venerdì 30 ottobre 2009

giovedì 29 ottobre 2009

Influenza A: quando le norme entrano in un cul-de-sac


La gestione delle risorse umane si deve caratterizzare non solo per l'applicazione pedissequa delle norme e delle direttive in materia di lavoro, attività di mera amministrazione, ma per il miglior utilizzo delle risorse umane attraverso un insieme di azioni di gestione volte a "curare" il capitale in ogni momento del rapporto di lavoro.
L'insieme di misure restrittive e di rigore adottate nel settore pubblico non deve far perdere di vista le leve gestionali e le azioni dirette a migliorare il capitale umano, come la formazione, la comunicazione interna, la prevenzione sanitaria oltre che la tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro. Tale premessa appare opportuna rispetto a quanto dovranno fare i datori di lavoro pubblici e privati di fronte al manifestarsi e diffondersi dell'influenza pandemica AH1N1v.
Se fino ad oggi il tema della malattia nel settore pubblico è stato trattato in termini repressivi e quindi in connessione alla lotta contro l'assenteismo, anche a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 71 del decreto legge n. 112/2008, il virus influenzale AH1N1v porta oggi i datori di lavoro a ragionare in termini di prevenzione e di cura proprio al fine di non pregiudicare lo stesso svolgimento delle funzioni pubbliche.
È noto infatti che il rischio di trasmissione dell'influenza pandemica (ma anche stagionale) nei luoghi di lavoro è favorito dalla condivisione di luoghi chiusi e ambienti confinati. Per questo è importante l'adozione di misure specifiche come il vaccino e l'adozione di misure generali, finalizzate ad evitare il contagio.
Fermo restando che la somministrazione del vaccino da novembre interesserà innanzi tutto i settori responsabili dei servizi pubblici essenziali ed, in generale, i soggetti addetti a servizi pubblici di primario interesse collettivo, come le forze di polizia, i vigili del fuoco, il personale sanitario ecc., sarà importante in generale adottare misure di prevenzione idonee a contenere l'impatto di tale pandemia sui lavoratori e quindi sull'organizzazione del lavoro.
Costituiscono da questo punto di vista un ostacolo le misure presenti nel Dl n. 112/2008 che prevedono fin dal primo giorno di malattia la corresponsione del solo trattamento economico fondamentale, "con esclusione di ogni indennità aventi carattere fisso continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio".
La decurtazione della retribuzione, infatti, potrebbe portare più di un lavoratore a non completare il periodo di degenza e a non attendere almeno le 24 ore dalla cessazione dei sintomi, in assenza di terapia sintomatica o antipiretica, come prescritto dalle linee guida del ministero del Lavoro, della salute delle politiche sociali.
Naturalmente l'attuale disciplina, così come il novello art. 55-septies, previsto dallo schema di decreto legislativo "Brunetta", non hanno stabilito deroghe nei confronti di tale tipologia di influenza e pertanto, al fine di prevenire comportamenti scorretti dei lavorati, diventerà necessario un piano di informazione e sensibilizzazione a livello di singolo ente.
Alcune misure già individuate e che potrebbero essere avviate dai singoli datori di lavoro sono:
•il monitoraggio sullo stato di salute dei lavoratori e dei loro familiari, al fine di ridurre le aree e i tempi di contagio;
•un piano di informazione per i lavoratori che tenga conto dei rischi e dei contatti con il pubblico;
•prevedere che sul posto pubblico sia sempre assicurata la disponibilità a sufficienza di detergenti liquidi a base di alcol;•rendere disponibili fazzolettini di carta e salviette monouso;
•verificare l'adeguatezza dei servizi di pulizia dei locali, affinché siano effettuati nei luoghi di lavoro con regolarità e tutte le volte che determinate superfici, toccate da più persone appaiono visibilmente sporche;
•rendere disponibile sui luoghi di lavoro, sulla base dei rischi connessi al particolare affollamento o esposizione, un adeguato numero di mascherine respiratorie
•prevedere l'aggiornamento del documento di valutazione dei rischi di cui al Dlgs n. 81/2008.
Molti altri interventi possono essere possibili e alcuni di essi auspicabili, tra cui quelli rivolti ad eliminare il disincentivo a rimanere a casa durante i periodi di malattia connessi a tale influenza. In generale sarebbe utile un attento piano di comunicazione interna, che stimoli la prevenzione e quindi comportamenti virtuosi, quale quello di ridurre i rischi di esposizione all'infezione limitando anche nella vita privata la frequentazione di luoghi affollati nonché i contatti fisici, comunque da tenere nel rispetto delle elementari norme igieniche.
Un piano di analisi del rischio, a cui faccia seguito un piano di informazione e comunicazione, può essere lo strumento attraverso il quale le amministrazioni possono far fronte a tale fenomeno pandemico, che si spera sia contenuto.
La normativa sulle assenze per malattia potrebbe essere messa a dura prova dalla diffusione dell'influenza, spingendo, come abbiamo rilevato, i lavoratori non perfettamente guariti a fare ritorno anticipatamente sui luoghi di lavoro.
Fermo restando le modifiche apportate recentemente a detta normativa con il Dl n. 78/2009, in materia di spesa e fasce orarie di reperibilità, c'è spazio ancora per un miglioramento normativo, ma soprattutto per una attenta azione gestionale.
Uscendo per una volta dai vincoli e dalle logiche delle disposizioni di rigore che caratterizzano oggi la disciplina della malattia, le amministrazioni pubbliche possono porre in essere misure gestionali leggere ma efficaci, rivolte a contenere la diffusione del virus in via diretta e indiretta, così come le complicazioni alle vie respiratorie. Misure di carattere generale, che rendono ancora più efficace il ricorso al vaccino.

