari alle finalità cui è istituzionalmente preposto.
Né impinge la validità delle suesposte conclusioni l'apprezzamento del disvalore della medesima condotta già operato dal giudice penale, stante il radicato principio della separazione tra i due procedimenti, che reca in sé il potere della PA di attribuire diversa rilevanza disciplinare ai fatti, diverso essendo il bene-interesse che i due apparati normativi mirano a tutelare.
Difatti, anche dopo l'entrata in vigore della legge 27 marzo 2001, n. 97, che, innovando le disposizioni penali, sostanziali e processuali, ha ricondotto ad unità i due sistemi sanzionatori, sancendo l'efficacia nel procedimento disciplinare degli accertamenti in punto di fatto raggiunti in sede penale, la PA non ha del tutto perso il potere-dovere di valutare discrezionalmente la medesima condotta laddove, al contempo, violi le regole di comportamento proprie del suo ordinamento interno.

Conclusioni
In buona sostanza, dunque, il principio di proporzionalità e, per esso, della gradualità della sanzione, quale canone legale di raffronto tra lo scopo prefissato dalla norma comportamentale e la scelta sanzionatoria in concreto operata dalla pubblica amministrazione, è valso al giudice amministrativo per ritagliarsi un potere di sindacato piuttosto ampio sull'altrettanto penetrante supremazia speciale che l'ordinamento militare attribuisce al Corpo sui propri appartenenti.
Precario, tuttavia, il punto di equilibrio, essendo il sindacato giurisdizionale destinato tanto più ad arretrare in favore della più piena discrezionalità dell'amministrazione, quanto più la condotta ascritta al dipendente integri un illecito di scopo, piuttosto che di offesa.

lunedì 14 settembre 2009

Forse un vizio al concorso

Speravo che con il nuovo concorso bandito dal DAG non avrei più pensato alla pessima esperienza avuta con quello gestito dal dott. Marchetta, stimato collaboratore dell'ex presidente Ciampi. (PS: qualcuno mi ha detto che il segretario Ceci è stato trasferito alla Presidenza)
Ma non è cosi. Infatti nel mio tranquillo week end ho incontrato un collega che mi ha raccontato di un possibile vizio della procedura.
La nostra compagna di sventura, bocciata alla prova scritta, ha effettuato l'accesso agli atti ed ha potuto constatare come alcuni compiti erano mediocri e alcuni riportavano solo l'articolo di legge senza nessun commento.
Ma la parte più interessante l'ha scovata nei verbali: in quello di stesura della graduatoria della preselezione.
Dopo che le operazioni, effettuate davanti ai testimoni, di correzione degli elaborati fossero finite con la stesura della graduatoria, la società organizzatrice comunicava un errore nella elaborazione, pertanto, senza testimoni, veniva riaperta la graduatoria, modificata e richiusa. Tutto a verbale.
L'unico problema è che la nostra collega non ha diritto a fare ricorso perché lei la preselezione l'ha superata: bisogna trovare un escluso che abbia la voglia di intraprendere questa strada.
Che brutta storia, una volta eravamo la punta di diamante adesso siamo ............
NB: le notizie mi sono state riportate e non ho potuto verificarne né la fonte né la vericidità.

venerdì 11 settembre 2009

nota di protesta dei colleghi della RTS di Palermo

Ricevo dalla RDB e pubblico una nota dei nostri colleghi della RTS di Palermo.
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MAI PEGGIO DI COSI’.
Non era mai successo che, prima del periodo estivo, non venissero erogati il saldo FUA dell’anno precedente e l’acconto dell’anno corrente.
In una fase di grave emergenza salariale, con stipendi che rasentano la soglia di povertà ed in netto contrasto con il principio dell’art. 36 della Costituzione, l’Amministrazione, e nella fattispecie il Dipartimento dell’Amministrazione Generale e del Personale, persiste nel disattendere gli obblighi contrattuali, differendo sine die il pagamento di quanto dovuto (e già abbondantemente maturato) ai Lavoratori a titolo di salario accessorio.
Di contro, l’Amministrazione stessa, con spregiudicatezza, ha disposto di remunerare, con la mensilità di agosto 2009, i risultati conseguiti da ciascun dirigente per l’anno precedente con compensi (a titolo di retribuzione di risultato), che corrispondono al reddito di un intero anno di
un impiegato di media posizione economica.
Questo per i dirigenti di 2^ fascia; figuriamoci per quelli di grado ancora più elevato, i cui compensi potrebbero essere stati anche il doppio o addirittura il triplo.
Forse ci si dimentica che il raggiungimento degli obiettivi da parte dei dirigenti dipende da coloro (Impiegati e Collaboratori che lavorano) che traducono in atti concreti le varie direttive e che portano a termine i vari procedimenti amministrativi secondo le prescritte procedure, per l’attuazione delle quali non hanno neanche bisogno di chiedere suggerimenti e consigli all’illuminata!!! dirigenza.
Forse c’è un problema di cassa che impedisce il pagamento del salario accessorio ai Lavoratori? Ma per i dirigenti la cassa si trova, perché, come si suol dire, DEVE PIOVERE SEMPRE SUL BAGNATO!
I Lavoratori della Ragioneria Territoriale dello Stato di Palermo, dinanzi all’atteggiamento discriminatorio e offensivo dell’Amministrazione, esprimono all’unanimità la più profonda indignazione e, d’ora in poi, nell’espletamento delle attività, invocheranno l’applicazione pedante di norme e disposizioni, al fine di non far più raggiungere gli obiettivi alla dirigenza e porre, così, fine alla situazione vergognosa che si è creata, caratterizzata in particolare da COMPENSI IMMORALI A FAVORE DELLA DIRIGENZA MEDESIMA.
I Lavoratori della Ragioneria Territoriale dello Stato di Palermo si ripropongono di portare a conoscenza il contenuto del presente documento ai principali organi di informazione e di attivare i
canali necessari per un’interrogazione parlamentare sul trattamento economico accessorio dei dirigenti del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
A proposito, in attuazione dell’operazione trasparenza voluta dal Sig. Ministro Brunetta, sul sito MEF sono pubblicati i trattamenti economici dei dirigenti; ma si tratta solo di quelli tabellari con
esclusione quindi del trattamento accessorio che fa lievitare al rialzo notevolmente il trattamento
economico complessivo.
Si auspica pure che ogni dirigente, a capo di ciascuna struttura dirigenziale, abbia un sussulto di coscienza, astenendosi, da un lato, dal richiedere spirito di sacrificio ai collaboratori, e sollecitando, dall’altro, i competenti organi centrali a dare immediatamente le risposte che i Lavoratori attendono, rimuovendo la grave situazione di ingiustizia, che ha leso la dignità dei Lavoratori medesimi.

