giovedì 28 aprile 2011

FUA 2010 e SIVAP

Ricevo dalla UIL e pubblico
Il giorno 27 aprile 2011 si è tenuta la riunione concernente il seguente O.d.G.:
 Quantificazione e criteri di distribuzione FUA 2010;
 Sistema di valutazione del personale.

FUA 2010
È stata una trattativa molto lunga ed estenuante, che ha visto come prima presentazione, da parte dell’Amministrazione, un accordo che prevedeva una suddivisione per scala parametrale divisa per posizione economica, una valutazione del dirigente, il blocco della contrattazione di secondo livello decentrata.
Questa O.S. ha dichiarato che la mancata modifica dei punti elencati sopra vedeva l’impossibilità di una firma della UILPA-MEF su tale accordo. Soltanto dopo svariati interventi e dichiarazioni di voto si è arrivati all’accordo in allegato, con affermazione a verbale da parte di questa O.S. che prevede che l’assiduità partecipativa dovrà essere calcolata secondo le modalità definite da apposita circolare.
La UILPA-MEF vigilerà affinché la circolare includa, oltre alle altre fattispecie già considerate in precedenza (II° semestre 2009 legge 102/ 2009), anche le cause di servizio, che in passato sono state a nostro avviso inspiegabilmente penalizzate.
E’ inoltre espressamente previsto un ulteriore accordo per il passaggio delle posizioni economiche.
In assenza dei due citati elementi la UILPA-MEF sarà costretta a ritirare la firma dall’accordo.
Un risultato molto importate che prende in considerazione quasi tutte le innumerevoli richieste del personale e le battaglie (vedi assenze per causa di servizio) che questa O.S. sta portando avanti da almeno due anni.
Una O.S. asserisce che con quest’accordo sussiste un appiattimento professionale, ma bisogna ricordare che è lo stesso CCNL ad evidenziare non più una differenza sostanziale per posizione economica ma un diversificazione per area, un contratto al quale tutti siamo sottoposti.

SIVAP
Successivamente all’accordo del FUA 2010 la riunione, che è proseguita nel pomeriggio, ha avuto un protagonista, il sistema di valutazione del personale, che ha visto questa O.S. contraria non solo sul punto di vista sostanziale ma anche sui tempi di applicazione del sistema.
Ad oggi dove il MEF subisce una trasformazione radicale, che vede in difficoltà alcune sedi periferiche dal punto di vista logistico e lavorativo, un sistema di valutazione così come presentato crea soltanto attriti tra personale stesso e tra il personale e il dirigente, sottraendo energie che potrebbero essere utilizzate per il raggiungimento dell’obiettivo di sede.
Sostanzialmente la UILPA-MEF ha fatto rilevare che un comitato di garanzia non può essere solo costituito dall’Amministrazione, e che, cosa molto più grave, ad una controversia, tra valutatore e valutato, esprime un parere obbligatorio ma non vincolante.
Abbiamo anche ricordato all’Amministrazione che tale sistema ha una registrazione della corte dei conti antecedente l’accordo del 4 febbraio 2011, quest’ultimo prevede un ruolo rilevante delle OO.SS. per la costituzione e applicazione del sistema di valutazione, e che ad esso devono essere applicate nuove risorse economiche.
Diffidiamo l’Amministrazione all’applicazione di tale strumento che ad oggi a nostro parere sembra più un documento punitivo che valutativo, chiediamo più tavoli di confronto serio sull’argomento per raggiungere una qualità sulla valutazione della perfomance il più possibile condivisa.

PASSAGGI ECONOMICI
Oggi l’Amministrazione ci ha comunicato di non aver riscontrato criticità sulle domande di presentazione per i passaggi economici, tali da dover chiedere un tavolo di confronto con le OO.SS. e che sono giunti ad una percentuale di correzione che potrebbe vedere la graduatoria definitiva nei prossimi mesi.

Roma, 27 aprile 2011

Il Coordinatore Generale
BORDINI Andrea G.

mercoledì 27 aprile 2011

Istruzione e indennità in Parlamento

Pubblicato il 1 aprile su www.lavoce.info


In Italia l’indennità parlamentare annua, in termini reali (misurata in euro del 2005), è aumentata da 10.712 euro nel 1948 a 137.691 euro nel 2006, il che significa un aumento medio del 9,9 per cento all’anno e un incremento totale di 1.185,4 per cento (negli Stati Uniti l’incremento annuale è stato dell’1,5 per cento e l’incremento totale del 58 per cento!).

Dalla figura si nota un improvviso e sostenuto aumento delle retribuzioni dei parlamentari negli anni Sessanta, seguito da un significativo calo negli anni Settanta (a causa soprattutto dell’elevata inflazione) per poi crescere a un tasso del 3,9 percento annuo.

Il livello di istruzione è cambiato enormemente tra il 1948 e il 2006. La percentuale di nuovi eletti con una laurea, pari al 91,4 per cento all’inizio della prima Legislatura, è diminuita costantemente sino a quota 64,6 per cento dopo le elezioni del 2006.

Se ci si concentra sulle differenze tra la Prima e la Seconda Repubblica la percentuale di parlamentari laureati è scesa dall’80,5 al 68,5 per cento. E’ interessante notare che nello stesso periodo è tuttavia cresciuto il numero di donne parlamentari laureate (il 70,1 per cento) rispetto a quello degli uomini (il 68,2 per cento).

Tratto da "Il Mercato del lavoro dei politici" di V. Galasso, M. Landi, A. Mattozzi, A. Merlo; in "Classe Dirigente – L’intreccio tra business e politica", a cura di Tito Boeri, Antonio Merlo, Andrea Prat, Egea, 2010 Tito Boeri, Antonio Merlo, Andrea Prat, (Egea 2010)

venerdì 22 aprile 2011

Buona Pasqua

Lavoro flessibile, la legge Biagi va estesa alla Pa

Articolo di Francesco Verbano (1) pubblicato il 18 aprile 2011 su www.ilsole24ore.com