mercoledì 28 ottobre 2009

False attestazioni o certificazioni

Ricevo dalla RDB e pubblico


Art. 589 CODICE PENALE
Omicidio colposo


Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Art. 55 quinquies - Decreto BRUNETTA Decreto legislativo di attuazione della legge n°15/2009 in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.


False attestazioni o certificazioni


1. Fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 400 ad euro 1.600.
La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione del delitto.



Ne consegue, quindi, che l'omicidio colposo, cioè chi cagiona per colpa la morte di una persona, è considerato un reato meno grave di chi attesta falsamente la propria presenza in ufficio.

venerdì 23 ottobre 2009

FRANTUMI DA RICOMPORRE




Riforme legislative e innovazioni di management per migliorare la produttività delle organizzazioni pubbliche, Libri Este, 2009
È il titolo del libro curato da Antonino Leone e Mita Marra con la prefazione di Francesca Simeoni e gli interventi di Federico Testa, Silvano Del Lungo, Rita Carisano, Pietro Ichino, Giovanni Martignoni e Donata Gottardi.
Il sistema Italia è “fuori mercato” a causa di un elefantiaco apparato pubblico incapace di offrire servizi efficienti e qualitativamente adeguati alle imprese e ai cittadini. Per uscire dalla crisi economica e finanziaria globale occorre, invece, una pubblica amministrazione che, in presenza di un assetto costituzionale federale, disegni e gestisca politiche a favore della crescita e dello sviluppo in complessi sistemi di governance, soggetti ad elevata incertezza. Le riforme legislative varate negli ultimi due anni puntano sulla trasparenza, sulla responsabilità, sulla valutazione e sulla incentivazione come leve del cambiamento organizzativo. Questo volume entra nel merito di tali iniziative legislative per comprendere come e in che misura queste riforme possono migliorare il rendimento istituzionale, le soluzioni organizzative e le pratiche manageriali. Le leggi non sono, infatti, la cura per le tante lacune della pubblica amministrazione italiana. L’eterogeneità dei problemi e delle carenze investe i vari comparti del settore pubblico, i diversi livelli di governo centrale, regionale e locale ed inevitabilmente il Nord e il Sud del Paese.
L’analisi del funzionamento dell’INPS di Verona riafferma l’importanza di investire sulla capacità manageriale dei dirigenti, sui saperi e sulle competenze organizzative, sulla valorizzazione del lavoro e sul riconoscimento del merito, attraverso l’apprendimento e la riflessione condotta a partire dall’esperienza.
I temi selezionati dal blog sul cambiamento nelle organizzazioni propongono opinioni, esperienze e reazioni di tanti dipendenti, politici e studiosi al dibattito sulla riforma della PA. Le questioni sollevate nel blog svelano percezioni e umori che gli attori avvertono in rapporto alle recenti iniziative del governo. Gli operatori, i dirigenti, gli amministratori godono di una considerevole autonomia nel loro agire che può tradursi in notevoli differenze di attuazione. Diventa, quindi, di fondamentale importanza conoscere i principi e le motivazioni che guidano il loro agire.

Francesca Simeoni è ricercatrice di Economia e gestione delle imprese presso l’Università degli Studi di Verona e docente di Economia e gestione delle imprese di servizi pubblici
Federico Testa è parlamentare e docente di Economia e gestione delle imprese presso l’Università degli Studi di Verona
Silvano Del Lungo è psicologo del lavoro, pioniere della consulenza di direzione in Italia, fondatore e presidente della società di consulenza direzionale StudioStaff
Rita Carisano è direttore generale di Confindustria di Verona
Pietro Ichino è senatore e docente di Diritto del lavoro presso l’Università degli Studi di Milano
Giovanni Martignoni è Direttore dell’Inps di Verona
Donata Gottardi è docente di Diritto del Lavoro presso l’Università degli Studi di Verona ed è stata parlamentare europeo fino a maggio 2009

