La FLP informa che il Consiglio di Stato, Sezione terza, con la sentenza n.4281 del 27 agosto 2013, ha stabilito che il provvedimento che nega l'indennizzabilità degli infortuni in itinere, motivato esclusivamente sotto il profilo della mancata autorizzazione a risiedere fuori dal Comune ove è situata la sede di lavoro, è illegittimo alla luce dei criteri interpretativi di recente stabiliti dalla ordinanza della Corte costituzionale n.162/2012.
La Corte costituzionale, respingendo l’ordinanza di rimessione adottata dalla VI Sezione del Consiglio di Stato n. 3879/2011 di non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità dell’art 12 del D.P.R. n.3/1957, che prevede per il personale dipendente dallo Stato la stessa disposizione prevista per il personale del Servizio sanitario nazionale dall’art. 27, comma 4, del D.P.R. n. 761/1979, afferma in conclusione che: “Considerato che, in relazione al sopra evidenziato oggetto del giudizio a quo, siccome assunto nell’ordinanza di rimessione, il rimettente dà per presupposto che la violazione dell’obbligo di residenza, di cui al citato articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), oltre alle possibili ricadute sul piano disciplinare, abbia anche, di per sé, effetto ostativo alla indennizzabilità
dell’infortunio subìto, per recarsi al lavoro, dal pubblico dipendente; che, tuttavia, così opinando, il giudice a quo ha omesso di prendere in esame, anche ai fini di una eventuale estensione dell’oggetto della denuncia di illegittimità costituzionale, sia la normativa di riferimento (e, prima di tutte, quella applicabile ratione temporis alla fattispecie oggetto di cognizione) sul riconoscimento della causa di servizio del dipendente pubblico, che, in ipotesi, dovrebbe giustificare l’incidenza della situazione di rilievo disciplinare supposta dalla norma impugnata ai fini di detto riconoscimento, sia la stessa disciplina in materia di infortunio in itinere, che, dopo una risalente elaborazione giurisprudenziale, si è tradotta in apposita disposizione inserita, da parte dell’articolo 12 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’articolo 55, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144), nel corpo dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), così che risulta trascurata anche quella giurisprudenza (segnatamente, della Corte di cassazione) che, quanto all’infortunio in itinere, nel delibare l’esistenza del nesso eziologico tra l’evento e la percorrenza del tragitto normale tra il luogo di lavoro e quello di “abitazione”, per tale ha inteso, in termini di effettività, non solo il luogo di personale dimora del lavoratore ma anche quello (ove diverso) in cui si trovi la sua famiglia.”
La ordinanza n. 162/2012 della Corte costituzionale precisa espressamente che la mancanza di autorizzazione per risiedere fuori dal comune dove è la sede di lavoro è sanzionabile sul piano disciplinare, ma non ha un effetto ostativo alla indennizzabilità dell’infortunio in itinere, chiarendo ulteriormente che è applicabile al pubblico impiego (anche nei regimi normativi precedenti a quello attuale) la giurisprudenza della Corte di Cassazione in tema di rapporti di impiego privato che considera ai fini dell’indennizzabilità per abitazione del lavoratore il luogo dove si trova la sua famiglia.
Il caso ha riguardato un dipendente pubblico in servizio alla USL n°6 di Matera e, successivamente i suoi eredi, che hanno appellato la sentenza del TAR Basilicata n. 166, che aveva respinto il ricorso del lavoratore per l’annullamento della delibera n. 2080 del 23.11.1994 adottata dal Commissario straordinario, con la quale si è rigettata l’istanza di riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio, a seguito di incidente itinere.
La sentenza del TAR è motivata dal fatto che l’incidente stradale in cui è rimasto coinvolto il dipendente pubblico è avvenuto nel tragitto di ritorno dal luogo di lavoro alla propria abitazione sita in Altamura, fuori dell’ambito territoriale dell’Unità Sanitaria locale. Il lavoratore non era stato autorizzato a derogare all’obbligo di residenza, ex art. 27 del D.P.R. n. 761/1979. Il TAR, quindi, fa riferimento alla giurisprudenza per la quale la mancata autorizzazione a risiedere fuori del Comune non consente di indennizzare l’infortunio in itinere del pubblico dipendente.
Il ricorrente, invece, ha contestato la sentenza del TAR Basilicata n. 166, rilevando come la portata dell’art. 27 del D.P.R. n. 761/1979 sia molto più limitata di quella ad esso attribuita dalla sentenza stessa. Infatti l’art. 27 è solo preordinato ad assicurare il regolare svolgimento dei doveri lavorativi da parte del dipendente e null’altro. La giurisprudenza citata dalla sentenza non è adeguata alle questioni istituzionali che i principi dell’art. 16 della Costituzione e quelli comunitari di libera circolazione richiedono, oltre ai principi di razionalità, ragionevolezza e proporzionalità.
In termini di fatto il Comune di Altamura, pur essendo fuori dal
territorio della USL, è il Comune più vicino a quello di Matera, mentre altri comuni appartenenti alla stessa USL sono molto più distanti.
L’art. 27 non può quindi essere interpretato in modo lesivo dei parametri costituzionali, comunitari, normativi e logici che lo integrano. Elemento determinante del riconoscimento della causa di servizio è solo la dimostrazione del nesso causale tra i fatti di servizio e la infermità o inabilità conseguente.
Nel caso di specie il nesso causale è evidente e non è contestato essendo intervenuto l’infortunio nel tragitto verso la propria dimora al termine del lavoro. Oltre all’ampia giurisprudenza della Corte di Cassazione, vi sono significative pronunzie della Corte dei Conti, che nello specifico non riconoscono la mancata autorizzazione a risiedere fuori dal Comune come elemento sufficiente a negare l’indennizzabilità per infortuni in itinere. Nello stesso senso vi è ampia giurisprudenza amministrativa.
Infine la Corte Costituzionale con sentenza n. 429/1990 ha previsto l’obbligo di copertura assicurativa per i lavoratori “indipendentemente dalla natura dell’attività svolta” quando siano costretti per ragioni oggettive all’uso dell’autovettura.
Alla luce della giurisprudenza non vi è dubbio che l’infortunio subito dal lavoratore debba essere definito “ infortunio in itinere” e quindi come dipendente da causa di servizio con ininfluenza dell’art. 27 del D.P.R. n. 761/1979. Ciò anche perché concorrono tutte le circostanze che rendono di fatto ragionevole, se non necessaria, sia la residenza ad Altamura per esigenze familiari sia l’uso del mezzo proprio per carenza del servizio pubblico. L’art. 12 del decreto legislativo n.38/2000 enuclea una nozione di infortunio in itinere indennizzabile pienamente conforme o compatibile con le circostanze verificatesi nel caso di specie, secondo il prevalente e consolidato orientamento giurisprudenziale già ricordato.
Dipartimento Studi e Legislazione
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