martedì 31 marzo 2015

Spese per acquisti di mobili e arredi


L’articolo 1, comma 141, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Legge di stabilità 2013), come modificato dall’articolo 10, comma 6, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, in corso di conversione, stabilisce che negli anni 2013, 2014 e 2015, fatte salve le misure di contenimento della spesa già previste dalle vigenti disposizioni, le Amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, nonché le autorità indipendenti e la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), non possono effettuare spese di ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta in media negli anni 2010 e 2011 per l’acquisto di mobili ed arredi, se non destinati all’uso scolastico e dei servizi all’infanzia, salvo che l’acquisto sia funzionale alla riduzione delle spese connesse alla conduzione degli immobili.
 Va, comunque, ricordato che, ai sensi dell’articolo 1, comma 165, della stessa legge n. 228/2012, il suddetto limite di spesa non si applica agli investimenti connessi agli interventi speciali realizzati al fine di promuovere lo sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale, di rimuovere gli squilibri economici, sociali, istituzionali e amministrativi del Paese e di favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona in conformità al quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione e finanziati con risorse aggiuntive ai sensi del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88.
 Al riguardo, si ritiene utile fornire alcuni approfondimenti circa l’ambito oggettivo di applicazione della normativa in discorso, considerando, in via generale, che, stante la portata eccezionale della stessa, è da escludere che possa essere intesa in senso estensivo e, quindi idonea a ricomprendere tutti i beni mobili. Piuttosto, si è dell’avviso che le prescrizioni del comma 141 in discorso siano da riferirsi ai beni definiti ‘mobilia’ (cioè, armadi, tavoli, sedie, divani, poltrone, ecc.), destinati, unitamente agli ‘arredi’ – intesi come il complesso di oggetti che servono a completare l’addobbo, anche con sola funzione di abbellimento, di un locale – ad allestire gli uffici pubblici, allo scopo di renderli funzionali allo svolgimento dell’attività amministrativa.
 Per la puntuale identificazione dei mobili e degli arredi, così definiti, da sottoporre al limite di spesa previsto dal comma 141 dell'articolo 1 della legge n. 228/2012 in questione, si ritiene che un utile riferimento, ancorché da non considerare precettivo in assoluto, sia costituito dal vocabolario comune per gli appalti pubblici-CPV – di cui al Regolamento n. 213/2008/CE del 28 novembre 2007 – il quale, come noto, rappresenta un sistema di classificazione unitario dell’oggetto degli appalti pubblici allo scopo di agevolare gli operatori economici. In particolare, nella divisione 39, gruppo 1 Mobili e gruppo 2 Arredamento, sono elencati i beni considerati tali ai fini degli appalti pubblici, per cui è senz’altro nel novero degli anzidetti beni che vanno individuati quelli da considerare ai fini dell’applicazione delle norme di limitazione legale della spesa.
 Si può ritenere, inoltre, che qualora un’opera pubblica sia diretta alla costruzione, ristrutturazione o adeguamento di immobili destinati all’utilizzo da parte di amministrazioni pubbliche, la stessa ratio dell’esclusione espressamente prevista dal comma 141 (“salvo che l’acquisto sia funzionale alla riduzione delle spese connesse alla conduzione degli immobili”) possa ricorrere per le spese inerenti all’acquisto di mobili e arredi che siano state ricomprese nel quadro economico dell'investimento e considerate, fin dalla fase di progettazione dell’opera, strettamente funzionali a rendere fruibile l’immobile per lo scopo istituzionale previsto. Occorre, peraltro, evidenziare come l’anzidetta esclusione dal limite posto dalla normativa in esame possa essere assentita in presenza dei seguenti presupposti: 
- la decisione di realizzare gli immobili e di acquistare mobili e arredi, strettamente funzionali a rendere fruibile gli immobili stessi per lo scopo istituzionale dell’ente, deve essere stata assunta prima della data di entrata in vigore della legge di stabilità 2013;
 - a seguito della verifica degli organi interni di controllo, i risparmi realizzabili siano superiori alla minore spesa derivata dall’attuazione del comma 141.

   Relativamente, poi, all’importo da prendere in considerazione per il calcolo della percentuale massima, si è dell’avviso che lo stesso vada riferito all’ammontare totale della spesa sostenuta (impegnata) dall’amministrazione nel periodo di riferimento (2010-2011).