Gli autori:
Antonino Leone, è impegnato nella gestione del suo blog “Cambiamento nelle organizzazioni”, http://cambiamentoorg.blogspot.com/, dedicato principalmente alla gestione dei servizi pubblici ed al disagio sociale dei ceti più deboli. Ha fondato il gruppo SOS PA su Facebook, che conta circa 1500 membri, e segue il processo di riforma della Pubblica Amministrazione. Ha scritto alcuni articoli sulle PA con riferimento all’Inps ed ha operato nella Pubblica Amministrazione dirigendo un’Agenzia dell’Inps. Negli anni ’80 è stato assessore comunale ed è attualmente componente della Consulta della Pubblica Amministrazione del Partito Democratico.
Mita Marra, è ricercatrice del Consiglio Nazionale delle Ricerche presso l’Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo di Napoli dal 2000 e insegna Analisi delle politiche pubbliche all’Università di Salerno e Politica economica all’Università di Napoli dal 2003. E’ stata visiting assistant professor presso l’Università di Maastricht (2005-2006) e la George Washington University (2004). Da anni si occupa di politiche di riforma del settore pubblico in Italia, negli Stati Uniti ed in alcuni paesi in via di sviluppo collaborando con il Dipartimento di valutazione della Banca mondiale. Alcuni dei suoi lavori sono apparsi su riviste e volumi nazionali ed internazionali.

PER ACQUISTARE il libro rivolgiti a STEFANIA MANDALA, inviando una mail all'indirizzo stefania.mandala@este.it, telefonando al numero 02.91434400 o inviando un fax al numero 02.91434424.

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giovedì 22 ottobre 2009

Articolo del riformista

Premetto che l'articolo in questione è stato pubblicato ieri da il Riformista e che oggi molti organi di stampa lo hanno ripreso, non porto calzini colorati ma qualche volta non ho gusto nel vestirmi ma non per questo sono stravagante e inattendibile.
Inoltre, sono sicuro che il nostro sottosegratario sia persona stimata e onesta come tutti i parlamentari incensurati e che l'accuse dei pentiti sono tutte da verificare ma ho deciso di pubblicare lo stesso alcune notizie per informare il piccolissimo seguito di colleghi.
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Alla fine quelli che Nicola Cosentino ha bollato come «frocetti che, stando a Roma, credono di poter decidere il destino politico della Campania» hanno perso. Perché il potente sottosegretario all'Economia nato a Casal di Principe, e sotto indagine per i suoi rapporti con i clan, la sua candidatura l'ha strappata a forza.
Quasi per assenza di rivali. Neanche avessero paura di parlare quelli che - e non sono pochi - non stanno con lui.È lo stesso metodo con cui impose la sua, di candidatura, Luigi Cesaro, attualmente presidente della Provincia di Napoli e alleato di ferro di Cosentino: dandola cioè per chiusa, prima dei tavoli ufficiali.
Per altrui pavidità. Sì, pavidità. Come è emerso alla riunione dei parlamentari campani del Pdl, svoltasi sabato a palazzo Grazioli alla presenza dei triumviri.
Una quindicina, vicini a Cosentino, lo hanno indicato come l'uomo giusto. Gli altri hanno taciuto. Compresi i possibili antagonisti, che dei gladiatori proprio non sono: l'ex ministro Stefano Caldoro e Mara Carfagna. E quando qualcuno ha fatto il nome del leader degli industriali napoletano Gianni Lettieri i supporter di Cosentino hanno salutato la nomination con un elegante «booh», con tanto di coretto.
Poi i suoi colonnelli si sono affrettati a dichiarare alle agenzie l'accordo cosa fatta, dopo che Berlusconi ha toccato con mano l'assenza di alternative. Tanto che Ignazio La Russa ha provato a frenare, in attesa del vertice con Fini: «Non è detto ancora nulla. Decideremo regione per regione».
Niente da fare: Cosentino, di fatto, ha iniziato la sua campagna elettorale. Dalla sua ha avuto come grandi sponsor il triumviro Denis Verdini e il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, che ha un filo diretto, in Campania, con Cesaro. Gli altri ci hanno provato a dire che c'è un limite a tutto. E che, certe volte, conta pure la faccia.
Sandro Bondi, ad esempio, fino all'ultimo ha sostenuto la candidatura di Caldoro. Claudio Scajola uno che secondo Berlusconi di campagne elettorali se ne intende, ha definito Cosentino semplicemente «invotabile». E prima della riunione dei parlamentari Gaetano Quagliariello è andato a parlare a quattr'occhi con il Cavaliere chiedendo un supplemento di riflessione. Tutto vano.
Berlusconi infatti ufficializzerà Cosentino nel corso della sua prossima visita a Napoli. Dunque l'impresentabile ha vinto. Proprio così: impresentabile. Per carità, un conto è essere indagati, un conto è essere condannati. Ma è altrettanto lecito dire che il suo sistema di relazioni è da brivido.
C'è innanzitutto la vicenda giudiziaria. Da tempo Cosentino è coinvolto in inchieste su camorra, rifiuti e politica. E la «bomba», per più di un azzurro che conta, starebbe per esplodere: deflagrante per il Pdl campano e non solo.
Tutto parte dalle rilevazioni dell'Espresso di un anno fa, secondo cui Cosentino sarebbe il referente politico più importante dell'Impero di Gomorra, retto dalla diarchia Schiavone-Bidognetti. Agli atti le accuse di quattro pentiti, contestate duramente dall'attuale sottosegretario, ma su cui gli inquirenti hanno lavorato negli ultimi mesi, raccogliendo prove e riscontri. Quelle più pesanti le ha rivolte Gaetano Vassallo, indicato come il «ministro dei rifiuti» del clan dei casalesi.
Ai pm Vassallo ha raccontato come Cosentino controllerebbe la società Eco-4 dei fratelli Orsi, il consorzio per la raccolta dei rifiuti infiltrato dalla camorra e gestirebbe pure la costruzione degli inceneritori, in accordo con Sandokan, il boss Francesco Schiavone attualmente in carcere, condannato a tre ergastoli per omicidio e associazione camorristica.
Della vicinanza tra Cosentino e Sandokan ha parlato anche un altro pentito, Domenico Frascogna. E soprattutto l'ha raccontata il cugino di Sandokan, Carmine Schiavone che fa risalire addirittura all'inizio degli anni ottanta i patti elettorali con i casalesi, quando Cosentino era socialdemocratico, nel senso di eletto nel Psdi. Da allora nel casertano l'attuale sottosegretario ha raccolto sempre una valanga di preferenze.
"Un quadro inquietante, al netto dell'esito delle indagini. Ma l'opportunità politica di una candidatura non cozza con il rispetto del garantismo. Le connessioni familiari di Cosentino non aiutano certo. Il fratello Giovanni è sposato con la figlia del boss, ora deceduto, Costantino Diana. Mentre un altro fratello, Mario, ha portato all'altare Mirella, la sorella di "Peppe 'u Padrino", il boss condannato all'ergastolo per associazione mafiosa e omicidio.
Non male come curriculum per diventare presidente della regione Campania.Forse però col pretesto del finto garantismo qualcuno nel Pdl ha semplicemente deciso di chiudere un occhio. E i suoi oppositori tutto sommato le barricate non le hanno fatte. Nemmeno Italo Bocchino, molto perplesso all'inizio. Poi, di fatto, ha alzato bandiera bianca. Misteri. Del resto di battaglie di principio contro i forti da quelle parti se ne fanno poche. E Cosentino è uno potentissimo.
Oltre a quelle relazioni pericolose che fanno sì che alle riunioni i suoi pavidi oppositori tacciono, il sottosegretario ha un impero economico: il gruppo di aziende che si occupa di carburante e che fa capo ai tre fratelli è una miniera d'oro.
Al limite del conflitto di interessi per uno che fa politica. Altra cosa che non fa gridare allo scandalo tra gli azzurri.
Per evitare che Mattino 5 mi insegua anche in bagno ribadisco la mia irresponsabilità sull'articolo

