Le disposizioni in materia di split payment si applicano alle operazioni per le quali l’Iva diventa esigibile a partire dal 1° gennaio 2015.
La legge di stabilità approvata definitivamente lunedì scorso ha introdotto tale termine che, di fatto, anticipa l’applicazione della misura e ne svincola l’efficacia alla preventiva autorizzazione da parte del Consiglio Ue. Quindi, dal 1° gennaio prossimo, le cessioni di beni e prestazioni di servizi poste in essere nei confronti della pubblica amministrazione vanno gestite, tanto dal fornitore che dal destinatario, secondo le regole dello split payment.
Anzitutto, va ricordato che il modello di split payment adottato dal legislatore nazionale è circoscritto ai soli rapporti di fornitura di beni e servizi alla Pa. In questo ambito, al cedente/prestatore viene erogato l’importo del corrispettivo indicato in fattura al netto dell’Iva, la quale è corrisposta all’erario direttamente dal soggetto Pa beneficiario delle cessione/prestazione: è quest’ultimo che, in luogo del fornitore, provvede al versamento dell’imposta secondo le modalità e i termini che verranno fissati con il decreto ministeriale.
Le operazioni che saranno poste in essere a partire dal 1° gennaio andranno regolarmente fatturate con rivalsa dell’Iva, salvo dare evidenza contabile del fatto che tale imposta non verrà mai incassata. In sostanza, in relazione alle operazioni interessate dallo split payment il saldo della posizione di debito Iva nei confronti dell’erario chiude sempre a zero.
Più complessa sul piano operativo è la gestione del pregresso, in particolare delle fatture già emesse nei confronti della Pa in regime di esigibilità differita, in base all’articolo 6, comma 5 del Dpr 633/72. Queste operazioni si considerano effettuate secondo le ordinarie regole, tuttavia l’esigibilità dell’imposta rimane sospesa fino alla riscossione del corrispettivo.
Queste fatture, dunque, se pagate dal 1° gennaio 2015, acquisiscono tale data di esigibilità e di conseguenza sono “assorbite” dal regime dello split payment. Ciò significa che l’Iva non verrà mai riscossa del fornitore.
Del mancato incasso va data evidenza contabile con una scrittura di rettifica, di modo che il debito Iva sorto a suo tempo in sede di fatturazione sia stornato e relativamente alle fatture interessate dallo split payment il saldo del debito Iva chiuda in pareggio.
Tutti i pagamenti relativi ad acquisti di beni e servizi effettuati dalla Pa dal 1° gennaio 2015 vanno effettuati al netto dell’Iva. Quindi, nonostante la fattura rechi il corrispettivo più l’imposta, quest’ultima non va pagata al fornitore ma va versata direttamente all’erario. Il soggetto Pa, dunque, in relazione a queste operazioni, assume il ruolo di debitore dell’Iva, tant’è che è assoggettato alle sanzioni per omesso/tardivo versamento. Una difficoltà operativa che si riscontra dal lato della Pa è dovuta al fatto che, in mancanza del decreto a cui è demandata la fissazione delle modalità e dei tempi di esecuzione del versamento dell’Iva non pagata in forza dello split payment, i soggetti della Pa dovranno mantenere sospeso il versamento dell’imposta, senza essere sottoposti a conseguenze sanzionatorie.
articolo di Matteo Mantovani pubblicato su il sole24ore.com
articolo di Matteo Mantovani pubblicato su il sole24ore.com
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