Si rammenta, infine, che la disposizione recata dal comma 142 dell’articolo 1 della medesima legge n. 228/2012 prevede che le somme derivanti dalle riduzioni di spesa di cui al comma 141 sono versate annualmente, entro il 30 giugno di ciascun anno, dagli enti e dalle amministrazioni dotate di autonomia finanziaria al capitolo 3502, capo X, dell'entrata del bilancio dello Stato. Detto comma 142, comunque, non si applica agli enti e agli organismi vigilati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali.

A margine, si rammenta che la violazione della disciplina in discorso è valutabile ai fini della responsabilità amministrativa e disciplinare dei dirigenti.

Scheda tematica D.8 della circolare n. 8/2015 del RGS

lunedì 30 marzo 2015

Spesa per studi e incarichi di consulenza

In materia si ritiene opportuno rammentare che l’articolo 1 del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 ha, tra l’altro, introdotto alcune modifiche in materia di contenimento della spesa annua per studi e incarichi di consulenza.
 In particolare, si segnala il comma 5 del richiamato articolo 1, il quale dispone che, a decorrere dal 2014, la spesa annua per studi e incarichi di consulenza, inclusa quella relativa a studi e incarichi di consulenza conferiti a pubblici dipendenti, sostenuta dalle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché dalle autorità indipendenti e dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), escluse le università, gli enti e le fondazioni di ricerca e gli organismi equiparati, nonché gli istituti culturali e gli incarichi di studio e consulenza connessi ai processi di privatizzazione e alla regolamentazione del settore finanziario, non può essere superiore, per l'anno 2014, all'80 per cento del limite di spesa per l'anno 2013 e, per l'anno 2015, al 75 per cento dell'anno 2014, così come determinato dall’articolo 6, comma 7, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

venerdì 27 marzo 2015

Spese per autovetture

Relativamente alla tematica in rassegna, occorre innanzitutto evidenziare che, a seguito di talune misure di razionalizzazione della spesa per autovetture intervenute nel corso dell’anno 2014, i precedenti tetti, già previsti per questa tipologia di spesa per il citato anno, hanno subito per i restanti mesi dello stesso anno, una ulteriore contrazione, limite che va, parimenti, tenuto presente per l’anno 2015.
Ciò premesso, si rammenta che le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), nonché le autorità indipendenti e la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), ferme restando le misure di contenimento della spesa già previste dalle vigenti disposizioni, fino al 31 dicembre 2015, non possono acquistare autovetture né possono stipulare contratti di locazione finanziaria aventi ad oggetto autovetture.

giovedì 26 marzo 2015

Riduzioni di spesa per beni e servizi

Si rammenta che, a decorrere dall’anno 2014, al fine di assicurare la riduzione della spesa per acquisti di beni e servizi per gli enti pubblici, nelle more della determinazione degli obiettivi, i trasferimenti dal bilancio dello Stato agli enti e agli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, con esclusione delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, degli enti locali, degli enti del servizio sanitario nazionale, sono ulteriormente ridotti, a decorrere dall'anno 2014 su base annua, in misura pari al 5 per cento della spesa sostenuta per consumi intermedi nell'anno 2010. 
La norma in esame stabilisce che nel caso in cui per effetto delle operazioni di gestione la predetta riduzione non fosse stata possibile, per gli enti interessati si sarebbe dovuto applicare la disposizione di cui ai periodi successivi. 

Inoltre la norma stabilisce che gli enti e gli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, che non ricevono trasferimenti dal bilancio dello Stato adottano interventi di razionalizzazione per la riduzione della spesa per consumi intermedi in modo da assicurare risparmi corrispondenti alla suindicata misura. Le somme derivanti dalle riduzioni sopra richiamate sono versate annualmente ad apposito capitolo (n. 3541 - Capo X) dell'entrata del bilancio dello Stato, entro il 30 giugno di ciascun anno. 

Occorre specificare, poi, che quanto precede non trova applicazione nei riguardi degli enti e organismi vigilati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali. Si precisa, infine,  che gli enti e organismi possono effettuare variazioni compensative fra le spese soggette ai limiti di cui al decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, e  legge 24 dicembre 2012, n. 228, assicurando il conseguimento degli obiettivi complessivi di contenimento della spesa previsti dalle citate disposizioni e il versamento dei relativi risparmi al bilancio dello Stato. 

Con la medesima disposizione viene prevista anche la soppressione del comma 10 dell'articolo 6 del decreto legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, fermo restando l’obbligo di assicurare il conseguimento degli obiettivi complessivi di contenimento della spesa previsti dalle citate disposizioni ed il versamento al dei relativi risparmi al bilancio dello Stato. 

