lunedì 27 settembre 2010

Soppressione prospetto A

Circolare del 17 settembre 2010, n. 33 del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato


Al fine di rendere più completo il Conto generale del patrimonio dello Stato, con la Circolare n. 6 – prot. 104279 - del 26 gennaio 1994 furono diramate apposite istruzioni per la compilazione, a cura dei revisori dei conti, del prospetto “A” concernente la consistenza e variazioni dei beni patrimoniali di proprietà degli Istituti scolastici ad ordinamento autonomo dotati di personalità giuridica (Istituti Tecnici, Professionali e d’Arte).

I valori dei beni patrimoniali raccolti attraverso il prospetto “A” avrebbero dovuto trovare corrispondenza in un apposito allegato al Conto generale del patrimonio dello Stato; tali dati, una volta trasmessi agli uffici riscontranti territorialmente competenti e, in un secondo momento, acquisiti a livello centrale, hanno consentito, convenientemente elaborati e trattati, lo sviluppo di analisi e studi sull’evoluzione e sulla composizione del patrimonio appartenente ai predetti Istituti.
Tale forma di conoscenza, per altri versi, costituisce uno strumento idoneo per dare maggiore consistenza alla funzione istituzionale di vigilanza sulle pubbliche amministrazioni nel settore finanziario e contabile attribuita al Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato – RGS dalla normativa vigente (cfr. articolo 3 della legge 26 luglio 1939, n. 1037, e articolo 2 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286).
Successivamente, a seguito dell’attribuzione della personalità giuridica alle Istituzioni scolastiche – a norma dell’articolo 21, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e dell’articolo 2, del D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233 – le istruzioni della richiamata circolare n. 6/RGS del 1994 sono state sostanzialmente confermate ed estese a tutta la platea delle Istituzioni interessate (circolare del Ministero della Pubblica Istruzione del 10 novembre 2000, n. 253; circolare del 20 gennaio 2003, n. 3/RGS, che reca in allegato il Prospetto “A” in uso).
Al fine di consentire le cennate operazioni di elaborazione contabile, il termine per la presentazione del Prospetto “A” alle Ragionerie Territoriali dello Stato, originariamente individuato al 31 marzo, è stato di recente prorogato al 30 aprile di ogni anno (circolare del 18 settembre 2008, n. 26/RGS), mentre il successivo inserimento dei dati patrimoniali al Sistema Informativo della Ragioneria Generale dello Stato - SIRGS è stato, da ultimo, stabilito al 30 luglio 2010 (nota n. 5213, trasmessa per posta elettronica il 21 gennaio 2010, avente ad oggetto l’esercizio finanziario 2009).

1. I DATI PATRIMONIALI DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE
In via preliminare, giova ricordare come, al fine di rendere più efficace ed efficiente l’attività di vigilanza amministrativo-contabile, è stato realizzato il sistema informativo “Athena 2” volto a supportare l’attività di revisione e a standardizzare l’acquisizione dei dati relativi alle Istituzioni scolastiche ove tale attività viene svolta.
Pertanto, l’applicativo “Athena 2” – istituito anche per finalità di monitoraggio e controllo della spesa pubblica relativa al settore “Istruzione” e per l’analisi dei fenomeni gestionali riguardanti le scuole statali – attraverso la verbalizzazione dell’attività di revisione espletata dai revisori dei conti nominati ai sensi dell’articolo 1, comma 616, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, consente, tra l’altro, l’acquisizione di dati finanziari, economici e patrimoniali delle Istituzioni scolastiche.
Tra gli elementi più significativi oggetto di rilevazione figurano i dati afferenti agli aspetti patrimoniali (prospetto dell’attivo del “modello K – Conto del patrimonio”), anche se esposti secondo una classificazione non immediatamente riconducibile a quella rappresentata nel Prospetto “A”, la quale risulta, per certi versi, più dettagliata, ma, per altri, meno completa (ad esempio, non sono oggetto di rilevazione le immobilizzazioni immateriali).
Il nuovo contesto delineatosi ha fatto emergere l’esigenza di svolgere un approfondimento sulle modalità di acquisizione dei dati patrimoniali in discorso e di analizzare i procedimenti seguiti, con l’obiettivo di pervenire ad una loro semplificazione – anche per dare concreta attuazione alla normativa sopravvenuta, in particolare, all’articolo 27, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e all’articolo 32, della legge 18 giugno 2009, n. 69, rubricati, rispettivamente, “Taglia-carta” ed “Eliminazione degli sprechi relativi al mantenimento di documenti in forma cartacea” – nonché di ridurre i costi amministrativi di funzionamento, mostrando, nel contempo, un maggior rispetto per l’ambiente (annualmente, sono presentati alle Ragionerie Territoriali dello Stato circa 11.000 modelli Prospetto “A”, in massima parte ancora su supporto cartaceo e spediti, non infrequentemente, a mezzo servizio postale).

2. SOPPRESSIONE DEL PROSPETTO “A”
In virtù di quanto sopra esposto, gli approfondimenti condotti hanno messo in evidenza che taluni elementi raccolti con il Prospetto “A” possono ritenersi superati, anche a seguito della diffusione della classificazione SEC 95 (Regolamento n. 2223/96 del Consiglio del 25 giugno 1996 relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali della Comunità), ancorché attualmente obbligatoria per le sole Amministrazioni centrali dello Stato; inoltre, si è constatato che attraverso apposite procedure informatiche è possibile ricavare i dati patrimoniali delle Istituzioni scolastiche, utilizzando allo scopo le risultanze presenti nell’applicativo “Athena 2”.
Ciò posto, alla luce delle considerazioni svolte, stante il compito istituzionale di vigilanza generale sulla finanza pubblica affidato alla RGS – rafforzato recentemente dalla legge 31 dicembre 2009, n. 196, concernente la riforma della legge di contabilità e finanza pubblica – nelle more della realizzazione di strumenti di analisi di più ampio raggio e preso atto delle circostanze che hanno progressivamente ridotto l’importanza dei dati veicolati dal Prospetto “A”, si dispone, in coerenza alle esigenze di semplificazione amministrativa, la soppressione dell’obbligo di compilare e trasmettere il menzionato Prospetto “A”, a partire dal conto consuntivo dell’esercizio finanziario 2010.
Pertanto, devono ritenersi superate le relative disposizioni contenute nella circolare n. 6/RGS del 1994 e nelle successive specifiche istruzioni diramate in materia con le citate circolari n. 3/RGS del 2003 e n. 26/RGS del 2008.

3. NOTAZIONI CONCLUSIVE
La soppressione della compilazione e trasmissione del Prospetto “A”, pertanto, rafforza ulteriormente la centralità della rilevazione dei dati patrimoniali effettuata in occasione della verbalizzazione concernente l’esame del conto consuntivo, per cui si richiama l’attenzione dei revisori dei conti in rappresentanza del Ministero dell’economia e delle finanze sulla necessità di inserire correttamente i dati di cui trattasi nell’apposito modulo dell’applicativo “Athena 2” concernente il “Modello K – Conto del patrimonio”, una volta effettuati, ovviamente, i prescritti riscontri (in proposito, a titolo esemplificativo, si rimanda all’elenco dei principali controlli di cui all’allegato n. 1 della circolare n. 26/RGS del 2008).
Infine, si fa presente che la soppressione del Prospetto “A” non influenza minimamente gli aspetti gestionali e la tenuta delle scritture contabili afferenti ai beni, immobili e mobili, appartenenti alle Istituzioni scolastiche, alle quali, peraltro, non è direttamente applicabile, come noto, la disciplina recata dal D.P.R. 4 settembre 2002, n. 254, riguardante le gestioni dei consegnatari e dei cassieri delle Amministrazioni dello Stato, valendo per le medesime Istituzioni le prescrizioni di cui al Regolamento concernente le ”Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche” emanato con decreto interministeriale 1° febbraio 2001, n. 44.
Si confida nella consueta e fattiva collaborazione.
Il Ragioniere Generale dello Stato

lunedì 20 settembre 2010

Istruzioni amministrativo-contabili per le istituzioni oggetto di dimensionamento.

Nota tecnica riferita alla nota M.I.U.R. prot. n. 8409 del 30 luglio 2010


Le Istituzioni scolastiche, per quanto attiene all’amministrazione ed alla gestione del bilancio e dei beni, provvedono in conformità a quanto stabilito dal Regolamento di contabilità DM n. 44 del 1 febbraio 2001.
Le Istituzioni Scolastiche coinvolte dal processo di dimensionamento sono tenute a porre in essere una serie di adempimenti di carattere amministrativo-contabile, diversificati a seconda degli effetti che il processo di dimensionamento produce sulla relativa configurazione giuridica.
Ciò premesso si ravvisa l’esigenza di specificare le indicazioni in ordine ai suddetti adempimenti amministativo-contabili a carico delle istituzioni scolastiche.
Esclusioni
La chiusura della contabilità non dovrà essere disposta nel caso in cui una scuola oggetto di dimensionamento non muti la propria configurazione giuridica, a seguito di modifica dimensionale per incremento o per cessione di plessi o sezioni mantenendo il medesimo codice meccanografico.