martedì 20 ottobre 2009

Concorso a 36 posti da dirigente al MEF - ricorso

Ricevo e pubblico dal coordinamento di Sindieconomia

Gentili colleghi molti di voi ci hanno chiesto una proroga per la firma del ricorso in oggetto, sarà possibile aderire al contenzioso fino 23 ottobre, tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 13.
Non lasciamoci sfuggire la possibilità di dire la nostra!

vi riassumiamo i motivi del contenzioso

Il bando contiene una serie di illegittimità che brevemente vi riassumiamo:
1) viene completamente disatteso il carattere di specialità che il concorso dovrebbe avere, in relazione alla valutazione dei titoli (DM 3/5/2006 e legge 248/05). Il concorso da titoli ed esami viene trasformato, di fatto, in un concorso per soli esami;
2) nell'ambito della valutazione dei titoli nessun peso è dato ai titoli professionali e di servizio; mentre viene valutato il servizio prestato da dirigente e addirittura i titoli accademici, manca completamente la valutazione del servizio prestato da C2 (F3) e da C3 (F4-F5);
3) manca la previsione di un concorso separato per coloro che possono vantare i 15 anni di servizio nella qualifica apicale della carriera direttiva che vengono sottoposti alla preselezione a quiz;
4) gli anni di servizio e le classi di lauree previste per l'accesso al concorso sono in contrasto con la normativa di riferimento;
5) la composizione della commissione d'esame è in contrasto con la normativa di riferimento.
Qualora ci fossero ulteriori motivi di ricorso vi preghiamo di segnalarceli

COORDINAMENTO SINDIECONOMIAVia XX Settembre 97 Scala B, IV piano00187 ROMA Tel. 06.47614805 – Fax 06.233208480e-mail :
sindi_economia@tin.it

domenica 18 ottobre 2009

Le primarie del PD

Un nostro collega, Andrea De Filippis, è candidato nella lista Semplicemente Democratici alle Primarie del PD per l'assemblea regionale nel collegio Roma Ostiense. Sosteniamo la sua lista per non vedere la nostra amministrazione distrutta dal ministro Brunetta.