Il continuo contenzioso che sta recentemente emergendo, nelle diverse pubbliche amministrazioni, in materia di rispetto della normativa sul contratto a termine, sembra rilevare ancora una volta come un problema di carattere meramente finanziario, in termini di costi da risarcimento da sopportare, senza far emergere le evidenti responsabilità gestionali e il danno che viene recato in termini di visione distorta sul lavoro flessibile. Tutto ciò con evidenti effetti negativi sull'immagine e idea del lavoro flessibile e conseguenti riflessi sul mercato del lavoro privato.
Il cattivo comportamento datoriale del settore pubblico, non essendo debitamente sanzionato, ha prodotto nel tempo un fenomeno di precarietà diffusa. Questo sta falsando, come è evidente anche da alcuni interventi sulla stampa, le analisi sull'intero mercato del lavoro e quindi contribuendo a sbagliare sulle soluzioni che possono aiutare a superare le criticità del mercato del lavoro privato.
Il datore di lavoro pubblico ha applicato le disposizioni in materia di lavoro flessibile in maniera impropria e massiva, approfittando di due condizioni particolarmente vantaggiose: l'iniziale favore delle norme sui tetti di spesa nei confronti dei contratti di lavoro flessibile, e soprattutto, la norma contenuta nel Dlgs 29/93 (oggi Dlgs 165/2001) che vietava l'applicazione alle pubbliche amministrazioni della sanzione della trasformazione del rapporto in caso di violazione delle norme sui contratti a termine.
Le amministrazioni pubbliche hanno trovato conveniente ricorrere al lavoro flessibile per diverse ragioni: la presenza del blocco delle assunzioni a tempo indeterminato, l'eccessiva rigidità dei lavoratori a tempo indeterminato, nonché, aspetto poco evidenziato ma rilevante, la possibilità di assumere discrezionalmente i lavoratori con contratti flessibili, senza dover quindi attivare un concorso vero e proprio.
Così, grazie alla mancanza della sanzione della trasformazione del rapporto di lavoro, mentre sul fronte privato venivano apportati diversi interventi di modifica al Dlgs 368/2001, con l'obiettivo di responsabilizzare il datore di lavoro privato, il datore di lavoro pubblico violava continuamente tutte le disposizioni in materia.
Nella ricerca e nella sanità (ma non solo) si è assistito a borse di studio che camuffavano veri e propri lavori subordinati. In generale venivano stipulati contratti a tempo determinato di sette anni avallati persino dai contratti collettivi nazionali, chiaramente in violazione delle norme comunitarie sul contratto a termine; rinnovi periodici, sia per atti datoriali sia attraverso leggi nazionali e regionali. Oppure contratti di somministrazione che pur cambiando le agenzie per il lavoro hanno consentito di somministrare gli stessi lavoratori per quattro o cinque anni di seguito. Infine, contratti di collaborazione coordinata e continuativa con retribuzione mensile e vincolo di orario e sede nella prestazione lavorativa.

Tutto questo è stato apertamente tollerato dalle norme e dai contratti collettivi, dagli organi di controllo, dagli ispettori delle pubbliche amministrazioni, dai vertici politici e dalle organizzazioni sindacali. Nessuno si è mai opposto a tali contratti di lavoro flessibile, né tanto meno alle proroghe degli stessi.

La gravità maggiore sta nel fatto che una specificità e grave patologia riguardante prevalentemente il settore pubblico influenzi il dibattito sul lavoro flessibile, sull'occupazione e sul mercato del lavoro privato. Appare urgente riflettere allora con strumenti diversi. Pensiamo a rivedere le sanzioni nel settore pubblico e le responsabilità dirigenziali e pensiamo, anche se con un ritardo di otto anni, ad introdurre il decreto Biagi nelle pubbliche amministrazioni.
Valutiamo se introdurre nel settore pubblico il contratto di apprendistato o quello di inserimento. Il tutto partendo da un'analisi sui fabbisogni di flessibilità del settore pubblico e sul ruolo che può avere il contratto di lavoro flessibile nel settore pubblico, del tutto diversa da quella che è stata alla base degli interventi nel mercato del lavoro privato.

Affrontiamo, pertanto al netto della specificità del pubblico, il tema della flessibilità del mercato del lavoro e del contratto di lavoro, distinguendo tra flessibilità e precarietà. Partendo da un dato di chiarezza e cioè che quanto previsto dal decreto legislativo Biagi nulla ha a che fare con le nefandezze del settore pubblico, come quella di poter stipulare un contratto a termine di 7 anni e per di più rinnovabile.

(1) Docente della Sspa e consigliere giuridico del ministero del Lavoro e delle politiche sociali

mercoledì 20 aprile 2011

Schema di decreto legislativo per riordino permessi

dal sito www.uilpa.it

Il Governo, in attuazione della delega contenuta nell'art. 23 della legge n. 183 /2010 ha presentato nei giorni scorsi alle parti sociali uno schema di D. Lgs. di riordino della materia dei congedi, aspettative e dei permessi. A dire il vero, oltre ad un riordino delle diverse disposizioni in essere, nella bozza è prevista in alcuni casi una sostanziale modifica dell'attuale regolamentazione della materia.

E su diversi aspetti il riordino si caratterizza in senso restrittivo. Particolarmente penalizzanti sono le norme previste nell'art. 6 dello schema che introducono disposizioni per noi discriminanti nell'assistenza ai familiari disabili, più volte censurate dalla stessa Corte di Cassazione e che andrebbero, quindi, eliminate dal testo.

Inoltre al fine di garantire maggiore assistenza ai disabili appare necessario prevedere la possibilità di garantire il diritto all'assistenza anche ad un tutore o amministratore di sostegno, in mancanza di parenti o affini. Così come all'art. 3 relativo all'estensione del congedo parentale riteniamo necessario riconoscere tale diritto anche in caso di ricovero ospedaliero dei figli minori, invece escluso dal testo del Governo.

Per quanto concerne inoltre l'arco temporale di concessione dei benefici in caso di genitori adottivi o affidatari a nostro parere appare utile integrare l'art. 36 del D.Lgs 151/2001, per riconoscere il diritto al trattamento economico nei primi otto anni dall'ingresso del minore in famiglia. Nello schema di D.Lgs. all'art. 5 inoltre viene regolamentata anche l'aspettativa per dottorato di ricerca armonizzando nel settore del pubblico impiego le disposizioni previste dalla riforma Gelmini con riferimento sia alle modalità di concessione dell'aspettativa (compatibilità con le esigenze di servizio, eventuale fruizione nell'anno precedente, possesso del titolo di dottorato ) che di retribuzione (ripetibilità delle somme erogate nel biennio qualora vi sia recesso dal rapporto di lavoro da parte del dipendente).

Da segnalare inoltre all'art. 2 una maggiore flessibilità del congedo di maternità, con la possibilità di rientro anticipato in caso di interruzione della gravidanza ed all'art. 7 chiarimenti sulle modalità di fruizione del congedo di malattia per i lavoratori cui sia stata riconosciuta una percentuale di invalidità superiore al 50%.

Su queste osservazioni, avanzate dalla UIL nel corso dell'incontro e successivamente formalizzate ai rappresentanti del Governo nell'ambito del sistema di partecipazione che prevede che sulla materia vengano sentite preventivamente le parti sociali, vigileremo affinchè possano essere recepite nel testo definitivo del Decreto legislativo.

Per non indebolire il sistema di tutele e di assistenza già messo a dura prova nel nostro paese.

Allegati:

martedì 19 aprile 2011

Le progressioni interne

Ricevo dal sindacato CISL e pubblico

Da più parti del territorio romano ci arrivano richieste di chiarimenti per ciò che riguarda lo stato delle selezioni interne alle aree con decorrenza gennaio 2010.
Crediamo sia necessario per primo riepilogare il numero complessivo di passaggi per fasce, a seguito degli accordi nazionali sottoscritti del 28/7/2010 e 4 novembre 2010.