Istituzioni cessate
Chiusura della contabilità finanziaria
Le operazioni di chiusura della contabilità finanziaria riguardano tutte le istituzioni scolastiche interessate dal processo di unificazione e che, pertanto, confluiscono in una nuova entità scolastica autonoma e dotata di personalità giuridica.
Conseguentemente, ai fini della chiusura della contabilità, comprendente tutti gli aspetti della gestione, finanziaria e patrimoniale, le istituzioni cessanti, che cessano di esistere a partire dal 31 agosto, debbono provvedere ai seguenti adempimenti:
1. Chiusura del registro delle minute spese mediante versamento dell’ammontare dell’anticipazione del fondo per minute spese;
2. chiusura del c/c postale e versamento della disponibilità residua sul proprio c/c bancario;
3. richiamo dei mandati e delle reversali non estinti alla data del 31 agosto e relativo annullamento per la successiva riemissione da parte dell’Istituto subentrante; Di tale operazione deve esserne data informazione ai rispettivi creditori e debitori con l’indicazione dell’istituto subentrante;
4. trasferimento dei fondi alla scuola subentrante mediante comunicazione all’istituto cassiere ;
5. chiusura del c/c bancario e trasferimento dei saldi di cassa sul c/c bancario della scuola che accorpa l’Istituzione cessante. La scuola che riceve i conferimenti, se di nuova istituzione, nelle more della stipula di una nuova convenzione di cassa e al fine di evitare interruzioni del servizio, al 1° settembre deve curare che presso l’istituto cassiere sia aperto un nuovo conto corrente;
6. individuazione dei residui attivi e passivi al 31 agosto ed adozione di delibera di radiazione dei crediti e dei debiti riconosciuti, rispettivamente, assolutamente inesigibili o da non dover pagare;
7. chiusura del registro inventario, previa ricognizione, rivalutazione ed eventuali dismissioni patrimoniali.
8. definizione e chiusura delle posizioni fiscali, previdenziali e tributarie;
9. cessione, alla istituenda o accorpante Istituzione scolastica, di eventuali contratti in essere, tra i quali quelli relativi ai servizi di pulizia mediante impiego di lavoratori ex LSU, CO.CO.CO. o altro;
10. predisposizione del conto consuntivo concernente il periodo 1 gennaio 31 agosto da approvare da parte del Consiglio d’istituto previa acquisizione del parere dei Revisori dei Conti in essere al 31 agosto. Poiché il C. I. decade al 31 agosto, si ritiene che tale adempimento possa essere successivamente assicurato da parte di un commissario straordinario che verrà nominato dall’USR competente.
11. passaggio di consegne dei beni patrimoniali tra i dd.ss.gg.aa. delle scuole coinvolte;
12. Invio di tutti i registri amministrativi e contabili all’istituto subentrante, a cui seguiranno beni e archivio cartaceo e back up completo.

Adempimenti delle istituzioni scolastiche che cedono sezioni staccate, sedi coordinate, plessi
Casi particolari
 In caso di cessione di sezioni staccate o plessi a scuole diverse, l’istituto cedente deve effettuare la ripartizione delle risorse finanziarie e delle spese di cui ai precedenti punti 4 e 6 nel modo seguente:
  • Ripartisce l’ammontare delle risorse finanziarie relative al personale in base alle consistenza dell’organico di diritto del personale delle sedi cedute.
  • Ripartisce i fondi relativi al funzionamento in base alla consistenza degli alunni dell’organico di diritto degli alunni delle sedi cedute.
  • Ripartisce i fondi relativi alle assegnazioni dei finanziamenti per le spese di pulizia relative ai plessi o alle sedi cedute in funzione della quota del contratto in essere riferito alle sedi cedute.
  • Per quanto riguarda i residui passivi dovrà essere fatto riferimento ai medesimi criteri utilizzati per le risorse finanziarie.

 In caso di cessione di sezioni staccate o plessi a scuole diverse, l’istituto cedente deve effettuare il trasferimento dei beni patrimoniali di cui al precedente punto 11 nel modo seguente:
Ripartisce i beni patrimoniali in base alla dislocazione fisica dei beni stessi salvaguardando la specificità degli indirizzi di studio di ciascuna scuola.

istituzioni scolastiche di nuova istituzione
Adempimenti delle istituzioni scolastiche di nuova istituzione
Nel caso in cui, per effetto del dimensionamento, nasca una nuova istituzione scolastica derivante
dall’unificazione di più scuole preesistenti, e quindi la scuola abbia una nuova configurazione giuridica, gli adempimenti da porre in essere, a decorrere dal 1° settembre, saranno i seguenti:
 curare la stipula di una nuova convenzione di cassa (preferibilmente presso una delle banche delle scuole cessanti);
 subentrare nella gestione e firma di tutti gli atti amministrativi e contabili necessari alla definizione dei rapporti contrattuali instaurati dalle scuole cessate;
 richiedere l’apertura di nuove posizioni fiscali, previdenziali e tributarie;
 adottare il nuovo codice meccanografico assegnato dal SIDI; richiedere l’aggiornamento dell’indirizzo di posta elettronica – a tal fine si richiama la C.M. prot. n. 1818 del 16 luglio 2009, rinvenibile sulla Intranet del MIUR;
 registrare in SIDI / rete scolastica / Patrimonio Immobiliare Scolastico / Anagrafe delle scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di I grado o Anagrafe delle Scuole Secondarie di II Grado la denominazione e l’indirizzo completo del nuovo istituto scolastico;
 registrare in SIDI / rete scolastica / Patrimonio Immobiliare Scolastico / Gestione Coordinate Bancarie i riferimenti delle nuove coordinate bancarie IBAN intestate all’istituto scolastico;
 inizializzare l’esercizio finanziario nel sistema contabile per attivare ex novo tutte le scritture contabili;
 predisporre il Programma annuale dell’anno in corso, comprendendo il periodo 1° settembre 2009 - 31 dicembre 2010, tenendo conto che i versamenti delle scuole soppresse costituiranno entrate di competenza nei pertinenti aggregati secondo la destinazione di derivazione;
 iscrivere in bilancio:
  • registrare i residui attivi (crediti) delle scuole cessate nelle pertinenti voci di entrata (finanziamenti MIUR – finanziamenti Enti locali – finanziamenti privati - ecc.) in conto competenza, ma mantenendone la data di assunzione originaria, applicando una opportuna riclassificazione degli stessi;
  • registrare i residui passivi (debiti) delle scuole cessate nei pertinenti aggregati di spesa associandoli agli aggregati da A1 ad A5 ed ai progetti in base alla finalità della spesa se non optato per uno progetto riepilogativo, in conto competenza, ma mantenendone la data di assunzione originaria, applicando una opportuna riclassificazione degli stessi;
  • ripartire i residui attivi registrati tra i Progetti / Attività inseriti nel Programma Annuale;
  • registrare il fondo cassa proveniente dalle scuole cessate tra le entrate, all’aggregato 07/04 “altre entrate/diverse”, emettendo una reversale;
 prendere in carico tutti i beni patrimoniali ceduti dalle scuole soppresse, mediante ricognizione degli stessi in contraddittorio tra cedente e subentrante e conseguente stesura di apposito verbale di passaggio di consegna tra i dd.ss.gg.aa. interessati;
 impiantare un nuovo registro degli inventari;

Gestione quadrimestre: 1°settembre – 31 dicembre.
Fermi restando tutti gli adempimenti più sopra indicati per l’avvio della gestione e l’impianto della contabilità dal 1° settembre, ciascuna istituzione scolastica dovrà comprendere le entrate e le spese relative al quadrimestre settembre-dicembre nei movimenti riferiti all’esercizio finanziario dell’anno stesso, che comprenderà, pertanto, quattro mesi di attività.
A tal proposito l’istituto predisporrà un Programma annuale semplificato articolando le risorse finanziarie come di consueto e impostando le spese sulle attività e senza prevedere necessariamente progetti specifici raggruppando le relative somme in un unico Progetto denominato “Progetti residuali ex Scuola/Istituto………..”.

Convenzione per il servizio di cassa
In ogni caso, al fine di evitare interruzioni del servizio di cassa, la scuola subentrante, ancorché derivante da una scuola preesistente, al 1° settembre deve curare che presso l’istituto cassiere - la cui individuazione è di competenza del dirigente scolastico - sia aperto un nuovo conto corrente, sul quale bisogna operare e fare confluire, anche tutti i conferimenti delle scuole cessate.
E’ opportuno che la scelta dell’istituto cassiere, almeno nella prima fase di avvio della nuova gestione amministrativo-contabile, cada sull’istituto che gestisce il servizio per conto di una delle istituzioni scolastiche cessate. Ciò, al fine di non incorrere in possibili ritardi connessi con la stipula di una nuova convenzione di cassa. L’istituto provvederà a bandire una nuova gara per l’assegnazione del servizio successivamente all’entrata in funzione del nuovo consiglio d’istituto.

Trasferimento di gestione tra consegnatari: verbale di consegna.
Ai sensi dell’art. 24, comma 8 del D.I. n° 44/2001, “quando il direttore cessa dal suo ufficio, il passaggio di consegne avviene mediante ricognizione materiale dei beni in contraddittorio con il
consegnatario subentrante, in presenza del dirigente e del presidente del Consiglio di istituto.
L'operazione deve risultare da apposito verbale”.
Pertanto, nel caso in questione, il Direttore dei Servizi Generali ed Amministrativi cessante effettuerà la ricognizione dei beni con l’intervento del consegnatario subentrante. Di tale operazione deve essere redatto apposito verbale sottoscritto da parte di tutti gli interessati e conservato agli atti della scuola.

Adempimenti per i revisori dei conti
Come indicato nel paragrafo 2.9 della Circolare MEF RGS n. 30 del 1/07/2004 concernente “Vademecum per la revisione amministrativo-contabile negli enti pubblici”, “Il Collegio in carica nel momento in cui un Ente od organismo pubblico muta significativamente la propria natura giuridica, curerà la revisione di un bilancio di chiusura riferito alla data in cui avviene il mutamento significativo in rassegna, al fine di definire compiutamente gli aspetti economicofinanziari della azienda pubblica all’atto del mutamento medesimo.”
Pertanto, Il conto consuntivo riferito al 31 agosto delle istituzioni soppresse deve essere sottoposto al parere dei revisori dei conti in carica alla data di cessazione della scuola, anche se questi cessano dall’incarico. Nel caso in cui le istituzioni scolastiche soppresse abbiano conti consuntivi degli anni precedenti sui quali non sia stato espresso il parere da parte dei revisori, questi ultimi sono tenuti ad esaminarli entro il più breve tempo possibile.
Si segnala, in proposito, la necessità di provvedere all’espletamento di tale adempimento nel breve termine.
L’istituzione scolastica capofila dell’ambito presso cui era inserita la scuola cessata corrisponde il rimborso delle sole spese sostenute dai revisori dei conti.
Nel caso in cui la scuola capofila sia anche essa cessata il rimborso verrà garantito dalla scuola aggregante la scuola capofila cessata.

