Sono 199 su 6.879 i procedimenti disciplinari avviati su dipendenti pubblici che hanno portato al loro licenziamento nel 2013 (6.299 quelli conclusi): in testa alla poco invidiabile classifica tra i 3,2 milioni di impiegati, segretarie, dirigenti e uscieri, figurano 64 lavoratori in ministeri e agenzie, 62 nelle scuole, 39 in Asl e ospedali, 29 in Regioni e Comuni e 5 nelle università.
I dati sono stati diffusi dal ministero della Funzione pubblica nell'ultima indagine pubblicata sul sito. Il motivo più frequente di risoluzione del contratto da parte dello Stato è nel 45% dei casi (99 licenziamenti) l'assenza del dipendente (ingiustificata o non comunicata per tempo); in altre 78 situazioni (36%) l'aver commesso reati, seguite da 35 casi (16%) di episodi di negligenza, comportamenti non corretti e inosservanza degli ordini di servizio.
Non mancano poi i casi di quelli che avevano il doppio lavoro (non autorizzato): sette, pari al 3%.
Un procedimento, però, si può concludere anche con una sospensione di giorni, settimane e perfino mesi (massimo sei), ma il dipendente, fuori dal suo ufficio, è privato della retribuzione. Sempre nel 2013, stando alla Funzione pubblica, le sospensioni sono state 1.438, le archiviazioni e i proscioglimenti 1.684 e le sanzioni minori 2.979.
E di licenziamenti nella Pubblica amministrazione si parlerà anche in questi giorni negli emendamenti-chiave alla riforma della Pa.
I testi li stanno preparando, limando parola dopo parola, il relatore del provvedimento, Giorgio Pagliari (Pd), e i tecnici del governo.
Lo stesso premier, Matteo Renzi, e il ministro della Pa, Marianna Madia, dopo le assenze di massa dei vigili urbani di Roma a Capodanno, hanno detto chiaramente che anche le regole per gli statali vanno cambiate e rese più severe. Non si tratta di fare «copia e incolla» delle misure del Jobs act in ministeri e enti locali, ma sembra scontata una stretta sui procedimenti disciplinari: di certo llnps avrà il compito di effettuare le visite fiscali (al posto delle Asl). Inoltre restano da ridefinire i casi di «scarso rendimento» e il sistema delle valutazioni per tutti, impiegati e dirigenti.
Articolo di Francesco Di Frischia pubblicato su Corriere della Sera
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