Il tema degli acquisti della PA è stato oggetto di molteplici e a volte contraddittori interventi normativi nel corso del tempo. La versione originaria dell’art. 26 della L. 488/1999 obbligava le sole amministrazioni dello Stato (centrali o periferiche) ad aderire agli accordi quadro (convenzioni) stipulati da Consip per i loro approvvigionamenti di beni e servizi. Per tutte le altre pubbliche amministrazioni, invece, si configurava un sistema di adesione volontaria alle convenzioni, nel rispetto della rispettiva autonomia gestionale e contabile. Questa impostazione, proprio in relazione alle esigenze di contenimento della spesa pubblica, venne poi superata per delineare un sistema in cui furono ampliate le categorie di beni e servizi oggetto di convenzioni. con «obbligatorietà dell’adesione».
Il successivo decreto legge del 2004 chiamò tutte le amministrazioni pubbliche ad utilizzare i parametri di prezzo-qualità delle Convenzioni come limiti massimi per l’acquisto di beni e servizi comparabili, e così configurando una nuova fattispecie di danno erariale, che aveva luogo nel caso di mancato rispetto dei parametri prezzo-qualità delle convenzioni Consip.
Fu poi la volta della legge 296/2006 (art. 2 c. 449), che impose l’obbligo per “tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie”. La stessa norma dispose che gli enti del Servizio sanitario nazionale dovessero approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di riferimento, e rendeva facoltativo l’utilizzo del sistema da parte delle restanti amministrazioni pubbliche (come gli enti territoriali e le Camere di Commercio). Queste ultime erano tenuti a utilizzare i parametri di qualità e prezzo, sia delle convenzioni stipulate dalla centrale di committenza statale che da quelle regionali, come limiti massimi per la stipulazione dei contratti (quindi come dato massimo per le basi d’asta nelle gare e negli affidamenti in economia).
Con l’entrata in vigore del secondo decreto legge sulla “spending review” l’obbligo di adesione alle convenzioni Consip è stato infine esteso a tutti gli enti pubblici e a tutte le società a totale partecipazione pubblica diretta o indiretta che figurano nel settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche individuato dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) e a tutti gli organismi di diritto pubblico e a tutte le società partecipate in via diretta o indiretta con quota di controllo.
Ciò significa che una fetta consistente del Pil nazionale potrebbe finire nel monopolio degli acquisti esercitato da Consip SpA. Poiché l’acquisto tramite Consip SpA consente di evitare i costi della gara d’appalto e fa risparmiare sia sul processo di gara sia sul prezzo dei beni da acquistare, si stima un abbattimento medio dei costi unitari medi d’acquisto del 15-20% a parità di standard qualitativo, cioè un valore di risparmio di spesa pubblica stimabile a regime in oltre 6 miliardi di euro.
Le categorie merceologiche per le quali vige l’obbligo di adesione alle convenzioni sono stabilite dall’art. 1 c. 7 del dl 95/2012 e sono le seguenti:
-energia elettrica;
- gas;
- carburanti rete e carburanti extra-rete;
- combustibili per riscaldamento;
- telefonia fissa e telefonia mobile.
Per l’individuazione di eventuali altre categorie la legge rimanda a futuri decreti del Ministero dell’economia e delle finanze, da adottarsi sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Gli acquisti extra-Consip
Il secondo decreto legge sulla “spending review” ha confermato il quadro normativo preesistente sulla responsabilità del funzionario nell’ipotesi di mancato ricorso alle convenzioni Consip.
I contratti stipulati in violazione dell’articolo 26, comma 3 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 ed i contratti stipulati in violazione degli obblighi di approvvigionarsi attraverso gli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A. sono nulli, costituiscono illecito disciplinare e sono causa di responsabilità amministrativa. Ai fini della determinazione del danno erariale si tiene anche conto della differenza tra il prezzo, ove indicato, dei detti strumenti di acquisto e quello indicato nel contratto. Non sono comunque nulli i contratti stipulati tramite altra centrale di committenza a condizioni economiche più favorevoli.