Organi collegiali dell’istituzione
In caso di dimensionamento si applicano le disposizioni degli articoli 1 e 2 della Ordinanza Ministeriale 17 giugno 1998, n. 277 che stabilisce che i Consigli di Istituto in carica nelle scuole coinvolte nei processi di dimensionamento, decadono al 31 agosto.
Nelle more dell’elezione dei nuovi organi collegiali, nelle scuole di nuova istituzione, viene nominato un Commissario Straordinario ex art. 9 D.I. 28/5/75, il cui incarico verrà conferito, su segnalazione del Dirigente dell’Istituzione scolastica, dal competente Ufficio Scolastico Regionale.
Si precisa che il Commissario straordinario ha i poteri in materia amministrativo finanziaria spettanti all’organo decaduto, con esclusione di qualsiasi attribuzione didattica organizzativa e che per tale incarico allo stesso non compete alcun compenso,
La procedura sopra descritta non si applica nelle scuole che conservano la propria configurazione giuridica come previsto dall’art. 1, comma 7 della citata OM, nelle quali in attesa delle elezioni, rimane in carica il Consiglio uscente, con, qualora si rendesse necessaria, la surroga di alcuni componenti.

istituzioni scolastiche esistenti
Adempimenti delle istituzioni scolastiche che acquisiscano sezioni staccate, sedi coordinate, plessi
Nel caso in cui, per effetto del dimensionamento, l' istituzione scolastica continui a sussistere acquisendo o perdendo un plesso, gli adempimenti da porre in essere, a decorrere dal 1° settembre, saranno i seguenti:
 modifcare il Programma annuale dell’anno in corso, tenendo conto che i versamenti delle scuole cedenti costituiranno entrate nei pertinenti aggregati secondo la destinazione di derivazione;
 iscrivere in bilancio:
  • registrare gli accertamenti delle scuole cedenti nelle pertinenti voci di entrata (finanziamenti MIUR – finanziamenti Enti locali – finanziamenti privati - ecc.) in conto competenza, mantenendone la data di assunzione originaria, applicando una opportuna riclassificazione degli stessi;
  • registrare gli impegni (debiti) delle scuole cedenti nei pertinenti aggregati di spesa associandoli agli aggregati da A1 ad A5 ed ai progetti in base alla finalità della spesa se non optato per uno progetto riepilogativo, in conto competenza, mantenendone la data di assunzione originaria, applicando una opportuna riclassificazione degli stessi;
  • registrare i residui attivi (crediti) delle scuole cedenti nelle pertinenti voci di entrata (finanziamenti MIUR – finanziamenti Enti locali – finanziamenti privati - ecc.) in conto residui, mantenendone anno di provenienza e data di assunzione originaria, applicando una opportuna riclassificazione degli stessi;
  • registrare i residui passivi (debiti) delle scuole cedenti nei pertinenti aggregati di spesa associandoli agli aggregati da A1 ad A5 ed ai progetti in base alla finalità della spesa se non optato per uno progetto riepilogativo, in conto residui, mantenendone anno di provenienza e data di assunzione originaria, applicando una opportuna riclassificazione degli stessi;
 ripartire le entrate registrate tra i Progetti / Attività inserite nel Programma Annuale;
 registrare il fondo cassa proveniente dalle scuole cessate tra le entrate, all’aggregato 07/04 “altre entrate/diverse”, emettendo una reversale;
 prendere in carico tutti i beni patrimoniali ceduti dalle scuole cedenti, mediante ricognizione degli stessi in contraddittorio tra cedente e subentrante e conseguente stesura di apposito verbale di passaggio di consegna tra i dd.ss.gg.aa. interessati;
 aggiornare il registro degli inventari;


Potete richiedere copia della nota a notiziedalmef@gmail.com

martedì 14 settembre 2010

La politica degli slogan sui dipendenti pubblici

articolo di Luigi Oliveri su Lavoce.info 14.09.2010

La manovra economica dell'estate 2010 rivela ancora una volta le incoerenze del legislatore nel tentativo di riorganizzare e dare efficienza all'amministrazione pubblica. Almeno tre aspetti della manovra sono in evidente contrasto con la riforma Brunetta, entrata in vigore nemmeno un anno fa. Rimborsi negati a chi utilizza la propria auto per ragioni di servizio, dimezzamento degli investimenti in formazione e rinuncia agli incentivi economici mostrano come la ricerca di maggiore produttività, così come la meritocrazia, non siano altro che slogan.

La manovra economica dell’estate 2010 (il Dl 78/2010, convertito in legge 122/2010) rivela ancora una volta le incoerenze del legislatore nel tentativo di riorganizzare e dare efficienza all’amministrazione pubblica.
Almeno tre aspetti della manovra si pongono in evidente contrasto con la riforma Brunetta, a nemmeno un anno di distanza dalla sua entrata in vigore, mettendo in luce come la ricerca di maggiore produttività, così come la meritocrazia, siano più che altro slogan.

IL LEGISLATORE CAPO UFFICIO

Il primo elemento, simbolico del pauperismo che contraddistingue la manovra, riguarda il precetto secondo il quale il dipendente pubblico in missione non deve essere rimborsato se, allo scopo, utilizza la vettura propria. Strano.
La manovra, anche sulla scorta dell’impulso dato proprio dal ministro Brunetta per il contenimento delle spese per le auto di servizio, obbliga a risparmiare sulle spese di conduzione delle vetture degli enti il 20 per cento rispetto all’anno 2009.
Non pago, però, il legislatore ha eliminato il rimborso pari a un quinto del costo della benzina prima previsto per i dipendenti che ai fini della trasferta avessero utilizzato il proprio mezzo.

Sembra evidente che questo modo di procedere abbia poco a che vedere con la crescita dell’efficienza e lo stimolo a produrre di più. Posto che le attività in trasferta siano necessarie e funzionali alle attività degli enti, la sacrosanta attenzione alle spese sulle “auto blu” non avrebbe dovuto confondersi con la gestione diretta delle auto di servizio o delle trasferte. Troppo spesso il legislatore, privo di una conoscenza di dettaglio delle attività, si inserisce nella puntuale previsione di disposizioni di servizio, quasi fosse un “capo ufficio”. L’impiego delle auto private, il cui costo non appare eccessivo, in conseguenza di una contrazione del parco di auto pubbliche si sarebbe dovuto lasciare quanto meno immodificato. Oppure, richiedere una riduzione della spesa del 20 per cento.
La scelta di non attribuire più l’indennità chilometrica porta a conseguenze paradossali. Da un lato, non incentiva assolutamente la crescita della produttività. Infatti, i dipendenti dovranno utilizzare un parco macchine ridotto, oppure mezzi pubblici. La riduzione di ispezioni o attività necessariamente da svolgere anche in trasferta (si pensi alle funzioni degli assistenti sociali) sarà inevitabile. O, quanto meno, sarà ristretto il raggio d’azione dei dipendenti. Con ripercussioni non solo sulla produttività, ma anche sulla posizione di eguaglianza dei cittadini e delle imprese. Per esempio, saranno più facilmente oggetto di ispezioni e sanzioni fiscali solo le aziende operanti nel raggio d’azione dei mezzi pubblici, ma non le altre. Per non parlare del pericolo di caduta libera sulle ispezioni concernenti il lavoro: i cantieri edili, per esempio, molto difficilmente sono a tiro di mezzi pubblici.

UN TAGLIO AGLI INCENTIVI

Un secondo elemento che nei fatti priva di sostanza la ricerca della “meritocrazia” e della crescita di efficienza sta nella drastica riduzione delle spese per la formazione del personale pubblico, pari al 50 per cento di quanto investito nel 2009.
La manovra reintroduce pesanti tetti al turn-over, consentendo di sostituire solo il 20 per cento del personale cessato, ma contemporaneamente, dimezzando la formazione, impedisce di garantire una risorsa fondamentale per mantenere elevato il livello di competenza dei dipendenti, e supplire così alla diminuzione di quantità con una crescita della qualità del lavoro. Eppure, nella riforma Brunetta la formazione è considerata come strumento per premiare la maggiore produttività dei dipendenti.
Anche qui il legislatore non ha saputo andare oltre gli slogan: ha dovuto provvedere a tagli di spesa, incidenti, però, sull’organizzazione del lavoro attivando effetti a media lunga scadenza, del tutto divergenti da quelli della riforma della pubblica amministrazione, operata lo scorso anno.

Ultimo aspetto: la manovra congela per tre anni le retribuzioni, tanto da non riconoscere incrementi contrattuali anche a quel personale pubblico che di qua al 2013 partecipi a concorsi per la progressione della sua carriera: quei dipendenti avranno il riconoscimento della maggiore categoria giuridica, senza benefici economici. Inoltre, la regola del turn over costringerà, con non si sa quali formule, a ridurre nei fondi dedicati alla contrattazione aziendale le parti destinate proprio al risultato, in proporzione al personale cessato.