AREA E FASCIA CONTINGENTE Decorrenza
Area 1 fascia 2 115 1 gennaio 2010
Area 1 fascia 3 520 1 gennaio 2010
Area 2 fascia 2 1235 1 gennaio 2010
Area 2 fascia 3 2270 1 gennaio 2010
Area 2 fascia 4 1180 1 gennaio 2010
Area 2 fascia 5 1045 1 gennaio 2010
Area 3 fascia 2 630 1 gennaio 2010
Area 3 fascia 3 1025 1 gennaio 2010
Area 3 fascia 4 1205 1 gennaio 2010
Area 3 fascia 5 630 1 gennaio 2010
Area 3 fascia 6 255 1 gennaio 2010

Ricordiamo inoltre che le domande presentate sono state circa 11.400 per 10.110 posti.

L’ottimo risultato raggiunto in termini complessivi dove l’apporto della CISL a livello nazionale è stato determinante, ha bisogno di essere portato a compimento il più presto possibile.

Ad oggi la situazione è la seguente:

1. L’Amministrazione ha creato una task force, per l’analisi istruttoria delle domande, al fine di creare meno contenzioso possibile e quindi dare corso alla pubblicazione delle graduatorie.

2. Ad oggi le domande esaminate sono poco più del 50% e a detta dell’Amministrazione i tempi medi per la conclusione dell’istruttoria sono previsti entro l’estate.

Nell’apprezzare il massimo impegno dei colleghi utilizzati per la task force, ai quali non ci stancheremo di ringraziarli, chiediamo all’Amministrazione di adoperarsi al fine di ridurre tali tempi.
Dopo tantissimo tempo finalmente si sta dando una risposta al riconoscimento professionale del personale del MEF.
Ma per la nostra organizzazione questo risultato che ribadiamo si deve concludere in tempi brevi, deve essere considerato non come un punto di arrivo bensì come la base di un nuovo progetto.
Un progetto, a nostro avviso che deve dare slancio e motivazione per il riconoscimento pieno delle professionalità e capacità dei lavoratori del MEF, nell’ottica di un’Amministrazione che per l’importanza strategica che riveste nel nostro paese, deve essere messa nelle condizioni migliori per esercitare il suo compito.


Il Coordinatore regionale CISL FP MEF - Benedetto Conigliaro
CISL FP ROMA - Marco Ravaioli

La telenovela continua

Ricevo pubblico uno scambio di e.mail tra il dott. Filisetti e un nostro lettore avvenuto ieri.

E.mail del lettore
1-la nota in esame fa cadere la comunicazione dell'Ufficio III dell'IGF del 4/4/2011, che prevedeva il parere di conformità anche dal solo revisore del MEF?
2-Il revisore del MEF, veda il caso del mio istituto che è già venuto e per martedì 19 p.v. è stato già convocato il Consiglio di Istituto per l'approvazione del conto consuntivo, avendo espresso lo stesso parere positivo, cosa facciamo? Proseguiamo comunque e quando sarà nominato quello del MIUR potrà rivedere il tutto, come d’altronde, scritto nella nota del MIUR 101 del 19/2/2007?
3- Qualora il revisore del Mef, volesse comunque venire, cosa facciamo?


Risposta del direttore Marco Filisetti
1) il parere è reso obbligatoriamente da ambedue i revisori;
2) ritengo che l'approvazione definitiva del consuntivo debba avvenire acquisito anche il parere del revisore MIUR
3) va bene fermo restando quanto al punto 2
Con l'occasione anticipo che la nomina dei revisori MIUR è imminente
Cordialità

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Ma il MIUR e la Ragioneria Generale concordano sulle disposizioni o visto che al governo c'è il Popolo delle Libertà ognuno fa come c.... gli pare!!!

venerdì 15 aprile 2011

Differimento termine per presentazione consuntivo nelle scuole

Piove sul bagnato.

Con nota n. 2691 di ieri , 14 aprile 2011, il direttore generale Marco Ugo Filisetti, si dice sia cognato del Ministro Gelmini, ha differito il termine previsto dall'articolo 18, comma 5, del decreto interministeriale del 1° febbraio 2001.
Infatti, considerato che sono in corso le nuove nomine dei revisori dei conti del MIUR (come se non lo sapessero da tre anni) il termine del 30 aprile stabilito dal regolamento approvato dal decreto suscritto viene differito al 31 maggio 2011. Di conseguenza slitta al 15 giugno 2011 il termine previsto dal comma 6 del citato articolo.

Mi sorge un dubbio: può una semplice nota di un direttore modificare una norma emanata con decreto interministeriale?
Oltre al processo breve abbiamo approvato la modifica legislativa semplice!

NB: potete richiedere copia della nota a notiziedalmef@gmail.com

giovedì 14 aprile 2011

Revisori MIUR: se non siamo nel caos poco ci manca!

Ricevo da una collega e pubblico
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Gentile dott. xxxxxxx,

a seguito della sua comunicazione pervenuta per il tramite della RTS di Napoli che, ad ogni buon conto, rimetto in calce, io e molti altri colleghi del MEF, siamo andati a fare le verifiche del conto consuntivo 2010 presso gli ambiti scolastici assegnati in assenza del collega in rappresentanza del MIUR che si è rifiutato di venire in quanto non più avente titolo. Nel relativo verbale abbiamo pertanto evidenziato l’assenza giustificata del collega in rappresentanza del MIUR per scadenza del mandato.

Nella giornata di ieri è pervenuta dalla RTS della provincia di Teramo una comunicazione (anch’essa indicata in calce) secondo la quale i colleghi del MIUR pur con mandato scaduto, sarebbero tenuti alla verifica del consuntivo sulla base di quanto previsto dal comma 617 dell’articolo 1 della legge 296/2006, in quanto resterebbero confermati fino alla nomina del nuovo revisore.

E’ evidente che a seguito di due comunicazioni contrastanti si sia creata una situazione disagio e per questo motivo le chiedo una gentile conferma su quanto da lei comunicato.

Ringrazio per la collaborazione

Cordiali saluti

Lettera firmata

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Nota inviata dalla rts di Napoli

Nelle more delle modifiche del d.i. 44 del 2001 in tema di organo di controllo, non essendo più operante il collegio dei revisori, si ritiene che entrambi i revisori debbano esprimere il parere di propria competenza sul programma annuale, sul conto consuntivo e sulla contrattazione integrativa.

Attualmente, il ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha ancora provveduto a nominare i propri revisori il cui mandato è scaduto il 31 dicembre 2010 e quindi per effetto del d.l. 293/94 convertito in legge 444/94, hanno continuato ad operare per ulteriori 45 giorni (14 febbraio 2011).

