mercoledì 16 settembre 2009

No al doppio incarico per l'avvocato di ente pubblico

Pubblico un altro interessante articolo di Massimiliano Atelli, magistrato della Corte dei conti sulla sentenza della Corte di cassazione, sez. unite, sentenza n. 18359 del 19 agosto 2009.
La responsabilità del settore "Affari legali" formalmente istituito ed autonomo rispetto alle altre macrostrutture in cui il Comune è articolato e la qualifica dirigenziale posseduta dal legale sono insufficienti a dimostrare che il medesimo è abilitato a svolgere, nell'interesse di questo, in via esclusiva, attività professionale, laddove al medesimo legale siano affidate funzioni di coordinamento di altre e ben distinte aree organizzative, cui sono preposti specifici responsabili, titolari di funzioni direzionali e del relativo potere di firma, affidate con atti di macro-organizzazione dagli organi di governo dell'ente stesso nell'ambito dell'autonomia costituzionalmente garantita dell'ordinamento giuridico locale.
La questione di fondo
Con la decisione n. 18359 del 19 agosto scorso, le sezioni unite civili della Cassazione sono tornate a pronunciarsi sulle condizioni che devono sussistere e permanere affinché un dipendente pubblico possa risultare iscritto all'elenco speciale annesso all'albo degli avvocati.
A riguardo, è noto che l'orientamento consolidatosi nel tempo è nel senso che l'iscrizione nell'elenco speciale richiede il concorso di due presupposti:
a) deve esistere, nell'ambito dell'ente pubblico, un ufficio legale che costituisca un'unità organica autonoma;
b) colui che chiede l'iscrizione - dipendente dell'ente ed in possesso del titolo di avvocato - faccia parte dell'ufficio legale e sia incaricato di svolgervi tale attività professionale, limitatamente alle cause ed agli affari propri dell'ente.
La destinazione del dipendente-avvocato a svolgere l'attività professionale presso l'ufficio legale deve realizzarsi mediante il suo inquadramento in detto ufficio, che non avvenga a titolo precario e non sia del tutto privo di stabilità: non è configurabile siffatto inquadramento quando la destinazione all'ufficio legale dell'ente sia liberamente revocabile dall'autorità amministrativa che la ha disposta, essendo invece necessario, ai fini della iscrizione, che la cessazione di tale destinazione sia consentita solo sulla base di circostanze e/o di criteri prestabiliti (in tal senso, tra le tante, si vedano Cassazione, sentenze 18 aprile 2002 n. 5559 e 14 marzo 2002 n. 3733).
Il fatto
Ciò premesso, la vicenda decisa con la sentenza in commento proponeva peraltro un tema di approfondimento puntuale, giacché un Consiglio dell'Ordine degli avvocati, in esito al procedimento di verifica della permanenza delle condizioni per l'iscrizione nell'elenco speciale degli avvocati addetti ad uffici legali di enti pubblici di una determinata persona, esaminata la ratio dell'art. 3, co. 4, lett. f), della legge professionale, rilevati i principi di libertà, autonomia e indipendenza per ogni forma di attività professionale forense, richiamati i principi giurisprudenziali della non precarietà dell'appartenenza all'Ufficio legale, della estraneità all'apparato amministrativo dell'ente pubblico, rilevata l'assegnazione dell'interessato a compiti "dirigenziali per quanto riguardava settori del Personale, del Demanio Marittimo e del Commercio oltretutto di rilevante peso ed importanza rispetto alle funzioni e compiti dell'Ente nei loro complesso considerati" ed osservato che il coinvolgimento in tali unità organizzative, oltre a far venir meno il carattere dell'esclusività, determinava anche una situazione (ancorché potenziale) di conflitto d'interessi, ravvisava conclusivamente una condizione di incompatibilità tale da non consentire la permanenza del legale nell'elenco speciale.
La decisione sfavorevole veniva impugnata dall'interessato dinanzi al Consiglio nazionale forense, che però rigettava il ricorso ritenendo in particolare confliggente con i principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di requisiti necessari per l'iscrizione nell'elenco speciale il simultaneo svolgimento da parte dell'interessato, anche se in parte temporaneo, di attività legale e di attività certamente amministrativa.
In sostanza, l'ulteriore affidamento all'attuale ricorrente di diversi incarichi amministrativi (non irrilevanti, trattandosi della dirigenza di due importanti settori organizzativi, quali il personale e il demanio marittimo con il commercio), incideva ad avviso del Cnf in maniera decisiva poiché tutte le forme anche provvisorie ed ulteriori di cumulo di incarichi e funzioni estranee a quella tipicamente legale risultavano necessariamente preclusive dell'iscrizione nell'elenco speciale per difetto d'esclusività anche sotto la specie dell'addizione.