Insomma, mentre giustamente si predica la maggiore produttività, si persegue la riduzione drastica dei mezzi produttivi (vetture di servizio o rimborsi), il dimezzamento della formazione e la rinuncia agli incentivi economici. E l’agognata riforma della pubblica amministrazione resta, pirandellianamente, una, nessuna e centomila.

lunedì 13 settembre 2010

Al dirigente pubblico leso spetta solo il risarcimento


I dirigenti nel pubblico impiego non hanno diritto all'attribuzione del posto anche quando è provato che l'amministrazione ha agito in violazione delle regole di correttezza e buona fede.
In questo caso, infatti, la parte ha diritto al risarcimento del danno ma non può pretendere la retribuzione corrispondente alla qualifica.
Sono le conclusioni raggiunte dalla sezione lavoro della Cassazione nella sentenza 18857/2010 che ha respinto il ricorso di un dirigente superiore dell'assessorato regionale al lavoro.
Secondo i giudici della Cassazione nel lavoro pubblico privatizzato, alla qualifica dirigenziale corrisponde soltanto l'attitudine professionale all'assunzione di incarichi dirigenziali, mentre gli interessati non hanno «alcun diritto soggettivo all'attribuzione o al mantenimento di un incarico dirigenziale».
L'atto di conferimento, ha spiegato la Suprema corte, è espressione del potere di organizzazione della Pa e la posizione soggettiva dell'aspirante all'incarico non è di diritto soggettivo ma di mero interesse legittimo. Si tratta, in sostanza, di una situazione simile a quella di un partecipante a una procedura di selezione concorsuale adottata dal datore di lavoro privato. Ne consegue che il giudice ordinario può sottoporre ad analisi i poteri esercitati dalla Pa sotto il profilo dell'osservanza delle regole di correttezza e buona fede ed eventualmente stabilire un risarcimento in favore della parte lesa, senza che, in assenza di un contratto stipulato con la Pa, la pretesa risarcitoria possa essere fondata sulla lesione del diritto al conferimento dell'incarico dirigenziale e prevedere la retribuzione corrispondente.

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venerdì 10 settembre 2010

Assenze dal servizio per malattia dei pubblici dipendenti.

Circolare 19 luglio 2010 n.8 del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione

Come noto, uno degli obiettivi perseguiti dall'inizio del mandato e' stato quello della riduzione del fenomeno dell'assenteismo nelle pubbliche amministrazioni, ricercato sia attraverso l'introduzione di misure normative sia mediante la diffusione della cultura della trasparenza, finalizzata ad evidenziare buone e cattive prassi.
Nel corso del secondo anno, fino al mese di giugno 2010, le assenze registrano, rispetto ai valori prevalenti prima dell'entrata in vigore della norma, una riduzione media dei giorni di assenza per malattia pro-capite del 31,1% (2) .
E' utile richiamare innanzi tutto le indicazioni gia' fornite in passato sull'argomento, che sono contenute nelle circolari n. 7 e 8 del 2008 e 7 del 2009, facendo presente che la loro lettura deve tener conto della normativa successivamente intervenuta e, in particolare, del decreto ministeriale 18 dicembre 2009, n. 206, recante «Determinazione delle fasce orarie di reperibilita' per i pubblici dipendenti in caso di assenza per malattia.». L'entrata in vigore di tale decreto rende peraltro superata la circolare n. 1 del 2009, relativa alle fasce orarie di reperibilita' per i malati oncologici, salve le indicazioni sull'utilizzo di modalita' flessibili di lavoro da favorire nel caso in cui ricorrano le patologie che richiedono terapie salvavita. Infatti, l'art. 2 del decreto ministeriale prevede tra i casi di esclusione dall'obbligo di reperibilita' le assenze eziologicamente riconducibili a «patologie gravi che richiedono terapie salvavita.».

Piu' recentemente, con la circolare n. 5 del 2010 sono stati dati indirizzi sullo specifico tema della responsabilita' connessa alla violazione delle norme sulla presenza in servizio e sul rilascio di certificati con particolare riguardo ai medici e con la circolare n. 1 DFP-DDI sono state diramante le indicazioni per l'avvio del sistema di trasmissione telematica dei certificati.
Alcuni chiarimenti sono stati forniti, inoltre, nell'ambito di pareri resi alle amministrazioni e pubblicati sul sito internet del Dipartimento, sezione pareri e note circolari.
In particolare, si segnalano i pareri n. 53 del 2008 relativo al post ricovero, n. 1 del 2009 sull'individuazione di alcune voci ai fini della decurtazione del trattamento economico previsto per il personale del comparto regioni - enti locali, n. 2 del 2010 sull'obbligatorieta' delle visite fiscali in caso di esenzione dalla reperibilita' del dipendente.
Considerate le segnalazioni pervenute dalle amministrazioni e dai dipendenti interessati, si ritiene opportuno richiamare l'attenzione su alcuni aspetti applicativi delicati della disciplina.
Si raccomanda alle amministrazioni l'osservanza dell'obbligo di attuare la decurtazione retributiva in caso di assenza per malattia, secondo le indicazioni fornite nelle predette circolari n. 7 e 8 del 2008.
E' utile ricordare che per talune ipotesi e' stato previsto dalle norme un regime di maggior favore. Infatti, l'art. 71, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge n. 112 del 2008 stabilisce che «Resta fermo il trattamento piu' favorevole eventualmente previsto dai contratti collettivi o dalle specifiche normative di settore per le assenze per malattia dovute ad infortunio sul lavoro o a causa di servizio, oppure a ricovero ospedaliero o a day hospital, nonche' per le assenze relative a patologie gravi che richiedano terapie salvavita.». Nel sottolineare la volonta' del legislatore di salvaguardare situazioni particolari e delicate, si segnala che il regime applicabile va ricavato da ciascun CCNL di riferimento. Dai vigenti contratti si evince in generale l'esclusione delle assenze riconducibili a queste cause dalla decurtazione e dal computo dei giorni dal periodo di comporto, in qualche caso salvaguardando espressamente pure «i giorni di assenza dovuti alle conseguenze certificate delle terapie» (cfr.: CCNL comparto scuola 29 settembre 2007, art. 17, comma 9). Rimane fermo anche in questa sede quanto gia' detto a proposito dell'esenzione dalla reperibilita' (cfr.: parere n. 2 del 2010) ai fini dell'applicazione del regime di maggior favore e, cioe', il dovere dell'amministrazione di esentare il dipendente dalla decurtazione solo se per lo stesso sussiste la relativa documentazione medica a supporto.

Si ricorda che il comma 1-bis dell'art. 71 menzionato, nel quale era contenuta una disciplina speciale di deroga per il personale del comparto sicurezza e difesa in relazione alle malattie conseguenti a lesioni riportate in attivita' operative ed addestrative, e' stato sostituito dal decreto-legge n. 78 del 2009, convertito in legge n. 102 del 2009. La novella riguarda, oltre che il personale del comparto sicurezza e difesa, anche il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. La norma attualmente prevede che «A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, limitatamente alle assenze per malattia di cui al comma 1 del personale del comparto sicurezza e difesa nonche' del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, gli emolumenti di carattere continuativo correlati allo specifico status e alle peculiari condizioni di impiego di tale personale sono equiparati al trattamento economico fondamentale.».

Per quanto riguarda le voci retributive da considerare ai fini della decurtazione, considerati i quesiti pervenuti relativamente alla retribuzione di risultato dei dirigenti, si precisa che la stessa non e' soggetta a decurtazione. Essa infatti costituisce l'emolumento volto a remunerare l'effettivo raggiungimento degli obiettivi da parte del dirigente e viene corrisposta a consuntivo, in esito all'apposito procedimento di valutazione. Tale voce retributiva non puo' essere assimilata ad un'indennita' giornaliera, legata alla presenza in servizio, poiche' viene corrisposta solo se e nella misura in cui gli obiettivi assegnati risultino conseguiti e l'attivita' svolta risulti valutabile a tal fine. Analogo ragionamento vale per le voci corrispondenti previste anche per le altre categorie di personale, compreso il personale ad ordinamento pubblicistico, aventi la medesima natura.
Infine, si richiama ancora una volta l'attenzione sul regime sanzionatorio vigente per le ipotesi di mancata osservanza della normativa in materia di assenza per malattia gia' illustrato nelle precedenti circolari n. 7 del 2009 e 5 del 2010.

Roma, 19 luglio 2010

Il Ministro per la pubblica
amministrazione e l'innovazione
Brunetta


(1) Dal resoconto sul monitoraggio risulta che la stima e' riferita al complesso delle amministrazioni pubbliche, ad esclusione dei comparti scuola, universita' e sicurezza

(2) Dal resoconto sul monitoraggio risulta che la stima e' riferita al complesso delle amministrazioni pubbliche, ad esclusione dei comparti scuola, universita' e sicurezza

Registrato alla Corte dei conti l'11 agosto 2010
Ministeri istituzionali - Presidenza del Consiglio dei Ministri,
registro n. 10, foglio n. 384

giovedì 9 settembre 2010

il rilievo dell'UCB sull'accordo relativo alle progressioni interne

Ricevo dal sindacato RDB e pubblico:

Informiamo i lavoratori che in data odierna l’USB RdB MEF ha inviato al Sottosegretario di Stato con delega al personale e alla delegazione di parte pubblica, una nota (in allegato) con la quale ha chiesto un urgentissimo incontro a seguito della notizia, pervenuta in via informale, di un rilievo sollevato da parte del competente organo di controllo sull’ipotesi di accordo nazionale in materia di sviluppo economico all’interno delle aree, siglata il 28 luglio 2010.

Com’è noto, pur con le riserve esposte dettagliatamente ai lavoratori con le precedenti informative sindacali e dopo molte e attente valutazioni, l’USB RdB MEF ha inteso sottoscrivere l'ipotesi di accordo nazionale del 28 luglio 2010 in quanto il testo, sia concettualmente che praticamente, percorre l'approvazione di un passaggio economico e la stabilizzazione di quote del FUA (sottraendole alla discriminazione e alla meritocrazia) legittimando, in tale maniera, il ruolo determinante della nostra sigla sindacale in questa vertenza.

E' ovvio, quindi, che qualunque eventuale modifica dovesse essere apportata unilateralmente al testo siglato dall’USB RdB MEF lo scorso mese di luglio, a seguito del rilievo pervenuto, provocherà una riconsiderazione complessiva della posizione assunta dalla nostra organizzazione sindacale e l'invito ai lavoratori per una mobilitazione generale.