Pertanto, al fine di consentire il regolare svolgimento dell'attività amministrativa si ritiene, in linea con quanto riportato nella nota RGS n. 103473 del 13 ottobre 2009 e nella nota MIUR n. 101 del 19 febbraio 2007, che nell'impossibilità da parte di un revisore di esprimere il proprio parere (non ancora nominato) debba procedere l'altro autonomamente e conseguentemente l'istituzione scolastica procedere all'approvazione del conto consuntivo. Tale procedura non esonera, comunque, l'altro revisore, una volta nominato, a fornire le proprie valutazioni al riguardo in occasione della prima visita utile.

firmata dal dirigente igf
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Nota dalla rts di Teramo
Prot. N. 5644 del 12 aprile 2011


Gentili Revisori MEF,

Dall' esame di alcuni verbali protocollati nell’ ultimo periodo nell’applicativo Athena si evince l’assenza giustificata dei colleghi del MIUR per scadenza del mandato.

Si richiama l’attenzione delle SS. LL. sul contenuto del comma 617 dell’art.lo 1 della Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) inerente l’attività dei revisori dei conti che sono confermati fino all’emanazione del decreto della nuova nomina.

Si allegano alla presente la comunicazione e-mail RGS IGF Coordinamento RPS dell’ 8 gennaio 2007 e la Nota Prot. N° 0123864 del 21 ottobre 2008 dell’IGF Ufficio III.

Cordiali saluti.
IL CAPO Servizio I


mercoledì 13 aprile 2011

C.I.G. …Istruzioni per l’uso…

dalla nota dell'ANQUAP


I temi del codice dei contratti pubblici e della tracciabilità dei flussi di pagamento sta interessando tutte le Amministrazioni Pubbliche e quindi anche le Istituzioni Scolastiche. Sull’argomento, con riferimento al C.I.G., riteniamo utile fornire il presente contributo con riserva di ulteriori interventi e approfondimenti.
Ai sensi del D.L.vo 12 aprile 2006, n. 163 “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE “ il C.I.G. era utilizzato al fine di vigilare sulla regolarità delle procedure di affidamento dei contratti pubblici sottoposti alla vigilanza dell’A.V.C.P. .
A seguito della promulgazione della legge 13 agosto 2010 n.136, come modificata dal D.L. n. 187 del 12 novembre 2010, convertito in legge con modificazioni dalla legge n. 217 del 17 dicembre 2010, Il C.I.G. è divenuto lo strumento, insieme al CUP, su cui è imperniato il sistema della “Tracciabilità dei flussi di pagamento”.
In considerazione di questa nuova strategica funzione, il codice identificativo di gara “C.I.G.”, attribuito su richiesta della Stazione Appaltante dall'autorità di Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, è divenuto obbligatorio anche per le II.SS.AA., quando queste si configurino quali “Stazione Appaltante”, per tutte le fattispecie contrattuali di cui al Codice dei contratti, indipendentemente dalla procedura di gara adottata, del contraente e dall'importo del contratto.
Appare utile ricordare che una I.S.A. si qualifica Stazione Appaltante ogni qualvolta attui una procedura di gara per l’acquisto di beni, servizi e forniture ( i lavori, in genere, non rientrano nell’attività delle Scuole ).
Si propone infine uno schema riassuntivo per chiarire gli obblighi afferenti della scuole rispetto alle procedure da attivare per il C.I.G.

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Contratti di valore inferiore a €.2.000,00 (o al limite superiore fissato dal Consiglio di Istituto) N.B. Il limite fissato dal Consiglio dovrà comunque essere “rispettoso” del “costo complessivo” dell’attività svolta dalle singole scuole. Si può ipotizzare, correttamente,una somma compresa tra €. 2.000,00 ed €.10.000,00 calcolata in percentuale al complessivo importo iscritto nel P.A. detratte le somme relative alle spese di personale.
PROCEDURA
Amministrazione diretta senza obbligo di procedure di gara, per cui la scuola non viene a configurarsi come Stazione Appaltante.

cig: NO
questa tesi è condivisa dal Dr. Compagnoni del MIUR e dal blog dei Professionisti per i Professionisti ( Postilla ) come da note allegate.

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Contratti di valore tra i €.2.000,00 (o al limite superiore fissato dal Consiglio di Istituto) e €. 20.000,00

PROCEDURA ORDINARIA di CONTRATTAZIONE.

Obbligo di procedure di gara, per cui la scuola viene a configurarsi come Stazione Appaltante.

Cig: SI

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Contratti di valore superiore ai €.20.000 ma inferiori alla soglia comunitaria di €.125.000,00

Obbligo di procedure di gara, per cui la scuola viene a configurarsi come Stazione Appaltante

Cig: SI

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ontratti di valore superiore alla soglia comunitaria di €.125.000

PROCEDURE di GARE STABILITE DAL CODICE CONTRATTI PUBBLICI.
Obbligo di procedure di gara, per cui la scuola viene a configurarsi come Stazione Appaltante

Cig: SI


martedì 12 aprile 2011

Rispunta Brancher

Vi ricordate dell'onorevole Aldo Brancher nominato ministro ed immediatamente dimessosi per problemi giudiziari?
Il deputato, infatti, oltre ad essere stato arrestato (3 mesi) durante Tangentopoli e condannato in appello per falso in bilancio e finanziamento illecito al Psi – salvato dalla depenalizzazione del primo reato (grazie al governo Berlusconi di cui faceva parte) e dalla prescrizione per il secondo – è anche imputato a Milano per appropriazione indebita nel processo Fiorani-fallita scalata Antonveneta.

Con curriculum di questo genere poteva stare fuori dai "giochi"? Assolutamente no e incredibilmente rispunta presso la Ragioneria Territoriale dello Stato di Verona.


Come?
Il decreto del Presidente del consiglio dei ministri del 14 gennaio 2011 pubblicato su G.U. del 22 marzo 2011 crea un organismo di indirizzo (ODI) che stabilisce gli indirizzi per la valutazione e l'approvazione dei progetti presentati e determina annualmente la ripartizione del finanziamento di 40 milioni di euro annui.

L'ODI e' composto dai seguenti otto componenti (durano in carica cinque anni):
a) On. Aldo Brancher, con funzioni di presidente, in rappresentanza del Ministro dell'economia e delle finanze;
b) dott. Mattia Losego, in rappresentanza del Ministro dell'economia e delle finanze;
c) dott. Daniele Molgora, in rappresentanza del Ministro dell'interno;
d) dott. Maurizio Facincani, in rappresentanza del Ministro per i rapporti con le regioni;
e) dott. Sergio Bettotti, in rappresentanza della Provincia autonoma di Trento;
f) dott. Hermann Berger, in rappresentanza della Provincia autonoma di Bolzano;
g) sig. Roberto Baitieri, in rappresentanza della Regione Lombardia;
h) dott. Roberto Ciambetti, in rappresentanza della Regione Veneto.


Gli oneri connessi alla partecipazione alle riunioni sono a carico dei rispettivi soggetti rappresentati, quindi le spese dell'onorevole Brancher e dell consigliere comunale di Belluno, dott. Losego, saranno pagate dal nostro Ministero.