lunedì 12 ottobre 2009

Statali, torna orario lungo per visite fiscali

da www.ilmessaggero.it

Per i dipendenti pubblici malati tornano le permanenze forzate in casa. Sarà nuovamente allungato l’orario di reperibilità per le visite fiscali. Quell’orario, cioè, che il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta aveva già una volta esteso praticamente all’intera giornata, ma che in seguito era stato riportato alla normale durata di sole quattro ore quotidiane (10-12 e 17-19).La decisione è stata sostanzialmente già presa, restano soltanto da definire le nuove “fasce orarie di reperibilità”. Che dovrebbero comunque comprendere non più di sei o sette ore nell’arco di una giornata.
L’ora d’aria. Tutto è cominciato nell’estate del 2008, quando furono introdotte una serie di misure contro l’assenteismo nel pubblico impiego. All’interno di un decreto (la manovra economica di Tremonti) Brunetta fece inserire un articolo in cui si penalizzavano i dipendenti in malattia con una trattenuta sullo stipendio. E sempre in quell’articolo fu previsto un nuovo regime per le visite fiscali: l’obbligo di farsi trovare a casa veniva indicato nelle fasce orarie 8-13 e 14-20. Ben undici ore di reperibilità, con soltanto un’ora di pausa che nel gergo della pubblica amministrazione fu subito ribattezzata “ora d’aria”.
La rivolta. Il nuovo orario provocò le proteste di tutti i sindacati. Anche della Cisl, che pure è sempre stata la confederazione più bendisposta verso le decisioni di Brunetta. L’argomento principale contro il regime dell’ora d’aria era: visto che si predica l’uguaglianza fra lavoro pubblico e lavoro privato, non è giusto che per i dipendenti delle amministrazioni si preveda un trattamento peggiore rispetto ai dipendenti delle imprese. E una volta tanto, le proteste furono ascoltate dal ministro: lo scorso maggio, parlando a un congresso della Cisl, Brunetta annunciò che l’ora d’aria sarebbe stata abrogata. Cosa che infatti è avvenuta a luglio, con una norma inserita all’interno del decreto anticrisi.
I dati sulle assenze. Alla fine dell’estate succede un fatto che Brunetta non aveva previsto. Ad agosto le rilevazioni sulle assenze (compiute come ogni mese dal Dipartimento Funzione pubblica) registrano per la prima volta un sensibile aumento dei giorni di lavoro persi per malattia. Certo, era prevedibile che il fenomeno del calo delle assenze cominciasse ad esaurirsi, anche perché ormai i confronti si cominciano a fare con i dati della seconda metà del 2008, cioè con i mesi in cui si era già rilevata una forte diminuzione delle malattie. Nessuno però si aspettava un aumento, e addirittura del 16,7%. Le segnalazioni giunte dagli uffici del personale di alcuni enti hanno fatto convinto il ministero che tutto sia dipeso dall’abolizione dell’ora d’aria.
Il nuovo decreto. Ecco perché adesso si pensa di riallungare l’orario delle visite fiscali. Nel decreto legislativo sul lavoro pubblico approvato dal Consiglio dei ministri venerdì scorso c’è una norma che dà a Brunetta il potere di decidere le fasce di reperibilità con un semplice atto ministeriale. Cosa che verrà fatta nei prossimi giorni. L’orientamento sarebbe comunque quello di non tornare alle undici ore fissate inizialmente con la norma sull’ora d’aria. Probabilmente ci si limiterà a sei o sette ore di reperibilità.
La Cisl. I sindacati ovviamente non accoglieranno con favore questo nuovo ripensamento. A cominciare dalla Cisl, che a suo tempo si attribuì il merito della marcia indietro sull’ora d’aria. Gianni Baratta, segretario confederale, lo fa sapere sin d’ora: «Io spero che questa cosa non si faccia. Sarebbe una misura sbagliata, proprio ora che invece dobbiamo concentrarci tutti quanti sull’applicazione delle riforme di Brunetta, sul miglioramento dei servizi e dell’efficienza. Allungare le fasce di reperibilità non aiuta nessuno, è solo un modo di rendere dispettoso il rapporto fra amministrazioni e lavoratori». Quanto poi alla ripresa delle assenze per malattia, Baratta contesta i dati: «Per parlare di assenze dovremmo aspettare i risultati delle rilevazioni ufficiali, quelle compiute annualmente dalla Ragioneria dello Stato. Ancora non conosciamo i dati del 2008, figuriamoci quelli del 2009. Queste rilevazioni che fa il Dipartimento Funzione pubblica si basano su un campione molto ristretto, e c’è il dubbio che vengano scelti soltanto i dati che danno un buon risultato, scartando gli altri».

mercoledì 7 ottobre 2009

La vergogna del Fondo Unico d'Amministrazione

Ricevo e pubblico dal Coordinamento MEF Sindieconomia
QUOTE FUA 2008: E’ ORA di FARE CHIAREZZA