Non vorremmo che, oltre al ritardo vergognoso nella corresponsione del FUA 2009, alla latitanza sui fondi speciali (cartolarizzazione), all’assoluto silenzio sul Fondo di Previdenza, allo smantellamento delle Direzioni Territoriali senza garanzie per chi resta e per chi andrà via, il tutto condito dal feroce attacco portato con la manovra correttiva, si aggiungesse un ulteriore scippo.


NdR: il rilevo è stata una decisione autonoma del direttore dell'UCB? Strano molto strano!

mercoledì 8 settembre 2010

Borse di studio della Banca d'Italia

Pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale - 4ª Serie Speciale - Concorsi n. 71 del 7-9-2010 tre bandi di concorso per complessive 7 borse di studio della Banca d'Italia

Bando di concorso per tre borse di studio intitolate a "Bonaldo Stringher", destinate al perfezionamento degli studi all'estero nel campo dell'economia politica e della politica economica.
Pag. 49

Bando di concorso per due borse di studio intitolate a "Giorgio Mortara", destinate al perfezionamento degli studi all'estero sulle metodologie matematiche, statistiche ed econometriche, principalmente finalizzate all'analisi delle istituzioni, dei mercati e degli strumenti finanziari e della loro regolamentazione.
Pag. 55

Bando di concorso per due borse di studio intitolate a "Donato Menichella", destinate al perfezionamento degli studi in Italia o all'estero sulle interrelazioni tra crescita economica ed ordinamento giuridico, nonche' sugli impatti della regolamentazione sulle attivita' economiche.

martedì 7 settembre 2010

Il lavoro pubblico resisterà alla manovra correttiva?

Ampio stralcio dell'articolo di Maria Barilà - Dirigente Funzione pubblica - pubblicato su Professione e imprese


Il Consiglio dei ministri del 25 maggio scorso, sul presupposto della necessità ed urgenza, ai fini della stabilizzazione finanziaria, ha varato una manovra in parte di contenimento della spesa pubblica ed in parte di incremento delle entrate, che rimarrà nella storia non tanto per l’abilità nell’aggiustare i conti pubblici o per i riflessi diretti sul piano fiscale, quanto certamente per il trattamento speciale che riserva ai lavoratori pubblici, a cui viene chiesto di fare un sacrificio per salvare il Paese da un possibile collasso finanziario e di subire misure che incidono sulle loro retribuzioni bloccandole per i prossimi quattro anni.
E chi può escludere in futuro eventuali proroghe del blocco delle retribuzioni dettate da nuove necessità, sempre in nome della stabilizzazione della finanza pubblica? Ma, più che una richiesta di un sacrificio, la misura appare come una richiesta ai dipendenti pubblici di compiere un atto di responsabilità per diverse ragioni.
In primo luogo, perché hanno avuto una crescita delle retribuzioni negli ultimi dieci anni pari al 39,7% a differenza di quelle del settore privato dove i salari sono aumentati del 25,7% (dati forniti dall’Aran). Se è per questo per la Corte dei conti la forbice sarebbe ancora più consistente perché la crescita delle retribuzioni pubbliche risulterebbe pari al 42,5% in dieci anni, rispetto al 24,8% dei privati.

Un’altra ragione per cui i lavoratori pubblici devono essere consapevoli di quanto a loro è richiesto è data dal fatto che godono del vantaggio della garanzia del posto di lavoro, non rischiano di essere licenziati quando l’attività di un ente viene chiusa, e la “cassa integrazione” non è prevista, in quanto l’extrema ratio, nel caso di chiusura di enti, è il ricorso alla mobilità di ufficio che consente, nei fatti, il riassorbimento di tutto il personale nel contesto ampio dell’intero apparato amministrativo. La stessa manovra finanziaria prevede misure di questo tipo, di riallocazione completa del personale, laddove dispone la soppressione di alcuni enti.

Un’altra ragione non dichiaratamente espressa, ma probabilmente pensata, è anche quella che questi lavoratori privilegiati e fortunati, se non sanno essere adeguatamente produttivi e arrecare ricchezza al sistema economico con una prestazione lavorativa in grado di erogare servizi pubblici che possano favorire lo sviluppo delle imprese ed una maggiore competitività economica, non devono neppure essere così ingrati da rifiutarsi di prestarsi generosamente e servilmente ad essere una sorta di fondo cassa di emergenza a cui lo Stato può ricorrere, al bisogno, attingendo ad esso, direttamente, facilmente, d’autorità, senza tanti scrupoli dato il livello della prestazione, per racimolare risorse finanziarie utili che hanno, tra l’altro il vantaggio di concretizzare non interventi tampone, ma misure definite dal ministro proponente “strutturalissime”, perché volte a realizzare risparmi definitivi, garantiti nel tempo, sicuri per sempre, in quanto ciò che oggi viene tolto, non potrà mai più essere recuperato, come si preoccupa opportunamente di precisare il decreto legge in argomento (Dl 31 maggio 2010, n. 78, “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 31 maggio 2010, n. 125).

Insomma, alla luce di questa manovra sembra che all’interno del Governo operino due diverse anime che in materia di lavoro pubblico non trovano univocità di vedute e quindi di intenti. Un’anima tenta di far compiere un salto di qualità alla pubblica amministrazione, spingendo con fiducia, ottimismo, spirito costruttivo verso interventi di sviluppo e miglioramento dei servizi, accompagnati da meccanismi di incentivazione e strumenti premiali di valorizzazione delle professionalità dei dipendenti pubblici, con soluzioni ordinamentali “strutturalissime” che, se prendessero piede, se fossero veicolate coerentemente dal Governo, realizzerebbero un meccanismo virtuoso capace di creare valore per il Paese e restituire dignità al lavoratore pubblico. Un’altra anima, invece, ritiene che il settore dei lavoratori pubblici, piuttosto che rappresentare un campo fertile su cui investire, sia un terreno privo di potenzialità, rispetto al quale, in via prudenziale, in una situazione di crisi economica e dell’euro, un intervento di riduzione del peso finanziario sostenuto per la sopravvivenza rappresenti un alleggerimento immediato e sicuro per l’economia e la società, soprattutto ora che, senza andare troppo per il sottile, occorre racimolare in tempi rapidi 24,9 miliardi di euro in due anni, tanto quanto serve per abbassare il rapporto tra deficit e Pil dal 5% attuale al 2,7% nel 2012, ossia al di sotto del 3%, così come richiesto dall’Unione europea per ristabilire la credibilità dell’Euro zona.
Ed a conti fatti il Governo è riuscito a centrare l’obiettivo e a ricevere il plauso da parte della Commissione europea, grazie anche all’apporto dei lavoratori pubblici e, più in generale, ai tagli previsti sulla spesa pubblica, alla riduzione dei costi della politica e della pubblica amministrazione. L’importante è trovare, quando serve, chi si sacrifichi, rectius chi possa essere sacrificato nel modo meno indolore possibile.

Struttura e contenuti del provvedimento
Le disposizioni che interessano il lavoro pubblico sono contenute nella prima parte del provvedimento che si compone, a sua volta, di 4 capi: il primo sulla riduzione del perimetro e dei costi della pubblica amministrazione, il secondo sulla riduzione dei costi degli apparati politici ed amministrativi, il terzo sul contenimento delle spese in materia di impiego pubblico, invalidità e previdenza, il quarto sulle entrate non fiscali.
Le principali disposizioni volte a ridurre il costo del lavoro pubblico sono contenute nel capo III ed in particolare nell’art. 9.
Tra gli interventi fondamentali contenuti nell’art. 9 vi è quello a cui si è fatto già cenno, che attiene alle misure di congelamento delle retribuzioni dei lavoratori pubblici ed al blocco dei rinnovi contrattuali.
La misura contenuta nel co. 1 dell’art. 9 stabilisce che, per gli anni 2011, 2012 e 2013, il trattamento economico complessivo - comprensivo del trattamento accessorio previsto dai rispettivi ordinamenti - dei singoli dipendenti pubblici, anche di qualifica dirigenziale, non può superare, in ogni caso, il trattamento in godimento nell’anno 2010. La portata di questa disposizione apparirebbe particolarmente critica ove si attribuisse alla formulazione utilizzata un significato letterale. In sostanza, congelare il trattamento economico per il triennio 2011-2013 del sig. Rossi potrebbe risultare meno problematico se il lavoratore nel corso del 2010 fosse sempre presente in servizio e pienamente produttivo. Acquisterebbe una criticità diversa laddove il “signor Rossi” avesse usufruito nel 2010 di un’aspettativa senza assegni. In tale circostanza, infatti, un’interpretazione letterale dell’espressione “singoli dipendenti pubblici” indurrebbe a non poter retribuire adeguatamente la prestazione lavorativa dell’impiegato, laddove lo stesso nel corso del triennio 2011-2013 fosse sempre presente in servizio, rappresentando l’erogato nel 2010 il massimo attribuibile. Per dare alla disposizione una lettura costituzionalmente orientata, si ritiene che ciascuna amministrazione, fermo restando il trattamento economico fondamentale dovuto, possa distribuire nell’arco temporale 2011-2013, a titolo di trattamento economico accessorio per i propri dipendenti, solo quanto complessivamente erogato nell’anno 2010, con un conseguente taglio dei relativi fondi. Per espressa previsione del decreto legge è fatta salva, in ogni caso, per ciascun anno l’indennità di vacanza contrattuale prevista a decorrere dall’anno 2010 dalla legge finanziaria del 2009 (art. 2, co. 35, della legge n. 203/2008).

