sabato 15 gennaio 2011

Flop della guerra ai fannulloni


Una riforma storica, che l'Italia aspetta da anni, divenuta un giocattolo nelle mani della politica. Impantanata tra gli «adempimenti burocratici» che non snelliscono la pubblica amministrazione né migliorano i servizi ai cittadini. E che ora rischia di fallire. Con una lettera-denuncia al ministro Renato Brunetta si consuma l'addio di Pietro Micheli dalla Civit.

La Civit è la Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, che ha un ruolo di primo piano nell'attuazione della riforma.
Micheli si è dimesso due giorni fa, torna a lavorare all'estero, uno dei 5 membri nominati a dicembre 2009, arrivato apposta dalla Gran Bretagna, dove era consulente del corrispettivo organismo inglese. Va via perché «non credo vi siano più i presupposti per lavorare», dice. E accusa: a dispetto dei risultati iniziali, i difetti nell'impianto e «i gravi difetti nel modo in cui sta essendo attuata, rischiano di far naufragare» la riforma.

Nelle sue parole c'è il rammarico di chi ha trascorso 150 giorni per il Paese a parlare con dipendenti e amministratori, spiegare il testo, scrivere documenti, e oggi traccia un bilancio negativo. Ritiene che la nota "autorità anti-fannulloni" rischia di perdere la partita perché non ha margini d'azione. «La mia valutazione attuale è che i limiti stiano prevalendo sul cambiamento e i vizi di un sistema da riformare non siano stati affrontati in modo corretto e con l'intensità di energie politiche e risorse economiche che la sfida richiede».

Sotto accusa l'impianto della riforma costruita sui cardini della performance e della valutazione e i poteri della Commissione - finita nella bufera quando il presidente Antonio Martone, anche se non indagato, è rimasto coinvolto nell'inchiesta sull'eolico e la nuova P3 - , che deve indirizzare, coordinare e sovrintendere alle valutazioni dei dipendenti pubblici e garantire la trasparenza delle amministrazioni. Dopo il consenso della campagna anti-fannulloni, la riforma si è concentrata sulla "performance individuale" dei dipendenti.

Premi e sanzioni ne sono stati il fulcro, ma le risorse per i primi sono state azzerate dalla legge di stabilità. L'assenteismo si è ridotto, ma «ha finito per deprimere la reputazione e il senso di appartenenza di tanti», denuncia Micheli. Che tornelli e telecamere non basteranno a rimotivare. «Per rendere la PA più efficiente e competitiva bisogna risolvere i problemi a livello organizzativo e di sistema» suggerisce l'ex membro della Civit «puntando sulla creazione di valore pubblico e la valutazione degli impatti dell'azione amministrativa».

Per chiarire la sua scelta ricorda anche le difficoltà. La Commissione non ha potere ispettivo né sanzionatorio, come il National Audit Office inglese che ha un organico di 800 persone contro le 12 di quello italiano, senza sede propria ma ospitato dagli uffici dell'Aran.
La commissione è indipendente solo sulla carta: «Le ingerenze della politica sono fortissime - racconta Micheli - ha un budget di 8 milioni di euro l'anno: la metà va a progetti vagliati da Brunetta e dal ministero dell'Economia». E ricorda che «oltre alle pressioni su come usarli, i fondi stanziati per il 2010 non sono ancora allocati».

Ruolo e compiti si sovrappongono a quelli di altri soggetti che interagiscono con la PA, come la Ragioneria dello Stato. Non manager ma soprattutto giuristi i suoi membri, la cui indipendenza è minata dal fatto che «il governo si riserva di determinare nomine, compensi e ambiti di operatività».
E nei prossimi mesi - prevede Micheli - ci sarà un fuggi-fuggi dei ministeri dalla valutazione dei dipendenti, come già è accaduto con l'autoesclusione della presidenza del Consiglio e del ministero dell'Economia.

NdR: il governo del fare, come vorrei che questa classe politica andasse immediatamente a casa!!

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao,
innanzitutto complimenti per il tuo blog, davvero fonte preziosa di informazioni.
Per la notizia sul "gran rifiuto" di Pietro Micheli, direi anche tanto di cappello a questo giovane professore italiano (32 anni) che a dispetto di tutta la nostra classe politica, attaccata alla poltrona anche dopo scandali e accuse infamanti, lascia il suo incarico per la "semplice" mancanza di presupposti a operare in modo efficace. Una grande lezione di etica e integrità (a scorno della CIVIT stessa) che ha il sapore di altri tempi e, tra l'altro, è conforme in pieno agli artt. da te citati della nostra "anacronistica" Costituzione.
Un caro saluto da un tuo collega del MEF

autore ha detto...

Grazie mille per i complimenti che sono sempre ben accetti. Condivido l'apprezzamento per Pietro Micheli che in totale solitudine si è comportato con dignità. Prendiamo esempio da questi gesti per poter cambiare finalmente questo Paese.

Grazie ancora