La decisione delle sezioni unite
Nel confermare la decisione del Consiglio nazionale forense, con la sentenza in esame le sezioni unite hanno alfine stabilito che la responsabilità del settore "Affari legali" formalmente istituito ed autonomo rispetto alle altre macrostrutture in cui l'amministrazione è articolata e la qualifica dirigenziale posseduta dal legale sono insufficienti a consentire il permanere dell'iscrizione nell'elenco speciale, laddove all'interessato siano contemporaneamente affidate funzioni di coordinamento di altre e ben distinte aree organizzative, cui sono preposti specifici responsabili, titolari di funzioni direzionali e del relativo potere di firma, affidate con atti di macro-organizzazione dagli organi di governo dell'ente stesso nell'ambito dell'autonomia costituzionalmente garantita dell'ordinamento giuridico locale.
La decisione dei giudici di Piazza Cavour è motivata facendo riferimento alla costante interpretazione dell'art. 3 della legge professionale forense, la quale ha sempre evidenziato la natura eccezionale della deroga, prevista per gli addetti agli Uffici legali di enti pubblici, alla regola generale della professione forense consistente nell'incompatibilità con il lavoro subordinato e la conseguente necessità di una interpretazione restrittiva della norma, non suscettibile d'interpretazione analogica, individuandone il senso e la ratio nel particolare status derivante dal rapporto d'impiego pubblico che è tale da preservare presumibilmente l'avvocato-dipendente dal rischio di condizionamento nell'esercizio della sua professione. Centrale risulta, dunque, lo svolgimento da parte degli addetti, con libertà ed autonomia, delle funzioni di competenza, con sostanziale estraneità all'apparato amministrativo, in posizione d'indipendenza e con esclusione da ogni attività di gestione.
Di qui, la conclusione che il simultaneo svolgimento, ancorché temporaneo, di attività legale e di attività certamente amministrativa è incompatibile con l'esclusività – "da intendersi in senso oggettivo ed esterno", come specifica la Suprema corte - che, assicurando l'autonomia della funzione, ne garantisce l'indipendenza, preservandola da condizionamenti, "requisito questo essenziale per la tutela della funzione sociale dell'avvocato anche nel caso del suo servizio a favore dei soli interessi pubblici dell'ente di appartenenza".
Osservazioni finali
No, dunque, al doppio incarico per l'avvocato dell'ente pubblico. Il che, se ha il merito di prevenire situazioni di anche solo potenziale conflitto di interessi, rende a nostro avviso ancor più urgente una rimeditazione del tema dell'ordinamento dell'Avvocatura interna degli enti pubblici, tenuto conto dell'impatto che la decisione in commento può avere non tanto sull'organizzazione delle singole amministrazioni quanto sulla loro possibilità di assicurare in concreto continuità alla rispettiva azione amministrativa.
No al doppio incarico significa infatti che, dopo questa decisione, il legale interno che ne aveva due potrà averne uno soltanto. L'altro, dunque, si renderà vacante, con quel che intuitivamente comporta. E non è detto che il legale preferirà in tutti i casi restare applicato all'ufficio legale (nel caso deciso con la pronuncia in questione, si noti, all'interessato erano state affidate "funzioni di coordinamento di altre e ben distinte Aree Organizzative, cui sono preposti specifici responsabili, titolari di funzioni direzionali e del relativo potere di firma": funzioni, dunque, di livello elevato, la cui remunerazione potrebbe risultare in concreto preferita), nel qual caso la vacanza che ne seguirà nell'organico dei legali interni con tutta probabilità non lascerà alle amministrazioni altra possibilità che bandire procedure di reclutamento ad hoc.
D'altra parte, ove (già) reclutato con un concorso ad hoc, andrà valutato approfonditamente se al legale interno risulti oggi consentito di optare liberamente per un incarico che ne comporti (in esclusiva) "il coinvolgimento […] nell'attività amministrativa dell'Ente".

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