La platea dei destinatari
L’intervento di congelamento del trattamento economico sopra descritto vede interessati i dipendenti, dirigenti e non, in regime di diritto privato o pubblico, di tutte le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istat, ai sensi dell’art. 1, co. 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
Si tratta delle amministrazioni pubbliche che concorrono al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, sulla base dei principi fondamentali dell’armonizzazione dei bilanci pubblici e del coordinamento della finanza pubblica. Ai fini della medesima legge n. 196/2009, per amministrazioni pubbliche si intendono gli enti e gli altri soggetti che costituiscono il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche individuati annualmente dall’Istat, entro il 31 luglio, sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti comunitari.
Il co. 2 dell’art. 9 individua, come platea dei destinatari, gli stessi definiti dal co. 1, ovvero sempre tutti i dipendenti, dirigenti e non, in regime di diritto privato e non, di tutte le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istat. A decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013, i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti di dette amministrazioni superiori a 90mila euro lordi annui sono ridotti del 5% per la parte eccedente il predetto importo fino a 150mila euro, nonché del 10% per la parte eccedente 150mila euro; è garantito, tuttavia, un trattamento economico complessivo che non può essere comunque inferiore 90mila euro lordi annui La riduzione prevista dal primo periodo del presente comma non opera ai fini previdenziali. Per queste misure, che sono poi dei prelievi fiscali veri e propri, il legislatore si preoccupa di fornire una “giustificazione” al proprio operato specificando che le ragioni dell’intervento sono da imputare all’eccezionalità della situazione economica internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea.
Lo stesso co. 2 in esame riduce del 10% anche le indennità dei responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei ministri, di cui all’art. 14, co. 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l’amministrazione, istituiti e disciplinati da ciascun ministero con apposito regolamento. La riduzione si applica sull’intero importo dell’indennità che rappresenta un unico emolumento,̀ sostitutivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale resa. Richiamando i responsabili degli uffici, la disposizione sembra essere riferita solo a coloro che ricoprono le posizioni apicali negli uffici di diretta, rispondendo ad una finalità equitativa, in relazione alla misura di decurtazione del 5% o del 10% sopra illustrata.
Già in questa parte di disciplina cambia la platea dei destinatari, ma, all’interno della stessa norma, è previsto un ulteriore importante vincolo di contenimento dei costi del lavoro pubblico che si applica soltanto ai titolari degli incarichi dirigenziali, generali e non, in servizio presso le amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, del Dlgs n. 165/2001. I trattamenti economici complessivi spettanti ai titolari degli incarichi dirigenziali, anche di livello generale, non possono essere stabiliti in misura superiore a quella indicata nel contratto stipulato dal precedente titolare ovvero, in caso di rinnovo, dal medesimo titolare, ferma restando la riduzione prevista nel presente comma.
Il co. 2 contiene tre diverse disposizioni con interventi diversi e con una platea differenziata di destinatari. Una migliore tecnica legislativa sarebbe certamente auspicabile per favorire un’omogeneità di contenuti all’interno di uno stesso comma.
Il co. 3 dell’art. 9 si applica, poi, ai soli titolari di incarichi di livello dirigenziale generale, in servizio presso amministrazioni pubbliche, come individuate dall’Istat, ai quali non può più essere corrisposta, già dalla data di entrata in vigore del decreto legge (31 maggio 2010), alcuna retribuzione connessa con l’espletamento di incarichi aggiuntivi. Come noto, nel rispetto del principio dell’onnicomprensività del trattamento economico, i compensi legati allo svolgimento di incarichi aggiuntivi confluivano nel fondo per essere poi riassegnati, in parte ai singoli dirigenti titolari degli incarichi, in parte ridistribuiti tra tutti i dirigenti dell’amministrazione. Ora sembra che, nella fattispecie, la parte spettante al dirigente di prima fascia rimanga tra le pertinenze del fondo o abbia una destinazione non meglio precisata. In sostanza tanto questo co. 3, quanto il co. 1, che fissa un tetto massimo sui prossimi costi del personale, potrebbero essere idonei a produrre economie, tenuto conto che eventuali risorse residue possono essere utilizzate solo a condizione che non creino di fatto incrementi retributivi in capo al personale.
Continua poi, all’interno dell’art. 9, la complessa previsione di altre misure di contenimento del trattamento retributivo dei lavoratori pubblici con un panorama di destinatari che va individuato di volta in volta.
Il co. 4 pone poi un limite ai rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per il biennio 2008-2009, nonché ai miglioramenti economici del rimanente personale in regime di diritto pubblico per il medesimo biennio. Per entrambe le categorie di personale i rinnovi o le procedure negoziali non possono, in ogni caso, determinare aumenti retributivi superiori al 3,2%. La disposizione di cui al presente comma si applica retroattivamente anche ai contratti ed accordi stipulati prima della data di entrata in vigore del presente decreto; le clausole difformi contenute nei predetti contratti ed accordi sono inefficaci a decorrere dalla mensilità successiva alla data di entrata in vigore del decreto legge. I trattamenti retributivi saranno conseguentemente adeguati.
Il limite di cui al comma in esame non si applica al comparto sicurezza-difesa ed ai Vigili del fuoco.
Rimane singolare che eventuali incrementi superiori al 3,2% contenuti nei primi contratti sottoscritti non sono ripetibili, nel senso che è palese lo svantaggio dei comparti che hanno sottoscritto il Ccnl per ultimi o che debbono ancora sottoscriverlo.

Il contenimento del costo del lavoro pubblico
Dopo una parentesi di commi che riguardano il regime assunzionale delle amministrazioni centrali, il co. 17 riprende a dettare interventi che attengono al contenimento del costo del lavoro pubblico. Questa disposizione completa le misure poste in essere dal decreto legge dal momento che stabilisce che per il triennio 2010-2012 non si dà luogo, senza possibilità di recupero, alle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012 del personale di cui agli artt. 2, co. 2, e 3 del Dlgs n. 165/2001. È fatta salva l’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale nelle misure previste a decorrere dall’anno 2010 in applicazione dell’art. 2, co. 35, della legge 22 dicembre 2008, n. 203.

Riflessioni finali
Richiamate sinteticamente le ulteriori misure in materia di limitazioni alle retribuzioni dei dipendenti pubblici, occorre svolgere qualche riflessione in merito agli effetti che il blocco dei contratti determina rispetto alla riforma Brunetta del lavoro pubblico ed alle importanti novità contenute nel decreto legislativo n. 150/2001.
Occorre evidenziare due possibili strade. Una prima strada è quella di immaginare che in mancanza di una sottoscrizione dei Ccnl per il triennio 2010-2012, l’ultrattività dei precedenti contratti collettivi sia confermata ove compatibile con il nuovo quadro normativo previsto dal decreto legislativo n. 150/2009, che si sostituirebbe nei contenuti ai precedenti Ccnl, attraverso l’istituto dell’inserzione automatica di clausole, in ragione della qualificazione della disciplina come imperativa. In sostanza il rapporto di lavoro sotto l’aspetto ordinamentale troverebbe la sua fonte nella legge che si integra con i precedenti Ccnl ove questi ultimi siano con essa compatibili. Ma, sarebbe meglio ed auspicabile che le parti, Aran ed organizzazioni sindacali, condividessero, magari in una sede trasversale quale può essere la contrattazione collettiva quadro (Ccnq), una disciplina transitoria di riferimento, magari come quella sopra descritta, che consenta di traghettare ai prossimi rinnovi contrattuali senza che i prossimi tre anni siano vissuti in un regime di confusione e sbandamento totale, che certamente non gioverebbe alle amministrazioni pubbliche, alle motivazione del relativo personale, al livello dei servizi erogati, al sistema economico del paese, alle esigenze di stabilizzazione della finanza pubblica che sono connesse anche con un buon uso delle risorse pubbliche sotto l’aspetto qualitativo e non solo ad un uso quantitativamente sempre più contenuto.
Detto ciò, non si manca di evidenziare che la filosofia che sta alla base della riforma Brunetta non viene meno. Le disposizioni strategiche contenute nel decreto legislativo n. 150/2009, ovvero i principi generali declinati dall’art. 2, asseriscono che ogni amministrazione pubblica è tenuta a misurare ed a valutare la ‘performance’ organizzativa ed individuale, adottando modalità e strumenti di comunicazione che garantiscono la massima trasparenza delle informazioni e secondo criteri strettamente connessi al soddisfacimento dell’interesse del destinatario dei servizi e degli interventi. Rispettare detti principi è condizione necessaria per l’erogazione di premi legati al merito ed alla performance. Secondo quanto previsto dall’art. 10 del decreto 150, la mancata adozione del Piano della performance fa scattare il divieto di erogazione della retribuzione di risultato ai dirigenti che risultano avere concorso alla mancata adozione del Piano, per omissione o inerzia nell’adempimento dei propri compiti, e l’amministrazione non può procedere ad assunzioni di personale o al conferimento di incarichi di consulenza o di collaborazione comunque denominati. Secondo l’art. 14 dello stesso Dlgs la validazione della Relazione sulla performance è condizione inderogabile per l’accesso agli strumenti per premiare il merito di cui al Titolo III. Non dimentichiamo che fra detti strumenti vi sono anche le progressioni di carriera e quelle economiche.
Si ricorda altresì che l’art. 18 vieta la distribuzione in maniera indifferenziata o sulla base di automatismi di incentivi e premi collegati alla performance in assenza delle verifiche e attestazioni sui sistemi di misurazione e valutazione adottati ai sensi del decreto in esame. Infine, l’art. 20 stabilisce che le disposizioni descritte hanno carattere imperativo, non possono essere derogate dalla contrattazione collettiva e sono inserite di diritto nei contratti collettivi ai sensi e per gli effetti degli artt. 1339 e 1419, co. 2, del codice civile, a decorrere dal periodo contrattuale successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Ne deriva che sono già immediatamente efficaci.
Credo che utilizzare la manovra finanziaria per costruirsi un alibi per non dare attuazione alla riforma Brunetta sia in contrasto con la responsabilità dirigenziale ed amministrativa prevista dal nostro ordinamento e favorisca solo un maggior declino della pubblica amministrazione e del sistema economico paese.
Non dimentichiamo che una forte ulteriore ipoteca sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici è già insita in questa manovra anche per il prossimo triennio contrattuale. L’art. 9, co. 1, nel congelare il trattamento economico anche per l’anno 2013, di fatto compromette, almeno per il primo anno del prossimo triennio di contrattazione collettiva, possibili incrementi retributivi.
Di stampo anticostituzionale è poi l’ultimo periodo contenuto nel co. 21 dell’art. 9 dove è previsto che per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree (quali visto che sono abrogate dal 1° gennaio 2010?) eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto per i predetti anni ai fini esclusivamente giuridici. Ciò è possibile se non vi è variazioni di mansioni. Una prestazione lavorativa che richiede lo svolgimento di mansioni superiori deve necessariamente essere retribuita con un trattamento economico e non può limitarsi ad un mero riconoscimento giuridico del nuovo status.
Queste considerazioni non celano un po’ di amarezza.
Tuttavia, all’appuntamento della prossima manovra finanziaria potrebbero i dipendenti pubblici essere chiamati ad un ulteriore atto di responsabilità soprattutto se scelgono di rimanere inattivi, arenati in un immobilismo pernicioso. Viceversa il loro potere contrattuale potrà avere un contenuto e consentire ad essi di esprimersi attivamente se saranno in grado, in questi anni di difficoltà economica, di rilanciare il ruolo che sono chiamati a svolgere a vantaggio dell’intero sistema economico.
Gli strumenti contenuti nel decreto legislativo n. 150/2009 rappresentano oggi un punto di partenza più che mai necessario.

