venerdì 12 ottobre 2012

La Suprema Corte boccia la trattenuta del 2,5%

Ricevo da UILPA MEF e pubblico

La Corte costituzionale, con sentenza 232, depositata oggi, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di diverse norme del decreto legge 31/05/2010, n. 78, convertito con modificazioni in legge 30/07/2010, n. 122, tra queste quella di cui all’art. 12, comma 10, che disponeva il permanere della trattenuta del 2,5 per cento sulla retribuzione, nonostante la norma prevedesse l’applicazione dell’art. 2120 del codice civile in tema di trattamento di fine servizio, in luogo dell’indennità di buonuscita. 
Ricordiamo che, su questa questione, la Uil Pa ha per prima denunciato la ingiustizia di un tale comportamento delle Amministrazioni pubbliche ed ha promosso, curate dallo studio legale Galleano, diverse cause pilota in tutt’Italia, sul cui esito evidentemente, influirà la pronuncia della Corte Costituzionale, posto che la dichiarazione di incostituzionalità vincola i giudici di merito. 
Siamo andati avanti prima con le diffide e poi con i ricorsi, nonostante le critiche aspre e sprezzanti di alcune sigle sindacali, poichè sapevamo di essere dalla parte della ragione ed ora la Corte Costituzionale conferma questa nostra impostazione. 
Riportiamo di seguito, la motivazione sul punto, della Corte Costituzionale: .....14.— Anche la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 10, del citato d.l. n. 78 del 2010, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 36 Cost. è fondata. La premessa interpretativa del TAR per l’Umbria è, innanzitutto, corretta in punto di ricostruzione del quadro normativo, poiché la mancata espressa esclusione del permanere della trattenuta a carico del lavoratore non potrebbe indurre a far uso dell’argomento a silentio sia pure per perseguire un’interpretazione costituzionalmente orientata. Il perdurare del prelievo di cui si discute, infatti, oltre a derivare dall’astratta compatibilità fra il nuovo regime e la disciplina contenuta nel d.P.R. n. 1032 del 1973, è avvalorato dal fatto che il citato art. 12, comma 10, non contiene affatto una disciplina organica sulle prestazioni previdenziali in favore dei dipendenti dello Stato, in grado di sostituirsi, in senso novativo, al d.P.R. n. 1032 del 1973, come del resto ritenuto dall’Amministrazione in sede applicativa.
Ciò posto, va osservato che fino al 31 dicembre 2010 la normativa imponeva al datore di lavoro pubblico un accantonamento complessivo del 9,60% sull’80% della retribuzione lorda, con una trattenuta a carico del dipendente pari al 2,50%, calcolato sempre sull’80% della retribuzione. La differente normativa pregressa prevedeva dunque un accantonamento determinato su una base di computo inferiore e, a fronte di un miglior trattamento di fine rapporto, esigeva la rivalsa sul dipendente di cui si discute. Nel nuovo assetto dell’istituto determinato dalla norma impugnata, invece, la percentuale di accantonamento opera sull’intera retribuzione, con la conseguenza che il mantenimento della rivalsa sul dipendente, in assenza peraltro della “fascia esente”, determina una diminuzione della retribuzione e, nel contempo, la diminuzione della quantità del TFR maturata nel tempo. La disposizione censurata, a fronte dell’estensione del regime di cui all’art. 2120 del codice civile (ai fini del computo dei trattamenti di fine rapporto) sulle anzianità contributive maturate a fare tempo dal 1º gennaio 2011, determina irragionevolmente l’applicazione dell’aliquota del 6,91% sull’intera retribuzione, senza escludere nel contempo la vigenza della trattenuta a carico del dipendente pari al 2,50% della base contributiva della buonuscita, operata a titolo di rivalsa sull’accantonamento per l’indennità di buonuscita, in combinato con l’art. 37 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032. 
Nel consentire allo Stato una riduzione dell’accantonamento, irragionevole perché non collegata con la qualità e quantità del lavoro prestato e perché – a parità di retribuzione – determina un ingiustificato trattamento deteriore dei dipendenti pubblici rispetto a quelli privati, non sottoposti a rivalsa da parte del datore di lavoro, la disposizione impugnata viola per ciò stesso gli articoli 3 e 36 della Costituzione. .....14.1.— Va, quindi, pronunciata l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 10, del d.l. n. 78 del 2010, nella parte in cui non esclude l’applicazione a carico del dipendente della rivalsa pari al 2,50% della base contributiva, prevista dall’art. 37, comma 1, del d.P.R. n. 1032 del 1973.........

1 commento:

Anonimo ha detto...

La UILPA MEF non sa neanche di cosa parla.... ma li avete mai conosciuti Bordini, Compagnone e Privitera? una 5^ elementare in tre.E' tutta una manfrina per fare iscritti e ricattare l'amministrazione... dei dipendenti non gli importa nulla..