Palermo lì, 09/09/2009
I Lavoratori della R.T.S. Palermo
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Condivisibile sfogo dei nostri colleghi, che conosco personalmente per motivi di lavoro, contro un'Amministrazione ormai allo sbando. Il sentimento ormai è diffuso sia al centro che in periferia e questo Governo non fa altro che alimentare lo scoramento verso una politica cieca e demagogica.
Penso che sia ora di cambiare!!
Un saluto affettuoso ai colleghi di Palermo.
PS: nel mio ufficio, con il nuovo regolamento c'è un rapporto di 1 dirigente ogni 10 dipendenti, con settori dove il rapporto scende a 1/6. Si può avere un'Amministrazione efficiente?

martedì 8 settembre 2009

Domanda concorso MEF

Eccoci a presentare la terza domanda per un concorso da dirigente al mio ministero. Dopo il primo fantastico esami e titoli (da pochi giorni ho conosciuto uno dei vincitori e vi assicuro che come possa aver vinto è un mistero!!) e il successivo a 40 posti dove ho preso, come si dice a Roma 'na bella tranvata, ecco il terzo indetto dal IV dipartimento.
la procedura è simile alle precedente che prevedeva l'utilizzo di una specifica applicazione informatica all’indirizzo www.concorsi.mef.gov.it.
Fatto! compilata. Invio la domanda telematicamente e scopro che il protocollo è vicino ai 500 e siamo all'inizio di settembre (cominciamo bene!!).
Attenzione che per posta elettronica vi invieranno il file della ricevuta (cavolo non si apre mi dice file danneggiato!!).

Stampo sia il modello cartaceo compilato sia il vecchio curriculum inviato a suo tempo alla RGS. Infatti, l'articolo 3 prevede che bisogna allegare un curriculum-vitae, datato e debitamente firmato contenente l’elenco dettagliato di tutti i titoli di studio e di servizio che ritengo utile produrre ai fini della valutazione. In poche parole quasi nulla, il bando prevede che verranno valutati solo gli incarichi dirigenziali o equiparati e i titoli accademici e di studio (strano che non vengono presi in considerazione le pubblicazioni).
Firmo tutto e spedisco a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento al seguente indirizzo al Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento dell’Amministrazione generale, del Personale e dei Servizi – Direzione Centrale per i Servizi al Personale – Ufficio IV – via XX Settembre n. 97 – 00187 Roma. Una volta mi ricordo che si poteva consegnare a mano con un bel risparmio di soldini.
Si ricomincia ragazzi, ma questa volta non mi illuderò.
NB: prossima scadenza il 18 dicembre 2009 con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell'avviso della sede e della data di svolgimento della eventuale prova preselettiva o della prova scritta.

lunedì 7 settembre 2009

Concorso a 36 posti da dirigente al MEF

Sulla Gazzetta ufficiale del 1° settembre scorso è stato pubblicato il bando del concorso pubblico, per titoli ed esami, a 36 posti per l’accesso alla qualifica di dirigente del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

I posti a concorso sono da assegnare prioritariamente a funzioni di analisi, elaborazione e valutazione delle politiche economico-fiscali, monitoraggio sull’andamento delle entrate tributarie e previsioni sul gettito, analisi studi elaborazione ed interpretazione della normativa tributaria, nonché a funzioni di amministrazione generale, servizi indivisibili, logistici e comuni del Ministero.

