Non c' è solo chi timbra e scappa o moltiplica incarichi e paghe. Nell' esercito di dipendenti pubblici c' è, accanto a chi si imbosca, chi lavora anche per lu
i. Chi lucra sullo stipendio garantito, ma anche chi si impegna per far funzionare la complessa macchina dello Stato, senza ricevere per questo alcun riconoscimento. Tra i dipendenti statali «virtuosi», certificati dal premio del Forum della Pubblica Amministrazione, c' è Lu
ca Attias, ingegnere informatico quarantaseienne, divenuto direttore generale dei sistemi informativi della Corte dei Conti, che assicura: «Il contesto è da brivido, e non solo nella pubblica amministrazione, ma chi lavora duro e con impegno c' è. E spesso non è premiato».
Lei invece è stato tra i vincitori di vari premi. Perché?
«Al di là dei riconoscimenti che, ho scoperto, a volte vengono dati a chi è raccomandato, c' è il risultato: mi viene riconosciuto di aver portato il sistema informatico della Corte dei Conti a un livello di eccellenza. E, ovviamente, non l' ho fatto da solo». Come ha fatto? «Ho adottato un metodo completamente diverso da quelli diffusi non solo nella pubblica amministrazione, ma anche in quella privata». Quale metodo? «La meritocrazia. Il potenziale umano nella pubblica amministrazione c' è. Ma occorre valorizzare le caratteristiche personali con un sistema di gestione del personale corretto, con criteri premiali oggettivi e non basato su raccomandazioni o aderenza a lobby. Sembra banale, invece in questo modo si riesce a portare la gente a lavorare anche di sabato e di domenica. E anche a farla divertire». Chi le viene in mente quando pensa a impiegati virtuosi? «La prima che mi viene in mente è Cinzia Maregrande. Era una sorta di dattilografa che con me è diventata capoprogetto del più importante sistema informativo, quello della giurisdizione e delle Procure». Come? «L' ho valorizzata senza tener conto della qualifica ma di ciò che sapeva fare. Ma soprattutto si è impegnata sempre al massimo, senza far pesare la malattia che a giugno, giovanissima, l' ha portata via. Ma ce ne sono veramente tanti». Ad esempio? «È difficile fare nomi. Perché sono davvero troppi. Ma, ad esempio, ho un informatico, che era un collaboratore e ora è riconosciuto come un fenomeno della progettualità informatica. C' è da tenere conto però che siamo un settore, da questo punto di vista, fortunato». Perché? «Perché un informatico non può improvvisare. Conta quello che sa. Credo che avrei avuto maggiori difficoltà a superare concorsi se non fossero stati su argomenti tecnici molto specifici. E non sarei riuscito a far diventare questo sistema informatico quello che è, se non avessi avuto la libertà di poter utilizzare la mia banda di "sciamannati", preparatissimi, che lavorano senza risparmiarsi». Virginia Piccolillo
i. Chi lucra sullo stipendio garantito, ma anche chi si impegna per far funzionare la complessa macchina dello Stato, senza ricevere per questo alcun riconoscimento. Tra i dipendenti statali «virtuosi», certificati dal premio del Forum della Pubblica Amministrazione, c' è Lu
ca Attias, ingegnere informatico quarantaseienne, divenuto direttore generale dei sistemi informativi della Corte dei Conti, che assicura: «Il contesto è da brivido, e non solo nella pubblica amministrazione, ma chi lavora duro e con impegno c' è. E spesso non è premiato».
Lei invece è stato tra i vincitori di vari premi. Perché?
«Al di là dei riconoscimenti che, ho scoperto, a volte vengono dati a chi è raccomandato, c' è il risultato: mi viene riconosciuto di aver portato il sistema informatico della Corte dei Conti a un livello di eccellenza. E, ovviamente, non l' ho fatto da solo». Come ha fatto? «Ho adottato un metodo completamente diverso da quelli diffusi non solo nella pubblica amministrazione, ma anche in quella privata». Quale metodo? «La meritocrazia. Il potenziale umano nella pubblica amministrazione c' è. Ma occorre valorizzare le caratteristiche personali con un sistema di gestione del personale corretto, con criteri premiali oggettivi e non basato su raccomandazioni o aderenza a lobby. Sembra banale, invece in questo modo si riesce a portare la gente a lavorare anche di sabato e di domenica. E anche a farla divertire». Chi le viene in mente quando pensa a impiegati virtuosi? «La prima che mi viene in mente è Cinzia Maregrande. Era una sorta di dattilografa che con me è diventata capoprogetto del più importante sistema informativo, quello della giurisdizione e delle Procure». Come? «L' ho valorizzata senza tener conto della qualifica ma di ciò che sapeva fare. Ma soprattutto si è impegnata sempre al massimo, senza far pesare la malattia che a giugno, giovanissima, l' ha portata via. Ma ce ne sono veramente tanti». Ad esempio? «È difficile fare nomi. Perché sono davvero troppi. Ma, ad esempio, ho un informatico, che era un collaboratore e ora è riconosciuto come un fenomeno della progettualità informatica. C' è da tenere conto però che siamo un settore, da questo punto di vista, fortunato». Perché? «Perché un informatico non può improvvisare. Conta quello che sa. Credo che avrei avuto maggiori difficoltà a superare concorsi se non fossero stati su argomenti tecnici molto specifici. E non sarei riuscito a far diventare questo sistema informatico quello che è, se non avessi avuto la libertà di poter utilizzare la mia banda di "sciamannati", preparatissimi, che lavorano senza risparmiarsi». Virginia Piccolillo