Inoltre l'ODI ha sede presso il Ministero dell'economia e delle finanze-Ragioneria territoriale dello Stato di Verona e si avvale di una segreteria composta da un contingente di 15 unita' di personale, di livello dirigenziale e non dirigenziale, appartenente alla medesima amministrazione, ovvero in posizione di comando , presso le amministrazioni statali o presso le altre amministrazioni rappresentate nell'ODI.
La segreteria e' coordinata da un dirigente della medesima Ragioneria Territoriale dello Stato.

Infine, è prevista anche la costituzione, deliberata dall’ODI, di una commissione di approvazione dei progetti- CAP, con il compito di approvare annualmente i progetti e determinare i finanziamenti spettanti a ciascuno di essi. La commissione svolge tale funzione sulla base degli indirizzi stabiliti dall'ODI.
La CAP, presieduta dal Presidente dell'ODI, , approva i progetti ed i relativi finanziamenti, sulla base degli indirizzi stabiliti dall'ODI

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Incredibile per due motivi:
1) per il governo le ragionerie territoriali sono inutili e ormai hanno perso la loro vocazione tecnica (competenze delle DTEF soppresse)
2) non c'era uomo più giusto che un rinviato a giudizio per appropriazione indebita da nominare ad un organismo che decide a chi erogare 40 milioni di euro di finanziamento .


lunedì 11 aprile 2011

Per una scuola migliore bisogna responsabilizzare i presidi

Intervista a cura di Giuseppe Grampa all'on. Pietro Ichino, pubblicata su Il Segno, mensile della Diocesi di Milano – aprile 2011.


Pietro Ichino si batte da tempo per il superamento di quello che lui chiama l’apartheid tra protetti e non protetti nel mercato del lavoro italiano. Già il suo libro del 1996, Il lavoro e il mercato, denunciava non soltanto l’ingiustizia, ma anche l’inefficienza economica di un sistema che divide i lavoratori tra quelli di serie A e quelli di serie B, lavoratori a termine o “a progetto” e “collaboratori continuativi autonomi”, quelli di serie C, in cui lui mette le false “partite Iva”, o persino di serie D: i paria del lavoro nero.
Con il disegno di legge n. 1873 presentato nel 2009 con altri 54 senatori, oggi Ichino delinea un nuovo diritto del lavoro semplificato che, almeno per i nuovi rapporti di lavoro che si costituiranno da ora in avanti, si applichi davvero in modo uguale per tutti, essendo al tempo stesso compatibile con i vincoli di bilancio pubblici e privati. E ora una sentenza del Tribunale di Genova sembra obbligare la politica ad occuparsi urgentemente di questa riforma.

Professor Ichino che cosa dice esattamente questa sentenza del Tribunale di Genova?
Dice questo: la direttiva europea n. 70 del 1999 vieta che il contratto a termine sia utilizzato come strumento ordinario di assunzione dei lavoratori; e impone comunque la parità di trattamento fra assunti a termine e assunti a tempo indeterminato. In applicazione di questa direttiva, il Tribunale di Genova ha condannato lo Stato italiano, che pratica come normale l’assunzione a termine dei nuovi insegnanti nella scuola e attribuisce loro un trattamento nettamente inferiore rispetto a quelli di ruolo.

Il rischio di questa sentenza per le casse dello Stato è elevatissimo, perché i precari nella scuola oggi sono oltre 150 mila. Come se ne può uscire?
Per ottemperare alla direttiva europea occorrerebbe stabilizzare tutti quanti. Questo, però, alle condizioni attuali è impossibile: non solo perché costerebbe troppo, ma anche perché il rapporto di impiego “di ruolo” è troppo rigido per potersi applicare a tutti. Quei 150 mila precari oggi portano – da soli – tutto il peso della flessibilità di cui il sistema scolastico ha bisogno. Governo e sindacati stanno studiando la possibilità di stabilizzarne soltanto una parte. Ma anche questo risolverebbe poco, perché la discriminazione vietata dal diritto europeo resterebbe in vita nei confronti dei moltissimi che rimarrebbero fuori.

Dunque qual è la sua proposta?
C’è un modo solo per uscirne: ridefinire la disciplina dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato per tutte le nuove assunzioni, in modo che essa possa applicarsi davvero a tutti, senza portare con sé costi eccessivi e in modo che la flessibilità necessaria sia ripartita in modo uguale su tutti. Solo questo può evitare una grandine di ricorsi giudiziali che moltiplicherebbe per centomila gli effetti della sentenza di Genova sul bilancio dello Stato.

Questo discorso vale anche per le altre amministrazioni?
Sì. L’apartheid fra protetti e non protetti è ormai pratica largamente consolidata in moltissimi comparti del settore pubblico: i “precari permanenti” in questo settore sono oltre 500 mila. La nuova regola dovrebbe essere questa: tutti a tempo indeterminato, a tutti le protezioni essenziali, ma nessuno inamovibile.

Che cosa, vuol dire, in concreto, ‘nessuno inamovibile’?
Significa, innanzitutto, che può esserci un periodo di prova adeguatamente lungo. Poi significa che se occorre l’impiegato può essere trasferito da un posto a un altro; e che, nel nuovo regime, se la sua prestazione non serve più, può anche essere licenziato, con attivazione di tutti i meccanismi necessari per garantire la sicurezza della persona nel passaggio dalla vecchia occupazione a una nuova. Come accade pacificamente nelle scuole inglesi, statunitensi o dei Paesi scandinavi.
Ma per praticare questo nuovo regime occorrerebbe una dirigenza scolastica che sapesse esercitare davvero prerogative manageriali.
Come nei Paesi che ho citato sopra, i dirigenti scolastici che non sanno esercitare con rigore ed efficienza le loro prerogative dovrebbero essere i primi a perdere il posto. Oggi è possibile valutare obiettivamente la performance di un istituto scolastico, quindi anche fissare ai presidi obiettivi precisi e misurabili, ai quali condizionare la prosecuzione del loro incarico. Se non entriamo in questo ordine di idee, la qualità della nostra scuola non può migliorare.

La direttiva europea che lei ha citato si applica anche al settore privato. Che cosa propone per questo settore?
In estrema sintesi: da qui in avanti, se si escludono i casi classici di contratto a termine per sostituzioni o punte stagionali, tutte le nuove assunzioni in posizione di sostanziale dipendenza dall’impresa avvengono con un contratto a tempo indeterminato. Ma per i licenziamenti determinati da motivi economici, tecnici od organizzativi il controllo giudiziale è sostituito da un regime di responsabilizzazione dell’impresa circa la sicurezza del lavoratore nel passaggio alla nuova occupazione, entro un limite di tempo e di costo predeterminato. Anche qui, tutti a tempo indeterminato, a tutti le tutele essenziali, ma nessuno inamovibile. Per i dettagli devo rinviare al mio sito: www.pietroichino.it, o al disegno di legge che presentato al Senato.

In che cosa si distingue questa proposta da quella del “contratto unico” di Tito Boeri(1)?
Io non propongo un “contratto unico”, ma un diritto del lavoro unico, capace di applicarsi veramente a tutti i nuovi contratti di lavoro che si stipuleranno da ora in poi, estendendo a tutti i lavoratori le protezioni necessarie per la sicurezza della persona e ripartendo su tutti la flessibilità necessaria all’impresa.