Colleghi, in tanti ci avete interpellato (anche “a male parole”) per manifestare il vostro disappunto e sconforto (l’incazzatura è il termine più adatto) in relazione alle differenze negli importi da percepire a saldo del FUA 2008, asseconda dell’appartenenza all’uno o all’altro dipartimento centrale del Mef.
Molti di voi ci hanno anche addossato la responsabilità delle forti sperequazioni che si sono create tra i dipendenti dei diversi dipartimenti anche territoriali, dove, addirittura, in alcune sedi, fino a ieri in soppressione, il FUA raddoppia.
E’ ora di chiarire che i diversi criteri di riparto adottati nei Fondi di sede non sono tali da creare differenze così marcate tra dipendenti, nemmeno se appartenenti alle posizioni economiche estreme (prima ed ultima ad es.) o con elevate assenze dal servizio.
E’ ora di chiarire che le discriminazioni si sono prodotte perché nel riparto iniziale delle somme tra i diversi dipartimenti sono stati utilizzati i dati delle “piante organiche teoriche”, come da Contratto Integrativo di Amministrazione, risalente all’anno 2000 e che, tra l’altro, disponeva unicamente per gli anni 2000 e 2001, e non i dati dei presenti in servizio.
Per prassi, ed in assenza di specifica previsione contrattuale, il IV dipartimento ha continuato a dividere il FUA come nel 2000.
Eppure tutti gli anni l’amministrazione e le OO.SS. rappresentative stipulano l’accordo sul riparto iniziale delle somme FUA tra i diversi dipartimenti: perché non scrivere chiaramente quali dati utilizzare, dal momento che essi creano sperequazioni così gravi?
Il malcontento (come sopra “incazzatura”), infatti, è più che giustificato: la differenza, a pari posizione economica tra un dipendente della RGS ed un dipendente del IV dip ad es. (sulle sedi centrali di Roma) è del doppio (o della metà), è un intero stipendio, per non parlare della giungla prodottasi nelle sedi territoriali. Il risultato travolge ogni logica di razionalità e riorganizzazione, contrasta, ancora di più, con i principi sulla corretta gestione dei sistemi di premialità individuale e collettiva.
Erano davvero tutti disattenti al tavolo e non hanno verificato i dati? Nemmeno i rappresentanti -alta amministrazione- pure presenti- della RGS o del Tesoro?
Noi di sicuro non abbiamo potuto farlo perché esclusi dal tavolo contrattuale.
Ma negli anni precedenti, a tutti gli incontri nei quali veniva contrattata la suddivisione iniziale del FUA o anche di altre somme come quelle della c.d. cartolarizzazione, abbiamo sempre denunciato l’uso distorto che si stava facendo delle piante organiche teoriche e le discriminazioni che tale uso avrebbe comportato e che ha comportato anche nel passato.
Discriminazioni che ora sono davanti agli occhi di tutti con il loro carico di responsabilità e vergogna!

Siamo riusciti a cambiare le cose sul tavolo contrattuale della c.d. cartolarizzazione 2007, il cui accordo, su nostra richiesta, fa esplicito riferimento al riparto sulla base delle piante organiche di fatto, ai presenti in servizio.
Colleghi sappiamo bene che “il noi lo avevamo detto” non serve a niente! Dobbiamo piuttosto creare in tutti i colleghi appartenenti ai diversi dipartimenti la consapevolezza di quanto sia sbagliato e arbitrario l’uso dei dati della pianta organica teorica piuttosto che i dati dei presenti in servizio.
Questi i motivi:
- non è vero che essa rispecchia le effettive carenze organiche perché l’ultima volta che fu rimodulata sui carichi di lavoro risale agli inizi degli anni ’90; in seguito è stata strumentalmente utilizzata, con il 10 aprile DPCM 2001, ad uso e consumo delle riqualificazioni, (ve le ricordate tutte le denunce sulla famosa pianta organica ad imbuto?); a seguire tutti i tagli imposti, negli anni successivi, da finanziarie e altro sono stati fatti a tavolino, spalmando percentuali di taglio nel migliore dei casi, senza mai verificare le effettive esigenze degli uffici, senza scontare la necessaria differenzazione tra uffici operativi e uffici di supporto;
- non si giustifica l’uso delle piante organiche teoriche proprio perché esse sono inattendibili circa le reali esigenze degli uffici;
- non è affatto dimostrato, pertanto, che negli uffici con maggiori carenze negli organici di diritto si sia lavorato più intensamente a parità di ore di lavoro prestate;
- tutti noi sappiamo bene che gli aumenti contrattuali che rimpinguano il FUA non sono certo stanziati in base agli organici di diritto!
Per chi è anche in male fede, e ben sapeva cosa sarebbe successo, diciamo: è ora di finirla con i giochetti, con l’uso oscuro e strumentale dei dati (organici di diritto e organici di fatto) che non trovano più alcuna giustificazione teorica se non quella di perpetuare una rendita di posizione da parte di coloro che per puro caso si trovano a lavorare presso sedi (magari in soppressione) dotate di organici di diritto pletorici che non hanno alcuna correlazione con la realtà del servizio.
Chiediamo che “l’accordo che non c’è” venga ristipulato alla luce delle forti sperequazioni che i criteri adottati nella liquidazione delle somme producono.
L’Amministrazione ha il dovere di riconvocare il tavolo contrattuale per un ripensamento su tutta la problematica.
Siamo orgogliosi di poter uscire dal coro- senza voce delle OO.SS. tutte, che in questo momento si preoccupano del ritardo nei pagamenti!
Non ci provate nemmeno a paventare ritardi di mesi ed anni credendo di poterci prendere per fame: sappiamo capire dove stanno le responsabilità e cosa sia giusto fare per rimediare ad errori e superficialità!
Colleghi credono di poterci muovere l’uno contro l’altro, ancora con il “dividi et impera”.
Colleghi ovunque siate in servizio manifestate il vostro dissenso contro questa sciagurata gestione del FUA.

lunedì 5 ottobre 2009

Licenziamenti automatici per gli statali assenteisti

Da www.ilsole24ore.com

Il primo capitolo della riforma Brunetta ad entrare in vigore sarà il nuovo sistema disciplinare dei dipendenti pubblici.

