Premetto che l'articolo in questione è stato pubblicato ieri da il Riformista e che oggi molti organi di stampa lo hanno ripreso, non porto calzini colorati ma qualche volta non ho gusto nel vestirmi ma non per questo sono stravagante e inattendibile.
Inoltre, sono sicuro che il nostro sottosegratario sia persona stimata e onesta come tutti i parlamentari incensurati e che l'accuse dei pentiti sono tutte da verificare ma ho deciso di pubblicare lo stesso alcune notizie per informare il piccolissimo seguito di colleghi.
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Alla fine quelli che Nicola Cosentino ha bollato come «frocetti che, stando a Roma, credono di poter decidere il destino politico della Campania» hanno perso. Perché il potente sottosegretario all'Economia nato a Casal di Principe, e sotto indagine per i suoi rapporti con i clan, la sua candidatura l'ha strappata a forza.
Quasi per assenza di rivali. Neanche avessero paura di parlare quelli che - e non sono pochi - non stanno con lui.È lo stesso metodo con cui impose la sua, di candidatura, Luigi Cesaro, attualmente presidente della Provincia di Napoli e alleato di ferro di Cosentino: dandola cioè per chiusa, prima dei tavoli ufficiali.
Per altrui pavidità. Sì, pavidità. Come è emerso alla riunione dei parlamentari campani del Pdl, svoltasi sabato a palazzo Grazioli alla presenza dei triumviri.
Una quindicina, vicini a Cosentino, lo hanno indicato come l'uomo giusto. Gli altri hanno taciuto. Compresi i possibili antagonisti, che dei gladiatori proprio non sono: l'ex ministro Stefano Caldoro e Mara Carfagna. E quando qualcuno ha fatto il nome del leader degli industriali napoletano Gianni Lettieri i supporter di Cosentino hanno salutato la nomination con un elegante «booh», con tanto di coretto.
Poi i suoi colonnelli si sono affrettati a dichiarare alle agenzie l'accordo cosa fatta, dopo che Berlusconi ha toccato con mano l'assenza di alternative. Tanto che Ignazio La Russa ha provato a frenare, in attesa del vertice con Fini: «Non è detto ancora nulla. Decideremo regione per regione».
Niente da fare: Cosentino, di fatto, ha iniziato la sua campagna elettorale. Dalla sua ha avuto come grandi sponsor il triumviro Denis Verdini e il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, che ha un filo diretto, in Campania, con Cesaro. Gli altri ci hanno provato a dire che c'è un limite a tutto. E che, certe volte, conta pure la faccia.
Sandro Bondi, ad esempio, fino all'ultimo ha sostenuto la candidatura di Caldoro. Claudio Scajola uno che secondo Berlusconi di campagne elettorali se ne intende, ha definito Cosentino semplicemente «invotabile». E prima della riunione dei parlamentari Gaetano Quagliariello è andato a parlare a quattr'occhi con il Cavaliere chiedendo un supplemento di riflessione. Tutto vano.
Berlusconi infatti ufficializzerà Cosentino nel corso della sua prossima visita a Napoli. Dunque l'impresentabile ha vinto. Proprio così: impresentabile. Per carità, un conto è essere indagati, un conto è essere condannati. Ma è altrettanto lecito dire che il suo sistema di relazioni è da brivido.
C'è innanzitutto la vicenda giudiziaria. Da tempo Cosentino è coinvolto in inchieste su camorra, rifiuti e politica. E la «bomba», per più di un azzurro che conta, starebbe per esplodere: deflagrante per il Pdl campano e non solo.
Tutto parte dalle rilevazioni dell'Espresso di un anno fa, secondo cui Cosentino sarebbe il referente politico più importante dell'Impero di Gomorra, retto dalla diarchia Schiavone-Bidognetti. Agli atti le accuse di quattro pentiti, contestate duramente dall'attuale sottosegretario, ma su cui gli inquirenti hanno lavorato negli ultimi mesi, raccogliendo prove e riscontri. Quelle più pesanti le ha rivolte Gaetano Vassallo, indicato come il «ministro dei rifiuti» del clan dei casalesi.
Ai pm Vassallo ha raccontato come Cosentino controllerebbe la società Eco-4 dei fratelli Orsi, il consorzio per la raccolta dei rifiuti infiltrato dalla camorra e gestirebbe pure la costruzione degli inceneritori, in accordo con Sandokan, il boss Francesco Schiavone attualmente in carcere, condannato a tre ergastoli per omicidio e associazione camorristica.
Della vicinanza tra Cosentino e Sandokan ha parlato anche un altro pentito, Domenico Frascogna. E soprattutto l'ha raccontata il cugino di Sandokan, Carmine Schiavone che fa risalire addirittura all'inizio degli anni ottanta i patti elettorali con i casalesi, quando Cosentino era socialdemocratico, nel senso di eletto nel Psdi. Da allora nel casertano l'attuale sottosegretario ha raccolto sempre una valanga di preferenze.
"Un quadro inquietante, al netto dell'esito delle indagini. Ma l'opportunità politica di una candidatura non cozza con il rispetto del garantismo. Le connessioni familiari di Cosentino non aiutano certo. Il fratello Giovanni è sposato con la figlia del boss, ora deceduto, Costantino Diana. Mentre un altro fratello, Mario, ha portato all'altare Mirella, la sorella di "Peppe 'u Padrino", il boss condannato all'ergastolo per associazione mafiosa e omicidio.
Non male come curriculum per diventare presidente della regione Campania.Forse però col pretesto del finto garantismo qualcuno nel Pdl ha semplicemente deciso di chiudere un occhio. E i suoi oppositori tutto sommato le barricate non le hanno fatte. Nemmeno Italo Bocchino, molto perplesso all'inizio. Poi, di fatto, ha alzato bandiera bianca. Misteri. Del resto di battaglie di principio contro i forti da quelle parti se ne fanno poche. E Cosentino è uno potentissimo.
Oltre a quelle relazioni pericolose che fanno sì che alle riunioni i suoi pavidi oppositori tacciono, il sottosegretario ha un impero economico: il gruppo di aziende che si occupa di carburante e che fa capo ai tre fratelli è una miniera d'oro.
Al limite del conflitto di interessi per uno che fa politica. Altra cosa che non fa gridare allo scandalo tra gli azzurri.
Per evitare che Mattino 5 mi insegua anche in bagno ribadisco la mia irresponsabilità sull'articolo
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