***
(1) IL “CONTRATTO UNICO” PROPOSTO DA TITO BOERI
Il disegno di legge n. 2000/2010, presentato al Senato da Paolo Nerozzi e altri senatori del Pd, prevede che tutti i lavoratori in posizione di dipendenza economica dall’azienda, esclusi i casi tradizionali di contratto a termine (sostituzioni di malattia, punte stagionali, ecc.), vengano assunti con un unico tipo di contratto a tempo indeterminato, nel quale per i primi tre anni, in caso di licenziamento, si applicherà soltanto un indennizzo proporzionato all’anzianità di servizio. Maturati i tre anni, secondo il progetto Boeri, torna ad applicarsi la disciplina del licenziamento oggi vigente, contenuta nell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. La differenza rispetto al progetto Ichino (d.d.l. n. 1873/2009) sta nel fatto che quest’ultimo lascia in vita i diversi contratti di lavoro possibili, pur assoggettandoli tutti, e per tutta la loro durata, a una disciplina dei licenziamento del tutto nuova, basata su una indennità proporzionale all’anzianità e un trattamento complementare di disoccupazione a carico dell’azienda che licenzia.

venerdì 8 aprile 2011

Circolare 7 della funzione pubblica

Oggetto: Decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150: chiarimenti applicativi.

Con la presente circolare, facendo seguito a richieste di chiarimento pervenute da molteplici amministrazioni pubbliche, si forniscono ulteriori indicazioni relative all'applicabilità delle disposizioni del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

Si conferma che - fermi restando i diversi termini di adeguamento e/o particolari modalità di applicazione del decreto legislativo n. 150 del 2009 o di parti di esso - risultano pienamente operativi ed attuabili le disposizioni relative agli obblighi di cessazione di efficacia e di adeguamento, a partire dal 1° gennaio 2011 dei contratti integrativi vigenti alla data di entrata in vigore del decreto citato (15 novembre 2009), nonché di adeguamento di quelli sottoscritti dopo tale data ed in via transitoria adeguati ai soli principi enunciati dal Titolo III del decreto legislativo n. 150 del 2009; alla ripartizione di competenza della legge e della contrattazione collettiva; agli strumenti finalizzati a premiare il merito e la professionalità.

Pertanto, si confermano le indicazioni operative fornite con la circolare del Ministro per la Pubblica amministrazione e l'innovazione del 13 maggio 2010, n. 7, nei termini che sono stati chiariti con la lettera circolare del medesimo Ministro n. 1, del 17 febbraio 2011, in ordine all'applicazione, a seguito della sottoscrizione dell'Intesa Governo-Organizzazioni sindacali, degli strumenti di differenziazione retributiva previsti dall'articolo 19 del menzionato decreto legislativo n. 150 del 2009.

Tali circolari risultano pienamente applicabili anche a tutte le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, considerato che le stesse rientrano tra le "amministrazioni dello Stato".

In ordine alle modalità del controllo esercitato ai sensi dell'art. 40-bis, comma 2, del d.lgs. 165 del 2001, si rinvia alla sopra richiamata circolare nr. 7/2010 e si coglie l'occasione per ribadire che a tale controllo esterno sono sottoposti i contratti integrativi delle amministrazioni statali anche ad ordinamento autonomo, nonché i contratti integrativi nazionali degli enti pubblici non economici, delle amministrazioni ex articolo 70, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001, e degli enti e le istituzioni di ricerca con organico superiore a duecento unità.

Sono, quindi, esclusi dal predetto controllo ex art. 40-bis, comma 2, del d.lgs. 165 del 2001, gli accordi di istituto scolastico, di sede o di amministrazione periferica, comunque denominati, nonché gli accordi di tutti gli enti territoriali, delle amministrazioni del Servizio Sanitario Nazionale, delle amministrazioni regionali, delle Università.

Ovviamente tali contratti integrativi rimangono soggetti al complesso dei controlli interni ed alle norme recate dal d.lgs. n. 150 del 2009 e dal d.lgs. n. 165 del 2001, ivi compresi gli oneri di pubblicazione e di comunicazione descritti alla citata circolare n. 7/2010.

Riguardo agli oneri di comunicazione all'ARAN e al CNEL, si precisa che a tali soggetti va inoltrato il testo contrattuale stipulato in via definitiva, positivamente certificato dagli organi interni all'ente deputati al controllo.

mercoledì 6 aprile 2011

Comunicazione ai revisori su approvazione consuntivo

Comunicazione dell'ufficio III dell'IGF del 4 aprile 2011

Nelle more delle modifiche del d.i. 44 del 2001 in tema di organo di controllo, non essendo più operante il collegio dei revisori, si ritiene che entrambi i revisori debbano esprimere il parere di propria competenza sul programma annuale, sul conto consuntivo e sulla contrattazione integrativa.

Attualmente, il ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha ancora provveduto a nominare i propri revisori il cui mandato è scaduto il 31 dicembre 2010 e quindi per effetto del d.l. 293/94 convertito in legge 444/94, hanno continuato ad operare per ulteriori 45 giorni (14 febbraio 2011).

Pertanto, al fine di consentire il regolare svolgimento dell'attività amministrativa si ritiene, in linea con quanto riportato nella nota RGS n. 103473 del 13 ottobre 2009 e nella nota MIUR n. 101 del 19 febbraio 2007, che nell'impossibilità da parte di un revisore di esprimere il proprio parere (non ancora nominato) debba procedere l'altro autonomamente e conseguentemente l'istituzione scolastica procedere all'approvazione del conto consuntivo. Tale procedura non esonera, comunque, l'altro revisore, una volta nominato, a fornire le proprie valutazioni al riguardo in occasione della prima visita utile.

martedì 5 aprile 2011

uso improprio dei fondi di riserva dello Stato

Ricevo da UIL PA e pubblico

Al Ministro dell’Economia e delle Finanze
On. Giulio TREMONTI
SEDE
p.c. Ai Capigruppo del Senato
p.c. Ai Capigruppo della Camera dei Deputati
Loro indirizzi

Oggetto: uso improprio dei fondi di riserva dello Stato.

Egregio Onorevole Ministro,
questa O.S. ritiene opportuno informarLa che l’agenzia di stampa AGIR con un articolo del 25 marzo 2011 (in allegato) denuncia che la Ragioneria Generale dello Stato non rispetta l’obbligo costituzionale di copertura della spesa a tutela del mantenimento degli equilibri di finanza pubblica.
Parrebbe, infatti, che la Ragioneria Generale dello Stato “utilizzi impropriamente ed in modo evasivo fondi di bilancio e giacenze di tesoreria, e ancora, cosa assai più grave, che tale pratica impropria sia oramai divenuta una sistematica consuetudine.
A riprova di ciò la circostanza che i fondi di riserva, somme destinate per fronteggiare spese inderogabili e urgenti, non quantificabili all’inizio dell’anno, siano stati utilizzati, nel solo anno 2011, a finanziare spese ordinarie e permanenti per oltre 850 milioni di euro.
I tecnici del Senato e della Camera, esperti di bilancio, accertata la non correttezza della procedura, preoccupati di una mancata trasparenza del Bilancio dello Stato, non sono riusciti a redimere tale situazione, pur informando con vari avvertimenti il Ragioniere Generale dello Stato e questo stato di cose persiste malgrado il Presidente della Commissione Finanze e Tesoro abbia dichiarato “irricevibile“ una relazione inviata dalla Ragioneria Generale dello Stato”.