Il decreto riporta in ambito legislativo un tema negli ultimi anni lasciato prevalentemente alla contrattazione, introduce nuove sanzioni per nuovi comportamenti censurabili e inasprisce le punizioni già previste dalle regole attuali.

Dimezzati, poi, i termini per arrivare alla sanzione, mentre si introduce la regola generale della non sospensione di procedimenti disciplinari quando questi siano legati a processi penali.Nella fase transitoria convivono entrambe le discipline.

In pratica i fatti avvenuti dopo l'entrata in vigore del decreto (15 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) dovranno essere contestati secondo le nuove tipologie; i fatti contestati prima dell'entrata in vigore seguono la disciplina in cui si sono verificati.

Ai fatti avvenuti prima, ma contestati dopo l'entrata in vigore, si applicano i nuovi termini e il nuovo iter, ma rimangono le vecchie sanzioni perché più favorevoli.

Le novità più eclatanti arrivano in tema di assenze ingiustificate e per malattia.

Fino ad oggi l'assenza ingiustificata dal servizio comportava l'applicazione di sanzioni crescenti in rapporto alla sua durata, in base a una serie di norme tutte abrogate dalla nuova disciplina.

Con la riforma, in caso di assenza ingiustificata per più di tre giorni anche non consecutivi in un biennio, o di sette giorni negli ultimi dieci anni, o infine di rifiuto di riprendere il lavoro nei termini prefissati, è previsto il licenziamento.

Dalla lettura della norma, sembra che il conteggio dei giorni vada fatto retroattivamente, e che quindi possano concorrere a far maturare la sanzione anche i giorni già maturati se a suo tempo non sono stati contestati e sanzionati.

Il dipendente che timbra il cartellino e poi esce per motivi personali sarà licenziato in tronco: in questo caso, basta una sola assenza per chiudere il rapporto.

Una volta accertato il fatto, l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari non ha alcun potere discrezionale, perché non si prevede nessuna circostanza "attentuante" in grado di ridurre la sanzione.
Delicata l'ipotesi introdotta in caso di insufficiente rendimento.

Occorrerà modificare i sistemi di valutazione della prestazione, inserendo parametri oggettivi e predeterminati, per poter stabilire quale grado di rendimento debba considerarsi insufficiente per almeno due anni e, di conseguenza, condurre al licenziamento.

Il nuovo codice disciplinare introdotto con la riforma del pubblico impiego non si limita comunque al licenziamento dei dipendenti assenteisti, ma mette in campo una ricca serie di sanzioni di varia gravità a seconda dei fatti messi nel mirino.

Se violando obblighi lavorativi stabiliti da leggi, regolamenti, contratti o codici di comportamento un dipendente provoca la condanna dell'amministrazione di appartenenza al risarcimento di un danno, è prevista la sospensione da un minimo di tre giorni a un massimo di tre mesi, per un arco di tempo variabile in base all'entità del risarcimento.

Con la sospensione dal servizio fino a tre mesi viene invece sanzionato il dirigente o il responsabile di posizione organizzativa che si macchia di inerzia o sottovalutazione degli elementi che costituiscono un comportamento illecito del collaboratore. La sanzione comporta, solo per chi ha qualifica dirigenziale, anche la decurtazione dell'indennità di risultato del dirigente, per un tempo pari al doppio della sospensione.

La durata della sospensione in questi casi è legata alla gravità dell'illecito disciplinare che si sarebbe dovuto avviare o per il quale si sia lasciato scadere anche uno solo dei termini, oggi dichiarati tutti a pena di decadenza. Il rifiuto o l'omissione di collaborazione in un procedimento a carico di un lavoratore della stessa o di altra amministrazione comporta la sospensione fino a 15 giorni.

Queste ultime tipologie sanzionatorie potrebbero comportare un problema di individuazione della competenza del titolare dell'azione disciplinare, ma si propende per l'attribuzione in ogni caso all'ufficio disciplinare, dato che la sanzione massima teoricamente applicabile eccede la competenza del dirigente e può venire oggettivamente determinata solo all'esito del procedimento stesso.