Da ultimo, si evidenzia che qualora, con l'attuazione delle misure di cui all’articolo 50 o di ulteriori interventi individuati dagli enti stessi nell'ambito della propria autonomia organizzativa, non si raggiungano i risparmi previsti dal comma 3 della stessa norma, gli enti interessati possono provvedere anche attraverso la riduzione delle altre risorse destinate a interventi di natura corrente, con l'esclusione delle spese di personale.


Scheda tematica D.1 della circolare 8/2015 della RGS

mercoledì 25 marzo 2015

Obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni; indicatori di tempestività dei tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture delle amministrazioni pubbliche

Con l'entrata in vigore del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 5 aprile 2013, n. 80), sono state riordinate in un unico corpo normativo le disposizioni riguardanti gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 1, comma 35, della legge 6 novembre 2012, n. 190 (c.d. legge anticorruzione). 
Sulla materia in argomento occorre premettere che, in data 14 febbraio 2014, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione ha emanato la circolare n. 1/2014 con la quale sono stati forniti primi indirizzi applicativi in tema di “attuazione della trasparenza” nonché precisazioni circa l’ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione delle regole di trasparenza di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190 e al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, con particolare riguardo agli enti economici e le società controllate e partecipate. 

martedì 24 marzo 2015

Impostazione del bilancio previsionale; equilibrio dei bilanci delle amministrazioni pubbliche non territoriali

Si richiama, preliminarmente, l’articolo 13, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, concernente il pareggio del bilancio in attuazione dell’articolo 81 della Costituzione: “I bilanci delle amministrazioni pubbliche non territoriali che adottano la contabilità finanziaria si considerano in equilibrio quando, sia in fase di previsione che di rendiconto, registrano un saldo non negativo in termini di cassa e di competenza tra le entrate finali e le spese finali. 

Ai fini della determinazione del saldo, l'avanzo di amministrazione può essere utilizzato, nella misura di quanto effettivamente realizzato, solo successivamente all'approvazione del rendiconto e comunque nel rispetto di eventuali condizioni e limiti previsti dalla legge dello Stato.”

In altri termini – fermo restando il rispetto di eventuali norme che fissassero ulteriori condizioni e limiti, con particolare riferimento agli effetti in termini di indebitamento netto - l’avanzo di amministrazione presunto può essere utilizzato soltanto in seguito all'approvazione del rendiconto ai fini della determinazione del saldo e del conseguimento dell’equilibrio. 
La disposizione, quindi, introduce un criterio esclusivamente formale (approvazione del conto consuntivo) ai fini della possibilità dell’utilizzo dell’avanzo di amministrazione. Si ritiene, infatti, che l’utilizzo delle risorse iscritte nell’avanzo possa, sotto la responsabilità dell’Amministrazione, anche essere ammessa, qualora presenti caratteri di precisione e certezza, tali da escluderne la presunzione

mercoledì 4 marzo 2015

Corretta applicazione dell’art. 55 del CCNL del comparto Scuola

Sono pervenuti numerosi quesiti all’Aran sulla corretta applicazione dell’art. 55 del CCNL del 29 novembre 2007 del comparto scuola concernente la riduzione dell’orario di lavoro, per il personale Ata, a 35 ore settimanali. 

Secondo tale articolo, “destinatario della riduzione d’orario a 35 ore settimanali è il personale Ata adibito a regimi di orario articolati su più turni o coinvolto in sistemi d’orario comportanti significative oscillazioni degli orari individuali, rispetto all’orario ordinario, finalizzati all’ampliamento dei servizi all’utenza e/o comprendenti particolari gravosità nelle seguenti istituzioni scolastiche: 
a) istituzioni scolastiche educative; 
b) istituzioni con annesse aziende agrarie; 
c) scuole strutturate con orario di servizio giornaliero superiore alle dieci ore per almeno 3 giorni la settimana. 

2. Sarà definito a livello di singola istituzione scolastica il numero, la tipologia e quant’altro necessario a individuare il personale che potrà usufruire della predetta riduzione in base ai criteri di cui al comma 1”. 

Dalla norma su citata risulta evidente la presenza di due condizioni, una oggettiva e l’altra soggettiva, necessarie affinché il dirigente scolastico possa individuare il personale Ata destinatario della riduzione dell’orario di lavoro.