Come i precedenti concorsi è stata previsto che il 50% dei posti sia riservato, ai funzionari appartenenti ai ruoli del Ministero dell’Economia e delle Finanze in servizio da almeno quindici anni nella qualifica apicale e 7 posti riservati agli impiegati in servizio presso il Ministero nella Terza Area - Fascia Retributiva - F3 e F4 (ex C2 e C3), che abbiano maturato alla data del bando (1° settembre, che fortuna io li maturo a dicembre!!!) , anche complessivamente, almeno otto anni di servizio nelle suddette posizioni economiche.

Per la domanda di ammissione viene ricalcata la procedura prevista dal precedente concorso della RGS. Infatti, il candidato dovrà produrre domanda di ammissione al concorso in via telematica, compilando l’apposito modulo, entro il 1° ottobre, utilizzando una specifica applicazione informatica all’indirizzo http://www.concorsi.mef.gov.it/.

Dopo aver inserito i dati richiesti, il candidato dovrà effettuare la stampa della domanda che, debitamente firmata, dovrà essere spedita esclusivamente tramite servizio postale a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento al seguente indirizzo: Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento dell’Amministrazione generale, del Personale e dei Servizi – Direzione Centrale per i Servizi al Personale – Ufficio IV – via XX Settembre n. 97 – 00187 Roma –, entro il 3 ottobre prossimo.

Gli esami consisteranno in una prova scritta ed in una prova orale.
La prova scritta, a contenuto teorico/pratico è diretta ad accertare l’attitudine dei candidati alla
soluzione corretta, sotto il profilo della legittimità, della convenienza e della efficienza ed economicità organizzativa, di questioni connesse all’attività istituzionale del Ministero dell’Economia e delle Finanze, e potrà anche consistere nella trattazione di quesiti sintetici sul diritto amministrativo e sulla contabilità di Stato, con particolare riguardo all’organizzazione del lavoro, gestione delle risorse umane e ordinamento del personale, alle obbligazioni, contratti e controlli della Pubblica Amministrazione,
nonché sul diritto tributario e scienza delle finanze.

La prova orale, che mira ad accertare la preparazione e la professionalità del candidato nonché l’attitudine all’espletamento delle funzioni dirigenziali, verterà, oltre che sulle materie oggetto della
prova scritta, sulle seguenti discipline: "diritto del lavoro", "diritto comunitario", "politica economica",
"ordinamento e attribuzioni del Ministero dell’economia e delle finanze".

Il colloquio avrà inizio con l’illustrazione da parte di ciascun candidato del proprio percorso formativo e professionale.
Nell’ambito della prova orale, sarà valutata la conoscenza da parte del candidato: della lingua
scelta tra inglese, francese o spagnolo ad un livello avanzato, attraverso la lettura, la traduzione di testi e la conversazione; dell'utilizzo del personal computer, dei software applicativi più diffusi da realizzarsi anche mediante una verifica pratica delle problematiche e delle potenzialità connesse all'uso degli strumenti informatici in relazione ai processi comunicativi in rete, all'organizzazione e gestione delle risorse ed al miglioramento dell'efficienza degli uffici e dei servizi.
Qualora il numero delle domande sia particolarmente elevato è facoltà dell’Amministrazione
effettuare una prova preselettiva al fine dell’ammissione alla prova scritta, che consisterà in una serie di domande a risposta multipla su argomenti delle materie oggetto delle prove.
Saranno ammessi alla prova scritta un numero di candidati che, in base al punteggio riportato nella prova preselettiva, si siano collocati entro il trecentesimo posto in graduatoria; Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – 4a Serie Speciale – Concorsi ed Esami – del 18 dicembre 2009 verrà dato avviso della sede e della data di svolgimento della eventuale prova preselettiva o della prova scritta.

martedì 1 settembre 2009

Riorganizzazione

Sono tornato prima dalle ferie programmate perché volevo essere presente alla riorganizzazione del mio ufficio. Infatti il decreto ministeriale entra in vigore oggi.
Devo ammettere che me lo aspettavo, ormai la dirigenza di questo Ministero rispecchia pienamente la classe politica che la nomina.
Non è stato fatto nulla!
Ma come nulla di nulla? NIENTE.
Quando sono andato via già pensavo che fossimo in ritardo ma speravo che ero io, ai livelli bassi, a non sapere nulla, loro avevano già pianificato tutto (povero illuso) e che per inizio settembre fosse tutto pronto.
E invece no, tutti in ferie i capoccioni, mica gli interessa come si organizza il lavoro. L'unico pensiero dei capi dipartimento era non perdere potere (quante riunione su cavilli) e dei miei dirigenti era ed è come ottenere le fasce più alte.
Ma il lavoro, i dipendenti? Nulla.

Nel mio piccolo avevo preparato tutto per il passaggio, avevo convocato anche l'ammistrazione, era tutto organizzato da mesi.....ma mi hanno fermato, nulla si deve muovere....tutti fermi.

Un'altra occasione persa!
PS: l'unica notizia che ho ricevuto è stato il saluto di Tomasini. Un po' poco vero?