lunedì 6 settembre 2010

meritocrazia di Abravanel

Vi propongo un interessante sito www.meritocrazia.it

Articolo di Roger Abravanel


Un servizio pubblico di qualità ed equo è essenziale per restituire la fiducia ai cittadini e rompere il “circolo vizioso” che fa sì che i migliori non si impegnino nel sistema educativo e nell’economia. Invece le raccomandazioni esplodono e l’unica misura del merito resta l’esperienza, e quindi l’età; la leadership gerontocratica tende a preservarsi, riducendo il libero mercato e quindi le opportunità di sviluppo dell’economia e le pari opportunità.

Il servizio pubblico italiano è ancora legato alla visione del dopoguerra, quando veniva considerato il datore di lavoro di ultima istanza. La necessità di ridurre deficit e debito pubblico oggi spinge solo verso la riduzione dei costi, una misura comprensibile, perché le opportunità di recuperare efficienza ci sono.

Tuttavia i costi del nostro servizio pubblico non sono altissimi se paragonati con la media europea. A essere fuori dalla media sono la sua pessima qualità e la sua iniquità. Scuola, sanità, giustizia civile e penale sono lontane dall’eccellenza quasi ovunque in Italia, ma ciò che colpisce di più è l’enorme differenza della qualità del servizio ai cittadini, in particolare per la pessima qualità al Sud.

La pressione sui costi spinge a concepire iniziative come “licenziare i fannulloni” per ridurre l’assenteismo, ma per migliorare la qualità (e ridurre ancor più drasticamente i costi) sono necessari approcci innovativi per rinnovare la dirigenza dell’amministrazione pubblica, oggi priva di qualunque forma di meritocrazia. Peraltro, senza una classe dirigente eccellente, anche “licenziare i fannulloni” non è semplice: le vicende di questi giorni relative al licenziamenti di alcuni ferrovieri evidenziano che, se non ci si fida di chi prende la decisione di licenziare, alla fine tutto si riduce al solito politico che attacca un altro politico.

Meritocrazia propone alcune idee innovative per creare una classe dirigente eccellente ottenendo anche l’obbiettivo di migliorare concretamente la qualità del servizio pubblico, ispirandosi ad alcune best practices mondiali, la prima delle quali è la delivery unit di Tony Blair.
“To deliver” in inglese vuole dire “consegnare”: la delivery unit di Tony Blair è nata per “consegnare” ai cittadini inglesi miglioramenti misurabili e concreti nella qualità del servizio pubblico; non sono le mirabolanti promesse da campagna elettorale (come le grandi infrastrutture), ma i piccoli miglioramenti che cambiano la vita di tutti i giorni: la riduzione del tempo di attesa di una TAC, il miglioramento dei risultati nei test nazionali standard di matematica delle scuole elementari, la riduzione degli scippi, la diminuzione degli ingorghi stradali.
La delivery unit guidata da Sir Michael Barber era composta da soli 50 giovani eccellenti che elaboravano analisi e programmi; costituivano lo staff di Tony Blair, che usava il lavoro della unit per guidare i Ministeri come un Amministratore delegato lavora con il suo planning and control staff per guidare e controllare i capi delle sue divisioni.
E i risultati sono arrivati: i test scolastici delle elementari sono drasticamente migliorati, la qualità della sanità è passata da “pessima” ad “accettabile”, la sicurezza è aumentata.
Questi risultati hanno fatto dire a Michael Barber che “50 giovani bravissimi inglesi hanno cambiato la vita a 50 milioni di loro connazionali”.
In Meritocrazia descrivo le condizioni per lanciare con successo una o più delivery units nel nostro servizio pubblico. Aggiungo però anche una proposta per un programma chiamato “mille leader”, orientato a portare ogni anno 1000 giovani italiani in posizioni di leadership nella Pubblica Amministrazione, dopo una accurata selezione, formazione e programmi di carriera fast track.
Nel concepire questo programma mi sono ispirato non solo alla delivery unit, ma anche ad altri programmi che riescono a inserire giovani eccellenti nella pubblica amministrazione temporaneamente o permanentemente, come il White House Fellows Program negli Stati Uniti, l’ENA in Francia e soprattutto il governo di Singapore. Quello di Singapore è considerato il miglior servizio pubblico del mondo, grazie a una meritocrazia molto efficace nella selezione e nella crescita professionale della sua classe dirigente; assegna ogni anno 4-500 borse di studio ai giovani più dotati, in un paese grande come la Lombardia.

venerdì 3 settembre 2010

Spoils system, ultimo atto

Riporto l'articolo dell'Avvocato dello Stato Paola Maria Zerman pubblicato in Diritto e Pratica amministrativa n. 5 di maggio 2010.

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 81 del 5 marzo 2010, in continuità logica con quanto affermato nelle pronunce n. 103 del 2007 e n. 161 del 2008, ha affermato che è costituzionalmente illegittimo l’art. 2, co. 161, del decreto legge n. 262/2006 (“Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”), nella parte in cui dispone che gli incarichi conferiti al personale di cui al co. 6, dell’art. 19 del Dlgs n. 165/2001 (“Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”), conferiti prima del 17 maggio 2006, “cessano ove non confermati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto” perché in contrasto con gli artt. 97 e 98 della Costituzione, in quanto lesiva del principio dell’imparzialità e del buon andamento e del principio di continuità dell’azione amministrativa.


La ricorrente tentazione della politica di condizionare la dirigenza pubblica attraverso nomine a contenuto fiduciario è stata definitivamente censurata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 81/2010 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’ultima norma di previsione dello spoils system per gli incarichi dirigenziali esterni che ancora sopravviveva dopo le pronunce nn. 103/2007 e 161/2008 relative alle altre categorie dei pubblici dirigenti nominati ai sensi dell’art. 19 del Dlgs n. 165/2001.
Anche questa volta la corte costituzionale ha riaffermato l’illegittimità della decadenza automatica ex lege dagli incarichi dirigenziali perché in contrasto con gli artt. 97 e 98 della Costituzione, in quanto lesive del principio dell’imparzialità e del buon andamento e del ruolo dei pubblici impiegati posti dalla Carta costituzionale al “servizio esclusivo della Nazione”.

Esclusa la possibilità di cessazione automatica degli incarichi dirigenziali non apicali a seguito del cambio di Governo, una eventuale revoca dei medesimi incarichi si può legittimamente esercitare solo nell’ipotesi prevista dall’art. 21 del Dlgs n. 165/2001 e cioè in caso di responsabilità dirigenziale per mancanza di raggiungimento degli obiettivi fissati o inosservanza delle direttive ministeriali.
La revoca deve essere quindi ancorata a dati oggettivi e valutabili, e non già ad nutum, inoltre deve seguire precise garanzie procedimentali.
I principi del giusto procedimento - dettati dalla legge n. 241/1990 - impongono l’adozione della revoca con atto motivato e previo contraddittorio. L’atto di revoca, a differenza della cessazione ex lege dell’incarico è quindi sottoposta a controllo giurisdizionale in relazione alla sua legittimità sostanziale e al rispetto delle garanzie procedimentali.
L’art. 21 del Dlgs n. 165, come modificato dal Dlgs n. 150/2009, prevede poi che l’impossibilità di rinnovo dell’incarico sia legata all’oggettivo riscontro del mancato raggiungimento degli obbiettivi - da accertarsi attraverso le risultanze del sistema di valutazione previsto dallo stesso Dlgs in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni - o all’inosservanza delle direttive ministeriali imputabili al dirigente.
Sembra così venir meno quello spoils system mascherato che lasciava, in seguito alla cessazione dall’incarico per scadenza del termine previsto, alla discrezionalità del Ministro il rinnovo dello stesso indipendentemente dai risultati raggiunti. L’impossibilità di rinnovo dell’incarico dirigenziale dovrà essere quindi adeguatamente motivato in ragione dei scarsi risultati raggiunti dal dirigente, motivazione che potrà essere sindacata dal giudice se non adeguata e non rispondente ai criteri indicati dalla legge.