Se i fatti esposti dalla citata agenzia, come sopra riportati, rispondessero a verità porterebbero questa O.S. da noi rappresentata, a dedurre che a tutt’oggi l’autorità di Governo non abbia preso provvedimenti a tutela del buon operato dell’Amministrazione e del personale tutto che sarebbe inconsapevole complice di siffatto operato e resta l’amarezza nel constatare che il conto del risanamento del Paese viene fatto pagare ai pubblici dipendenti, direttamente con il blocco del CCNL, ed indirettamente con i tagli lineari alla spesa delle amministrazioni centrali, senza che a ciò faccia da contraltare una corretta amministrazione della cosa pubblica, anzi, permettendo, a chi dovrebbe essere il massimo garante della irreprensibilità della contabilità pubblica, di operare border line o, quantomeno, in modo non deontologico.

Pertanto, considerato che i chiarimenti chiesti con le precedenti lettere a tutt’oggi non hanno avuto nessuna risposta, inviamo la presente fuori del Palazzo, ai massimi responsabili politici dei partiti rappresentati nell’arco parlamentare, con la speranza che almeno tra essi vi siano persone responsabili che abbiano a cuore non solo il presente ma, soprattutto, il destino delle generazioni future, destino che i fatti denunciati rischiano di compromettere in modo serio e forse irreparabile.

Distinti saluti.
Roma, 30 marzo 2011
BORDINI Andrea
G. COMPAGNONE Guido

lunedì 4 aprile 2011

Il nulla

Ricevo da USB/MEF e pubblico

Roma, 31/3/11. Pensavamo che, in occasione della riunione tenutasi nella giornata di ieri, avremmo ricevuto un'informativa dettagliata da parte della Ragioneria Generale dello Stato (RGS) in merito alla situazione organizzativa complessiva delle Ragionerie Territoriali (RTS) determinata dal transito volontario di 1380 lavoratori (dato definitivo reso noto dall' Amministrazione) ad AAMS con conseguente riduzione della dotazione organica effettiva che, ad oggi, risulta costituita da 1982 lavoratori.

Pensavamo che l'Amministrazione illustrasse la bozza del Decreto Ministeriale di riordino delle funzioni delle RTS, elemento fondamentale per avviare la fase di "ricostruzione" degli uffici periferici.

Pensavamo che, a fronte dello sfascio organizzativo più volte denunciato da questa Organizzazione Sindacale e dagli stessi lavoratori delle RTS, la Ragioneria Generale dello Stato illustrasse almeno il nuovo schema organizzativo degli uffici periferici da adottare in attesa del Decreto Ministeriale suddetto al fine di uniformare a livello nazionale il funzionamento di detti uffici.

Pensavamo che l'Amministrazione fornisse ampie garanzie che la nuova determinazione delle dotazioni organiche teoriche degli uffici periferici non si concretizzerà in una mera "fotografia" dei presenti ma terrà conto delle funzioni e delle attività svolte.

Invece abbiamo assistito al nulla?

Dopo una serie di informazioni sulla logistica e sulle problematiche di alcune sedi sul territorio, la RGS si è limitata unicamente a predicare prudenza e riflessione pur dichiarandosi preoccupata per la situazione determinatasi nelle RTS.
In buona sostanza, mentre i lavoratori degli uffici periferici vengono travolti dalle pressanti incombenze istituzionali senza avere gli strumenti necessari per fronteggiarle, mentre il c.d. affiancamento sta miseramente fallendo perché utilizzato unicamente per continuare a garantire la funzionalità degli uffici anziché per trasferire conoscenze, mentre gli operatori di front office non riescono più a gestire l'utenza inferocita, la RGS continua la propria attività di "introspezione riflessiva" che non vede però alcun risultato se non un colpevole ed intollerabile immobilismo istituzionale.

In occasione della discussione in merito alla consistenza del FUA 2010, la USB MEF ha ribadito con forza la propria indisponibilità ad un'eventuale sanatoria dei turni e reperibilità autorizzati unilateralmente dall'Amministrazione in deroga a quelli regolarmente in vigore e ha chiesto di procedere al più presto alla definizione di un nuovo impianto indennitario, per l'anno 2011, rispondente a criteri di certezza e trasparenza.
L'Amministrazione ha fissato la riunione del 6 aprile p.v. avente ad oggetto l'accordo FUA 2010.
Nel corso della riunione, questa Organizzazione Sindacale ha anche provveduto a consegnare alla delegazione di parte pubblica una copia della diffida che i legali degli impiegati ex-B3 hanno inviato all'Amministrazione e ha chiesto che venga fissato al più presto un incontro per discutere di tale vertenza.
Terremo come sempre informati i lavoratori sull'esito degli incontri.

Piano dei risultati in sette uffici su dieci

Articolo di Eleonora Della Ratta pubblicato su www.ilsole24ore.com

A 15 mesi dalla riforma Brunetta la Pa rende conto dei risultati. La Civit (Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche), istituita con il Dl 150/2009 proprio per seguire l'attuazione delle regole, ha condotto un'indagine per valutare lo stato di avanzamento della riforma, in particolare per quel che riguarda l'istituzione dell'organismo indipendente di valutazione, il piano delle performance, il programma di trasparenza e la definizione degli standard minimi di qualità.
Dal punto di vista legislativo, a oggi il Paese risulta diviso in due: nove Regioni e le due Province autonome hanno recepito la riforma con una legge, ma 11 Regioni sono ancora indietro, o perché la delibera è all'esame del consiglio (è il caso di Abruzzo, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige, Umbria, Piemonte e Veneto) o perché si è in una fase preparatoria (Molise, Calabria, Campania, Sicilia e Sardegna).
Quanto agli organismi indipendenti di valutazione, la Civit ne ha guidato il processo di costituzione in 83 amministrazioni, ovvero tutti i ministeri, oltre il 90% degli enti pubblici (tra enti previdenziali, di ricerca e università) e un ordine professionale. Dall'indagine condotta su 50 di queste amministrazioni, è emerso che questo organismo viene supportato da una struttura tecnica permanente con il compito di dare un sostegno operativo.
Nel 74% degli enti le strutture sono ritenute adeguatamente competenti e le lacune riscontrate riguardano conoscenze di tipo tecnico-economico e informatico.
È stato adottato da oltre il 70% delle amministrazioni il piano delle performance, anche se meno della metà lo ha pubblicato: lo si può trovare sul sito internet del 75% degli enti previdenziali, ma solo del 33% dei ministeri.
Sul fronte della trasparenza, invece, sembra esserci qualche difficoltà in più: il 50% dei ministeri non ha ancora predisposto il programma triennale, mentre va meglio negli altri enti. Si punta soprattutto sulla chiarezza verso i cittadini, anche se questo comporta una nuova organizzazione a partire dalle procedure di accesso ai documenti amministrativi.
Dopo il test sull'attuazione dei piani, spiega Antonio Martone, presidente della Civit, si passerà a una fase di «verifica, in concreto, del miglioramento dei servizi ai cittadini». «La domanda che ci poniamo – spiega – è appunto se le amministrazioni pubbliche hanno attuato gli standard di qualità».
In effetti, di particolare importanza per i cittadini è proprio la definizione degli standard di qualità dei servizi: a questi, infatti, si fa riferimento nei casi di una class action nel settore pubblico. La commissione Civit ha emanato le linee guida, ma solo 14 amministrazioni su 53, meno del 30%, hanno provveduto a definire questi standard. Secondo le amministrazioni, ci sono difficoltà nel definire il livello minimo di qualità per alcuni aspetti.

