mercoledì 14 settembre 2011

Perché il dipendente pubblico non protesta?


Dai dati pubblicati dalla Funzione Pubblica relativi all’adesione allo sciopero si può ammettere tranquillamente che l’astensione nel Pubblico Impiego è stata veramente poca cosa. Infatti risulta che ad incrociare le braccia sia stato solo il 7% con punte del 27% negli enti pubblici non economici e un 14,61% dei dipendenti ministeriali.
Come mai un’adesione così bassa nonostante l’attuale governo spari bordate ad alzo zero sia sui dirigenti che sui dipendenti pubblici?
Premetto che a mio avviso è sotto attacco quella Pubblica Amministrazione che in una Paese normale sarebbe l’architrave dello Stato, anzi sarebbe “lo Stato” , con la propria imparzialità e autorevolezza.
Per questi motivi ritengo che disprezzare il lavoro del dipendente pubblico non sia solo stupido ma che ci sia alla base proprio una ferma volontà politica di delegittimare lo Stato .
Ma a sorprendermi non è la malafede di questa maggioranza che vede la Costituzione e le regole come fastidiosi ostacoli da radere al suolo ma è la scarsa reazione della mia categoria, e soprattutto della classe dirigente, mostrando quasi una triste rassegnazione ad essere considerati figli di un dio minore e quindi meritevoli di essere maltrattati.
Stessa passività, guarda caso, non mostrata dagli omologhi privati.
Appena il governo ha provato ad inserire nella manovra la sovra tassa del 5/10% c’ è stata un’immediata levata di scudi che ha costretto il premier a tornare sui propri prassi.
Adesso, in barba all’articolo 3 della Costituzione, abbiamo i dipendenti pubblici che hanno visto conservato il prelievo sui propri redditi del 5% per la parte eccedente i redditi sopra i 90 mila euro e del 10% sulla parte eccedente i 150 mila euro, mentre al resto del paese verrà applicato un contributo di solidarietà del 3% sulla parte eccedente i 300.000 euro.
Ma il massacro era iniziato poco prima con il congelamento triennale delle retribuzioni, il rinvio di due anni della buonuscita e il blocco dei contratti integrativi di lavoro.
Questa arrendevolezza, a parer mio, è il risultato di anni di mala gestione politica che ha portato questa classe dirigente lontano migliaia di chilometri dai requisiti di competenza e imparzialità previsti dall’art. 97 della nostra Carta Costituzionale. Grazie a decenni di promozioni e assunzioni vergognosamente clientelari della classe politica, con l’avallo delle organizzazioni sindacali, il dirigente pubblico si è lentamente trasformato da custode della legge a maggiordomo che esaudisce i desideri del padrone, costantemente affannato  nella ricerca di qualche gratificazione e promozione. Per questo la classe dirigente non è in grado di reagire a colpi anche di tale durezza.
E’ palese che, sia nella classe politica che nel Paese, ha preso piede facilmente questo vento del nord, promosso dalla Lega, ma accettato di buon grado anche da qualche altro ministro, che debilita e delegittima le amministrazioni pubbliche.
Eppure il paese avrebbe bisogno di un’amministrazione che costi meno e lavori meglio, avrebbe bisogno che siano ripristinati il principio di buon andamento e di imparzialità sanciti nella Costituzione..
Fino agli anni ’90 questa PA era riuscita a far emergere personalità di spessore (Monorchio, Catricalà, ecc) e invece, ora, tranne rare eccezioni come la Banca d’Italia e gli apparati parlamentari, produce solo personalità incolori e inadeguate.
La rassegnazione ha preso il posto dell’iniziativa, la codardia del coraggio e personalità e cervelli, che pure esistono all’interno dell’Amministrazione Pubblica, preferiscono appiattirsi ai voleri del politico di turno senza rivendicare la propria autonomia rispetto ai tornaconti elettorali del momento.
Una classe politica seria sa che non si scherza con lo Stato perché i cittadini si aspettano una amministrazione pubblica che funzioni.
Anche con la difesa della parità di trattamento con i colleghi privati passa la credibilità e l’autorevolezza della dirigenza pubblica e del dipendente pubblico.
Solo quando ci scrolleremo di dosso questa sensazione di essere in qualche modo dei privilegiati e difenderemo i nostri diritti (e doveri) potremo iniziare il percorso vero di una pubblica amministrazione al servizio del cittadino.
Articolo pubblicato su andreadefilippis.wordpress.com 

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