PS: ho l'impressione che sia incostituzionale!!

venerdì 2 ottobre 2009

management Notebook 24

Al via "MANAGEMENT NOTEBOOK24", un ciclo di articoli firmati da penne autorevoli in materia di impresa e management: docenti universitari, consulenti di alto livello e manager d'azienda forniranno preziosi spunti e sintesi su temi di attualità aziendale e manageriale arricchendo, ogni mercoledì, con il loro contributo, la pagina di MANAGEMENT del Portale Professionisti24.
Parte prima - La definizione di Management dell'enciclopedia virtuale Wikipedia è al tempo stesso sintetica e spiazzante nella sua completezza.
Con management si può intendere il processo di definizione degli obiettivi di un'azienda (sia essa pubblica o privata) e di guida della gestione aziendale verso il perseguimento di tali obiettivi, attraverso l'assunzione di decisioni sull'impiego delle risorse disponibili e, in particolare, delle risorse umane.
Il termine "azienda pubblica" può essere sicuramente esteso a tutta la pubblica amministrazione. La differenza peculiare tra l'ambito privato e quello pubblico sta probabilmente nella motivazione al management.
Mentre nel primo caso siamo di fronte a scelte quasi spontanee per chi vuole raggiungere un obiettivo (lo scopo di lucro, l'utile, l'affermazione sul mercato, ecc.) nel secondo caso la gestione è stabilita da interventi costanti e ripetuti del legislatore.
Spesso, nella pubblica amministrazione, il management è frutto di obblighi normativi piuttosto che di valutazioni economico-strategiche.
L'imprenditore sa che, inevitabilmente, per realizzare la propria opera deve individuare obiettivi, utilizzare le risorse al meglio, puntare sull'attività lavorativa sua e dei propri collaboratori. La gestione pubblica ha invece bisogno di uno spunto aggiuntivo, uno stimolo capace di creare il valore aggiunto: il rispetto della legge.
Da ciò non possiamo distogliere l'attenzione. L'attore del management nel mondo pubblico deve innanzitutto conoscere le regole del gioco che non sono quelle che si basano sull'utile finale, bensì sullo scopo di soddisfacimento del bisogno dei cittadini con il miglior impiego dei fattori produttivi nell'impronta dell'efficienza e dell'efficacia.
Ed è proprio in tale direzione che lo scambio tra privato e pubblico acquista i maggiori livelli di opportunità e condivisione gestionale-operativa.
La pubblica amministrazione è spesso definita come una "macchina". Termine alquanto corretto soprattutto quando pensiamo al carburante che la fa funzionare: non basta la volontà, serve un'impostazione di base fornita da una legge.
Come vediamo la materia è molto complessa. Le forti motivazioni che comunque debbono contraddistinguere tutti gli attori (manager), devono essere innanzitutto indirizzate a conoscere nel dettaglio il sistema in cui ci si può e deve muovere. Legge, organizzazione, spirito imprenditoriale devono andare a braccetto per garantire risultati migliori per la comunità amministrata sia locale che di ampio raggio.
L'ulteriore dibattito si sposta poi sul conducente: chi guida la macchina pubblica? Il politico di turno o il responsabile della gestione?
Si tratta della cosiddetta separazione dei poteri che negli ultimi decenni è stata affrontata, a volte con successo a volte con maggiori problemi, da parte dei diversi legislatori che si sono succeduti.
In questi approfondimenti cercheremo, passo dopo passo, di fornire le basi del management nella pubblica amministrazione con particolare attenzione anche a quei soggetti che sono chiamati a gestire la prima linea nel garantire i servizi ai cittadini ovvero gli enti locali e le regioni.
Tutto quanto contenuto nella definizione di apertura è già stato codificato. Gli obiettivi vengono definiti in appositi documenti (Piano esecutivo di gestione, Piano degli obiettivi, Piano della performance, ecc.); le risorse strumentali sono elencate e quantificate negli inventari, nei patrimoni, nei rendiconti; il fabbisogno di risorse umane viene definito nelle dotazioni organiche dei singoli enti della pubblica amministrazione.
Accanto alle norme che hanno disciplinato gli aspetti programmatori non sono poi mancate le disposizioni destinate al controllo successivo, al feedback. Analizzeremo quindi gli strumenti dei cosiddetti controlli interni e, in casi specifici, di eventuali controlli da parte di soggetti esterni incaricati di monitorare alcune fasi della gestione pubblica.

*Dott. Gianluca Bertagna, responsabile di settore di ente locale, formatore e consulente per la pubblica amministrazione, collaboratore de "Il Sole 24 Ore" e di "Guida al Pubblico Impiego - Il Sole 24 Ore".

giovedì 1 ottobre 2009

Le definizioni nei testi legislativi

Ho dei dubbi su una interpretazione data dal nostro Ispettorato Generale di Finanza sul valore di una definizione presente nell'articolo 1 di un DPR.
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La nota inviata al IV dipartimento si può leggere:
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.......si rende necessaria una breve digressione di ordine interpretativo, volta ad evidenziare come, secondo un consolidato orientamento ermeneutico, le disposizioni che recano definizioni esercitano, all’interno dei testi normativi che le contengono, una forza, per così dire, affievolita, dal momento che assumono un valore ‘enunciativo’ e non necessariamenteprecettistico.
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Ammetto che non conosco il consolidato orientamento ermeneutico ma credo che se nel primo articolo di una legge viene data una definizione, significa che il legislatore ha voluto esprimere la sua interpretazione originale alla parola in questione.
Affermare ora che quella definizione ha un valore enunciativo e non precettistico mi sembra non molto corretto.
Che ne dite colleghi?