lunedì 30 marzo 2009

Tremonti e Brunetta

da Dagospia.com

la Fiera di Roma è tramontato Tremonti: ha fatto capire una volta per tutte che non ha la statura del leader.
C'è un uomo che con un immenso sforzo ha tentato di uscire dal recinto della Nuova Fiera di Roma dove 6mila delegati e qualche centinaia di comparse hanno cantato in coro: "...con l'elmo di Silvio si è cinta la testa".
Quest'uomo è Giulietto Tremonti, l'ex-tributarista di Sondrio che è salito sulla pedana alle 19,37 di sabato e ha parlato per 11 minuti con la sua voce nasale e la consueta aria da professore. L'attesa era grande e le sue prime parole hanno fatto correre brividi nella schiena.
"Vi parlerò dall'alto dell'economia, della politica e della storia", ha esordito il 62enne ministro di fronte a una platea affamata di idee e di buone intenzioni.
Dopo questo inizio sublime ci si aspettava un discorso da grande leader capace di mettere in crisi quella candidatura per l'eredità del Cavaliere che Gianfranco Fini ha fatto esplodere come una bomba.
Al secondo capoverso del suo intervento si è capito che il genio di Giulietto avrebbe preso un'altra strada, quella della retorica infarcita di virtù teologali che da un po' di tempo azzeppa i suoi discorsi come un grande alibi culturale che gli evita pronunciamenti impegnativi e ricette salvifiche.
Molti dei presenti (compresa la Gelmini Calzelunghe che le telecamere hanno inquadrato in maniera morbosa) hanno reclinato il capo delusi.
Da questo ministro, che dopo la laurea ha insegnato all'Università di Oxford, ci si aspettava qualcosa di più perché di fronte alla crisi devastante dei mercati nessun protagonista dell'economia in Europa e nel mondo userebbe a piene mani citazioni della Bibbia e di Sant'Agostino.
A questi rivoli di retorica Giulietto ha aggiunto omaggi ossequienti e sfacciati al Cavaliere che, ha detto, "conosco dal 1982 ed è già nella storia, un uomo la cui genialità l'Europa ci invidia".
I delegati affamati di idee e di tramezzini hanno capito in quel momento che il genietto di Sondrio non entrerà mai nella storia, nemmeno dal buco della serratura, e che forse è stato sempre sopravvalutato nelle sue qualità di economista e di pensatore.
Pensatore non è perché nel momento in cui avrebbe potuto tirar fuori gli artigli del leader, ha parlato come un Baget Bozzo anni '60, e ha fatto capire una volta per tutte che non ha la statura del leader.
D'altra parte bisogna anche capire quest'uomo che nel luglio 2004 è stato defenestrato dal Governo e che dopo essere stato socialista si trova schiacciato nell'incudine di An e della Lega. Nell'orrenda vasca della Fiera di Roma il delfino Fini ha fatto un doppio salto mortale davanti a quel Berlusconi che detesta il pessimismo catastrofico di Giulietto.
E fuori dalla vasca c'è la Lega che non vuole affogare la sua identità nel "partito bulgaro", ma chiede a Tremonti di dimostrare la sua fedeltà con i quattrini per il federalismo.
A Roma è tramontato Tremonti e quello che lui ha annunciato come la fine della "mezzanotte del mondo" è apparso un imbarazzato crepuscolo.
Il paragone è odioso, ma quel palco di 600 metri quadri tappezzato di moquette e di monitor sembrava disegnato da Albert Speer, l'architetto di Hitler che allestì la scenografia per il famoso raduno di Norimberga. Gli storici dicono che il geniale architetto si ispirò all'Altare di Pergamo creando una cattedrale di luce con 130 riflettori da contraerea.
Sull'Altare di Pergamena le gambe degli oratori tremavano per il rischio di essere inghiottiti in quella balena azzurra che nemmeno Vasco Rossi avrebbe saputo dominare.
Così quando Renato Brunetta è salito sulla tribunetta accolto da un applauso di un minuto, il teatrino dello scenografo Berlusconi è andato in pezzi e ha privilegiato l'uomo rispetto allo spazio.
Il figlio dell'ambulante veneto ha tirato fuori una lacrima e poi è partito con coraggio davvero sorprendente.
Ha invocato la vera lotta di classe contro le burocrazie e con finta umiltà ha esclamato: "siamo un po' sfigati perché ogni volta che andiamo al Governo c'è una crisi, siamo pieni di difetti, ma siamo rivoluzionari!".
Per le signore ingioiellate e i ragazzi in cravatta questo salto di "classe" è stato un vero e proprio sdoganamento concettuale, il preludio di quella negazione dello Stato etico che è sempre stato retaggio della destra e che Gianfranco Fini ha messo nell'armadio.
Nella prima fila Giulietto Tremonti si torceva le mani che si sono aperte soltanto per applausi formali.
Questo trionfo di Brunetta sulla tribunetta è stato un colpo al cuore che il ministro di Sondrio ha dovuto digerire come il boccone più amaro di tutta la convention.
Purtroppo nessuno dei presenti sapeva che il ministro di Sondrio poche ore prima aveva dato a Brunetta un bel calcio negli stinchi.
Infatti Tremonti ha bocciato e respinto al mittente il progetto al quale Brunetta tiene di più e porta il nome di Digit@Pa, il nuovo ente che nelle ambizioni dell'economista-collega dovrebbe gestire l'informatizzazione dello Stato.
La piccola guerra tra i due premi Nobel mancati continua a colpi di dispetti e di calcetti, ma sulla tribunetta il round l'ha vinto il figlio dell'ambulante.

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