Conclusioni: il difficile rapporto tra politica e amministrazione
La complessa vicenda che ha riguardato il sistema dello spoils system e il continuo rimaneggiamento dell’art. 19 del Dlgs n. materia di conferimento degli incarichi dirigenziali, evidenzia il difficile rapporto esistente tra politica e amministrazione.
La separazione tra politica e amministrazione tanto declamata all’indomani del Dlgs n. 29/1993 in ragione della effettiva maggiore valorizzazione dei compiti gestionali del dirigente, e l’impossibilità per il ministro di avocare a sé gli atti del dirigente (art. 14, co. 3, del Dlgs n. 165/2001) , è “caduta” miseramente su un sistema, quello dello spoils system che, ben lungi dal garantire indipendenza e imparzialità al dirigente, ne hanno condizionato l’azione in ragione del pesante condizionamento rappresentato dalla necessità del gradimento ministeriale in vista della conferma dell’incarico.
Con chiarezza costituzionale ha ridelineato i confini della politica ribadendo i principi costituzionali che regolano l’azione dei dipendenti e dirigenti pubblici.
Il principio di imparzialità, come ben ricordato dalla Corte, esclude che il dirigente possa essere al servizio di una parte politica piuttosto di un’altra. Così come la regola fondamentale secondo cui i pubblici impiegati sono “al servizio esclusivo della Nazione” e non già di un partito o di un altro.
Tale principio non solo racchiude un monito per i politici ma costituisce anche criterio di condotta per i dirigenti. L’interesse pubblico che gli stessi devono perseguire nella propria azione, è comunque una peculiarità del rapporto di pubblico impiego che, se pure quanto più privatizzato nell’ottica di una più moderna amministrazione, non può comportare una completa assimilazione tra pubblico e privato, e impegna il dipendente nella valutazioni delle scelte migliori per l’interesse della collettività.
In tale prospettiva l’ampia possibilità di ricorrere ad esterni nell’attribuzione di incarichi dirigenziali, è diventata non di rado la via per assunzioni clientelari che non solo hanno dato scandalo ai cittadini e generato disaffezione tra i dirigenti entrati per concorso con legittime aspettative di promozione, ma ha altresì accentuato il fenomeno della fidelizzazione tra il dirigente e l’organo politico.
Tant’è che la legge “Brunetta”, anche ad evitare censure da parte della Corte dei conti per responsabilità erariale, è intervenuta specificando che gli incarichi dirigenziali ad esterni possono essere conferiti “fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’amministrazione” (art. 38, co. 1, lett. e), del Dlgs n. 150/2009 di modifica all’art. 19, co. 6).
La previsione, poi, della temporaneità degli incarichi, al di là delle tecniche dello spoils system, impone un obbligo di riflessione sull’effettiva separazione tra politica e dirigenza.
L’intervenuta separazione tra lo status dirigenziale e l’affidamento dell’incarico dirigenziale, con la previsione della temporaneità di quest’ultimo di durata anche inferiore di quello della classe politica, se da un lato offre la possibilità di affidare ai più idonei gli incarichi dirigenziali (con la necessità di valutare anche le attitudini del dirigente in relazione alla complessità della struttura organizzativa), non convince del tutto circa l’effettiva condizione di obiettività, di imparzialità e indipendenza al fine della corretta valutazione degli interessi pubblici.
Sicuramente un rilevante passo avanti, in tale direzione, è stato compiuto con la attuale previsione che il diniego di rinnovo dell’incarico deve essere comunque motivato in ragione del mancato raggiungimento di risultati valutati obbiettivamente o per la mancanza dell’osservanza delle direttive del ministro, in tal modo concretizzandosi legittimamente il controllo di quest’ultimo a cui spetta esercitare le funzioni di “indirizzo politico amministrativo, definendo gli obbiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli atti che rientranti nello svolgimento di tali funzioni e verificano la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa e della gestione degli indirizzi impartiti” (art. 4 del Dlgs n. 165/2001).
Si impone, in ogni caso, alla dottrina e alla giurisprudenza una seria riflessione circa le reali condizioni che possono assicurare al Paese una dirigenza pubblica realmente imparziale e indipendente.

giovedì 2 settembre 2010

INCOMPATIBILITA' TRA INCARICHI DIRIGENZIALI E CARICHE SINDACALI O POLITICHE

DEVONO PASSARE 24 MESI TRA L’IMPEGNO E LA PROMOZIONE

di Chiara Paolin pubblicato su Il Fatto Quotidiano di giovedì 26 agosto 2010

Signori, a voi la scelta: carriera o sindacato? La circolare 11/2010 emessa lo scorso 6 agosto dal ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta impone una nuova limitazione ai dipendenti che vogliano far carriera nelle fila dello Stato. Interpretando la legge 150/2009, la celebre e incompiuta riforma Brunetta, il ministro ha precisato che – secondo la norma scritta da se medesimo – chi ricopre un ruolo dirigenziale nel sindacato o in un partito politico non può essere promosso al vertice di una struttura destinata alla gestione del personale se non due anni dopo la decadenza dal ruolo di rappresentanza. Insomma, se sei un sindacalista e aspiri ai piani alti, devi rinunciare all’incarico e aspettare 24 mesi prima di accettare la promozione. Per chi imbroglia sono previste sanzioni severissime, fino al licenziamento in tronco.

“Una norma folle, soggetta peraltro alle interpretazioni più varie – attacca Rossana Dettori, segretaria generale della Funzione Pubblica Cgil – basti pensare che chiunque abbia un incarico sindacale diventa automaticamente un dirigente, praticamente tutti, tranne i semplici tesserati”. Quindi, dice la sindacalista, impegnarsi nella difesa del lavoro diventa una scelta definitiva, “perché il limite dei due anni è chiaramente una trappola. Come si fa, ci si impegna col timer? Quando a un certo punto decide che è ora di far carriera butta tutta l’esperienza? Questa iniziativa è solo un altro modo di logorare il sindacato dall’interno, trasformando i diritti in una materia estranea alla contrattazione. Decide il governo per tutti e basta. A onor del vero, era nel programma elettorale comprimere gli spazi dei lavoratori, e ci stanno riuscendo bene direi”.

Le tentazioni dell’iscritto

IL MINISTRO Brunetta replica però che il punto è un altro: “Il futuro dirigente può esser iscritto a un partito o a un sindacato ma non deve aver ricoperto negli ultimi due anni un qualche incarico perché non sorga il cattivo pensiero che si strumentalizzi una delle due cariche per ottenere dei vantaggi dall’altra”. Il cattivo pensiero è dunque che chi fa attività di rappresentanza sociale abbia un secondo fine: gestire – scorrettamente – il potere.
Maurizio Cozza, sindacalista Cgil per la categoria medica, si ribella: “E’ ovvio che quando un dirigente sindacale assume un incarico importante nella gerarchia di un ente è corretto abbandonare la carica. Sta all’etica e all’intelligenza delle persone, secondo una tradizione fin qui solida. Ma adesso il problema è diverso, perché di fatto si impedisce di esprimere un diritto forte dei lavoratori, cioè la libera rappresentanza, in nome di un presunto conflitto d’interessi. E’ quantomeno bizzarro che proprio questo governo, con il ruolo di Berlusconi ormai premier, ministro dell’industria, capo di partito e proprietario di mille attività strutturali per il Paese, si ponga il problema di verificare la correttezza del singolo delegato sindacale nell’ipotesi in cui dovesse salire nella scala organizzativa. E poi, scusate tanto, ma perché la Polverini ha potuto diventare governatrice del Lazio per il Pdl direttamente dalla sua funzione di alto dirigente sindacale? Per lei la pausa dei due anni non era necessaria?”.

La reazione dei sindacati

IL SEGRETARIO confederale della Cisl, Gianni Baratta, ha fatto notare come la circolare presenti perfino un profilo di incostituzionalità nel momento in cui discrimina alcuni lavoratori, ovvero quelli che accettano ruoli nel sindacato o nel partito. “I dubbi sulla legittimità sono più che leciti – spiega Rosanna Dettori della Cgil – infatti ci stiamo attivando per impugnare questo provvedimento assolutamente ingiusto. E anche ridicolo. I colleghi che si occupano di dirigenti, per esempio, che dovranno fare? Se un manager decide di darsi anche al sindacato, o alla politica, dovrà dimettersi per poter rappresentare i suoi (ex) compagni di lavoro?”. Oggi c’è l’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne che si rifiuta di dar seguito a una sentenza dei giudici e un ministro della funzione pubblica che non ci consente di eleggere le rappresentanze sindacali di base, pur essendo un diritto previsto dalla legge. Qui si sta mettendo mano al sistema senza nemmeno passare dal Parlamento”.
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Ndr: Visto lo schifo dei sindacati della P.A. il divieto non mi dispiace affatto.

mercoledì 1 settembre 2010

il migliore e il peggiore

Ben ritrovati a tutti i miei lettori.

Terminate le vacanze :-( si ritorna davanti alla tastiera e come non commentare i risultati dei due sondaggi scherzosi che ho lanciato per l'estate?

Per il miglior Ragioniere Generale abbiamo avuto un incredibile testa a testa tra Andrea Monorchio e Vittorio Grilli con la vittoria al foto finish di quest'ultimo per un paio di voti (12-10).
Schiacciante invece il responso del peggiore, Mario Canzio aggrega il 68% dei partecipanti in una sonora bocciatura.

Vi lascio alle dovute riflessioni riportando alcune dichiarazioni di Francesco Giavazzi che ho letto nel libro di Stefano Lepri "La Finanziaria siamo noi":
"Grilli aveva istituito l'uso di negare il visto della Ragioneria alle leggi prive di copertura finanziaria"
"Il nuovo Ragioniere, Mario Canzio, è persona molto modesta e se, con la sua nomina, Berlusconi voleva dare l'impressione di voler politicizzare i conti pubblici riducendo a ragione i tecnici , meglio non poteva fare!"



Riepilogo risultati

migliore
Grilli 12 (41%)
Monorchio 10 (34%)
Canzio 2 (6%)
Ruggeri 1 (3%)
Firmi 1 (3%)
Milazzo 0 (0%)
altri 3 (10%)

Peggiore
Canzio 17 (68%)
Grilli 4 (16%)
Monorchio 2 (8%)
Ruggeri 1 (4%)
Milazzo 1 (4%)
altri 0 (0%)