venerdì 1 aprile 2011

Social Card: la vogliamo fare seriamente?

Articolo di Ugo Trivellato pubblicato su www.lavoce.info


La legge di conversione del Milleproroghe prevede la sperimentazione di una nuova social card.
Cosa differenzierà la social card sperimentale (Scs) da quella esistente? La legge è parca di indicazioni: raggiungere le «persone e famiglie in condizioni di grave bisogno»; affiancare al sussidio monetario «progetti individuali di presa in carico»; coinvolgere gli enti non profit; svolgere la sperimentazione nei comuni con oltre 250mila abitanti; finanziarla con 50 milioni di euro. Stabilisce poi che la sperimentazione durerà dodici mesi. Nulla è detto su che cosa accadrà dopo.
Dunque, molto è ancora da definire. Lo farà un decreto del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali. Il prossimo mese va utilizzato per un confronto sulle modalità che è bene assuma la sperimentazione.

IL CONTESTO ENTRO IL QUALE COLLOCARE LA SCS

È essenziale che la sperimentazione faccia parte di un progetto organico di rafforzamento del nostro welfare. Quanto consentirà di imparare va utilizzato per aumentare l’efficacia della Scs e per rivolgerla a una quota via via più ampia di famiglie. Sennò, perché mai si dovrebbe “sperimentare”?
Perciò la sperimentazione va collocata entro un processo che porti a coprire, nell’arco di un contenuto numero di anni, tutte le famiglie in povertà assoluta.
Inoltre, va condotta in modo da comprendere quali siano le modalità più appropriate di fornitura della Scs e delle misure di accompagnamento e quali le implicazioni finanziarie e organizzative per la sua estensione.

LE CARATTERISTICHE DI MERITO

Le caratteristiche di merito che – alla luce della legge, di un criterio di coerenza normativa e di argomenti ragionevoli – dovrebbe avere la Scs sono le seguenti.

(a) In che senso la Scs sarà “nuova”? Innanzitutto nella sua consistenza. Non una somma fissa. Invece, un ammontare pari al 40 per cento della differenza fra il reddito effettivo di una famiglia e la corrispondente soglia di povertà assoluta. La Scs è così commisurata (i) all’entità della povertà e (ii) al livello del costo della vita in diverse parti dell’Italia.

(b) Per vincoli di bilancio, le famiglie alle quali si rivolge la sperimentazione rimane quello attuale: famiglie povere con persone di almeno 65 anni o con bambini entro i 3 anni.

(c) Alla Scs si affiancano «progetti individuali di presa in carico»: con servizi per l’occupazione, educativi, sociali, di cura. Questi servizi sono fondamentali per l’inclusione sociale e, per le persone che siano (re)inseribili nel lavoro, perché accedano a un’occupazione ed escano dallo stato di povertà. I progetti dovranno riguardare tutti i membri della famiglia. Non avrebbe altrimenti senso l’obiettivo loro assegnato: «il superamento della condizione di povertà, emarginazione ed esclusione sociale».

(d) La preoccupazione di raggiungere «le persone e famiglie in condizioni di grave bisogno» va interpretata nel senso che la popolazione-obiettivo include gli stranieri residenti e i senza dimora.

(e) Grandissima parte della popolazione italiana, l’85 per cento, vive nelle città medie e nei piccoli comuni. Nella logica di un intervento finalizzato innanzitutto ad apprendere se e come la Scs funzioni, la sperimentazione deve essere condotta nelle grandi città (se vi fossero difficoltà organizzative, limitatamente ad alcuni “municipi”) e può – ed è bene sia – condotta anche in un piccolo campione ragionato di comuni medi e piccoli.

(f) La legge prevede che la sperimentazione sia avviata tramite enti non profit. Nel definire requisiti e obblighi per tali enti deve valere il criterio per cui essi rivolgono la loro attenzione a tutti i potenziali beneficiari. Se ciò non fosse, quello che si prefigura come un diritto di cittadinanza diventerebbe invece una sorta di obbligo di (o comunque di premio alla) affiliazione. Agli enti non profit non può dunque essere delegata la definizione dei criteri di accesso e di revoca della Scs.

In secondo luogo, un obiettivo cruciale della sperimentazione è vagliare e comparare funzionamento ed esiti di diversi “modelli” organizzativi di erogazione della Scs. Sennò, vale la pena di ripeterlo, perché “sperimentare”? Di massima i modelli possono essere ricondotti a tre: (i) un modello che poggi sui soli comuni; (ii) uno incentrato sui soli enti non profit; (iii) uno fondato sulla collaborazione fra enti non profit ed enti locali, che svolgono essenziali funzioni di direzione e coordinamento.

GLI OBIETTIVI CONOSCITIVI DELLA SPERIMENTAZIONE

È importante soffermarsi brevemente sugli obiettivi della sperimentazione. Con una premessa. “Sperimentare” non vuol dire introdurre innovazioni provando a casaccio. Significa l’opposto: introdurre su piccola scala un’innovazione (o più modalità alternative di realizzarla) per apprendere se essa funzioni o meno (o quale delle modalità di realizzazione funzioni meglio). Con l’implicazione che ne discende: disegnare l’esperimento in modo che consenta di stimare al meglio l’effetto dell’innovazione.
L’opportunità, e insieme la sfida, che la Scs offre è di prendere la sperimentazione sul serio. È questa la prima, decisiva scelta che si è chiamati a fare.
Occorre poi delineare un razionale disegno di sperimentazione della Scs, perché possa fornire evidenze credibili rispetto a questi obiettivi conoscitivi.
Va sottolineato, infine, che la valutazione degli effetti di un intervento si basa su una conoscenza cumulativa. La replicabilità degli studi ne è una condizione necessaria. Ciò richiede che le informazioni necessarie alla valutazione siano accessibili a una pluralità di analisti, in condizione di parità con il valutatore investito di un ruolo “ufficiale”.