La disposizione riflette la legge 111/2011, che aveva già stabilito la nullità per gli atti e i contratti che violavano le disposizioni sui parametri prezzo-qualità delle convenzioni Consip e che aveva previsto, oltre alla responsabilità per danno erariale, l’ipotesi dell’illecito disciplinare per il funzionario responsabile. Ma una attenta lettura rileva una novità: la violazione non è più riferita al solo sistema delle convenzioni, ma a tutti “gli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A.”. Per cui, d’ora in avanti, anche il mancato ricorso al Mercato Elettronico per gli acquisti sotto-soglia della PA potrà essere sanzionato.
Il decreto legge 95/2012, c.13, art. 1, conferma tuttavia la possibilità di effettuare acquisti extra-Consip.
Le amministrazioni pubbliche che abbiano validamente stipulato un contratto di fornitura o di servizi hanno diritto di recedere in qualsiasi tempo dal contratto, previa formale comunicazione all’appaltatore con preavviso non inferiore a quindici giorni e previo pagamento delle prestazioni già eseguite oltre al decimo delle prestazioni non ancora eseguite, nel caso in cui, tenuto conto anche dell’importo dovuto per le prestazioni non ancora eseguite, i parametri delle convenzioni stipulate da Consip S.p.A. ai sensi dell’articolo 26, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488 successivamente alla stipula del predetto contratto siano migliorativi rispetto a quelli del contratto stipulato e l’appaltatore non acconsenta ad una modifica, proposta da Consip s.p.a., delle condizioni economiche tale da rispettare il limite di cui all.’articolo 26, comma 3 della legge 23 dicembre 1999,n. 488. Ogni patto contrario alla presente disposizione è nullo. Il diritto di recesso si inserisce automaticamente nei contratti in corso ai sensi dell’articolo 1339 c.c., anche in deroga alle eventuali clausole difformi apposte dalle parti. Nel caso di mancato esercizio del detto diritto di recesso l’amministrazione pubblica ne dà comunicazione alla Corte dei conti, entro il 30 giugno di ogni anno, ai fini del controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio di cui all’articolo 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.
La novità è che l’ufficio acquisti dovrà monitorare di frequente il portale www.acquistinrete.it perché, nel caso spunti fuori una nuova convenzione che riguardi una delle categorie merceologica per cui l’ente ha già un contratto di fornitura in corso e per cui reputi conveniente non recedere dal contratto, occorrerà segnalarlo nel referto sul controllo successivo sulla gestione che gli enti inoltrano alla Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti competente per territorio. In questo sarà fondamentale il ruolo dei revisori dei conti chiamati a districarsi nell’improbabile giungla normativa degli acquisti extra-Consip e dei “pochi” magistrati contabili rimasti in servizio che vedranno aumentare ulteriormente i loro carichi di lavoro.
Resta uguale la disciplina dei controlli interni agli enti. La legge 488/1999, art. 46, c. 3bis e 4 prevede la possibilità di effettuare acquisti extra-Consip a patto di rispettare i parametri prezzo-qualità delle “convenzioni”. Nell’ambito di ciascuna pubblica amministrazione gli uffici preposti al controllo di gestione ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n.286, verificano l’osservanza dei parametri. Il dipendente che ha sottoscritto il contratto deve allegare al provvedimento una dichiarazione sostitutiva con la quale attesti il rispetto dei parametri di prezzo-qualità. Le strutture che deliberano di procedere in modo autonomo a singoli acquisti di beni e servizi sono tenute a trasmettere i relativi provvedimenti d’acquisto agli uffici preposti al controllo di gestione a fini “di sorveglianza e di controllo”.Annualmente i responsabili dei predetti uffici sottopongono all'organo di direzione politica una relazione riguardante i risultati, in termini di riduzione di spesa, conseguiti attraverso l'attuazione di quanto previsto dal presente articolo. Tali relazioni sono rese disponibili sui siti Internet dell’ente. Per effetto della legge 111/2011 tale relazione va trasmessa, entro il mese di giugno dell’anno successivo, al Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Il sistema dei controlli
La vera novità della “spending review” in tema di acquisti Consip, però, è che l’obbligo di adesione alle convenzioni e agli accordi quadro è stato esteso a tutti gli enti pubblici italiani (decreto legge 95/2012 art. 1 c. 7)
7- Le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, a totale partecipazione pubblica diretta o indiretta, relativamente alle seguenti categorie merceologiche: energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile, sono tenute ad approvvigionarsi attraverso le convenzioni o gli accordi quadro messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionali di riferimento
Avete notato? Si parla qui nuovamente di “convenzioni” o “accordi quadro” anziché di “strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip”: il groviglio normativo ha indotto in confusione persino il legislatore della “spending review”, figuriamoci i poveri addetti degli uffici acquisti. Concentriamoci ora sui controlli interni.
La figura di danno erariale, in caso di acquisti extra-Consip, non rientra nella generale responsabilità amministrativa controllata dalla Corte dei conti, ma è un’altra forma di responsabilità amministrativa che dipende dalla mancata adesione alle convenzioni Consip, e dove il danno è una differenza aritmetica tra prezzo Consip e prezzo dedotto in contratto e prezzo. Talvolta i parametri di qualità-prezzo risentono della specificità del bene o del servizio rispetto ai bisogni dell’ente e non sempre sono facilmente sintetizzabili in via econometrica (si pensi alle stime di consumo dell’energia elettrica e del gas in funzione dei costi unitari variabili e dei costi fissi ammortizzabili), ma siamo sempre nel campo della «discrezionalità tecnica» e si spiega così come mai il legislatore abbia chiamato in gioco gli uffici per il controllo interno di gestione.
Purtroppo, però, questi uffici risultano ancora scarsamente diffusi nella realtà della pubblica amministrazione italiana e – dove sono presenti – non sempre funzionano. Non sorprende, dunque, se scarseggiano sui siti degli enti le relazioni relative agli acquisti Consip. I motivi sono diversi: un po’ perché non è stata prevista una sanzione, in caso di mancata attivazione dei controlli interni; un po’ perché i tagli agli organici e la riduzione dei costi di formazione hanno reso difficile trovare personale qualificato che sappia muoversi tra il diritto amministrativo, il diritto privato, la contabilità pubblica e la contabilità dei costi. Infine, un po’ per mancanza di cultura manageriale e per inerzia degli amministratori pubblici.
Fino al 2009 vi era poi il paradosso normativo che il d. lgs. 286/1999, art. 1, c. 6 escludeva per questi uffici l’obbligo di segnalare alla Corte dei Conti gli estremi di reato conosciuto nell’ambito dello svolgimento dei controlli di tipo manageriale*. Tale norma è stata abrogata nel 1999 dal c.d. decreto Brunetta (d. lgs. 150/2009).
Sarebbe sbagliato, però, attribuire i fallimenti di Consip SpA nel catturare il volume delle transazioni della PA solo alle inefficienze del sistema dei controlli. Alcune negligenze sono da attribuire al legislatore (perché la lettura coordinata dei testi normativi è ancora ai limiti dell’impossibile?).
Vanno considerate anche le inefficienze della stessa Consip come meccanismo di approvvigionamento. Basta un esempio: negli schemi di contratto relativi alla cancelleria, non viene specificato il colore degli evidenziatori. Dal momento che il colore è come la moneta – nel senso che quello cattivo scaccia quello buono – i produttori di evidenziatori preferiscono trattenere il giallo e rifilare a Consip solo evidenziatori rossi, blu, rosa e verdi. La conseguenza è che l’ente acquista gli evidenziatori ad un prezzo più conveniente, ma è costretto ad evidenziare in modo illeggibile. La prossima volta, ci penserà due volte prima di rivolgersi nuovamente a Consip.
Articolo di Roberto Santilli pubblicato il 30 agosto 2012 su www.linkiesta.it
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