Nota n. 16098/C2 dell'Ufficio Regionale Scolastico dell'Emilia Romagna
Pervengono numerosi quesiti da parte di Dirigenti scolastici, i quali, anche a nome di altri colleghi della provincia di riferimento, pongono due ordini di questioni in merito alla corretta applicazione dell’art. 54 CCNL 2002/2005 – Comparto Scuola.
Una prima questione afferisce alla legittimità della riduzione dell’orario di lavoro “ovunque vi siano rientri pomeridiani settimanali”.
Una seconda inerisce alla facoltà del Collegio dei Revisori di entrare nel merito di tale riduzione, ai fini dell’esercizio del controllo di regolarità amministrativa.
La questione giuridica inerente al primo quesito è riassumibile nei termini che seguono:
Posto che, com’è noto, l’orario di lavoro del personale ATA è disciplinato dagli artt. 50, 52 e 54 del vigente contratto, il dato letterale di tali disposizioni consente di circoscrivere l’istituto in esame alle condizioni di seguito indicate:
A norma dell’art. 54 del sopra citato CCNL, destinatario della riduzione d’orario a 35 ore settimanali, è il personale ATA adibito a regimi d’orario articolati su più turni o coinvolto in sistemi d’orario comportanti significative oscillazioni degli orari individuali, rispetto all’orario ordinario, finalizzato all’ampliamento dei servizi all’utenza e/o comprendenti particolari gravosità nelle seguenti istituzioni scolastiche:
a) Istituzioni scolastiche educative;
b) Istituzioni con annesse aziende agrarie;
c) Scuole strutturate con orario di servizio giornaliero superiore alle 10 ore per almeno 3 giorni la settimana.
È evidente, dunque, che in base alla su richiamata disposizione, i presupposti per l’applicazione della riduzione oraria appartengono a due ordini di condizioni:
Una prima condizione è di ordine oggettivo ed afferisce alla natura della stessa istituzione scolastica (istituzione scolastica educativa o istituti con annessa azienda agraria) ovvero alla decisione dell’istituzione scolastica (di natura diversa da quelle prima citate), di strutturare un orario di servizio giornaliero superiore alle dieci ore per almeno tre giorni la settimana, al fine di soddisfare particolari esigenze di funzionamento della scuola o di migliorarne l’efficienza e la produttività dei servizi.
In relazione a tale primo presupposto, l’ampliamento dei servizi all’utenza è insito in modo immanente alla tipologia di scuola, ovvero è rimesso alla autonoma decisione, caso per caso, della istituzione scolastica.
Oltre al presupposto oggettivo sopra evidenziato, ai fini che interessano, rileva un ulteriore presupposto di ordine soggettivo, in presenza del quale il personale che, a cagione del predetto ampliamento dei servizi, “subisce” un orario di lavoro “aggravato”, diviene titolare del diritto alla riduzione dell’orario settimanale di lavoro.
Pertanto tale riduzione costituisce una sorta di compensazione della particolare gravosità della prestazione lavorativa, dovuta alla presenza di più turni ovvero all’oscillazione dell’orario ordinario in dipendenza dell’estensione dell’utenza o di altre situazioni di particolare gravosità.
Alla comprensione di tale circostanza, soccorrono le indicazioni contenute nell’art. 52 del medesimo CCNL che, nel definire le modalità di prestazione dell’orario di lavoro, opera una puntuale distinzione tra orario flessibile, orario plurisettimanale e turnazioni.
E proprio con riferimento a quest’ultima modalità di svolgimento del lavoro, detta norma contrattuale, nel precisare che “la turnazione è finalizzata a garantire la copertura massima dell’orario di servizio giornaliero e dell’orario di servizio settimanale su cinque giorni o sei giorni, per specifiche tipologie di funzioni e di attività, a cui deve ricorrersi solo quando le altre tipologie di orario ordinario non siano sufficienti a coprire le esigenze di servizio, precisa che “si considera in turno il personale che si avvicenda in modo da coprire a rotazione l’intera durata del servizio” (art. 52 comma 1).
Ciò che contraddistingue dunque il lavoro a turni dal lavoro flessibile e dal lavoro plurisettimanale, è la notevole oscillazione del servizio con connessa alternanza fra i lavoratori incaricati di coprire l’intero arco del servizio.
Pertanto, il lavoro a turni non è tanto la frazione di tempo (giorni o settimane) della distribuzione dell’orario di servizio, non è tanto la facoltà offerta al dipendente, a prescindere dalle esigenze della struttura di lavoro, di entrare ovvero uscire prima o dopo l’orario di inizio o di fine servizio, quanto piuttosto l’alternanza sul posto di lavoro che comporti lo svolgimento dell’attività lavorativa in orari ciclicamente diversi con una rotazione del personale addetto.
Conclusivamente, destinatario della riduzione oraria di lavoro saranno pertanto i dipendenti che si trovano ad operare in una istituzione scolastica che presenti sia le caratteristiche oggettive di cui ai punti a); b); c); su richiamati, sia gli elementi soggettivi che investono i lavoratori che, pur non potendosi considerare turnisti nel senso stretto, siano comunque coinvolti in sistemi orari di lavoro che, a causa delle significative oscillazioni degli orari individuali di lavoro programmate, vengano accomunati al turnista quanto al disagio psico-fisico derivatone e quindi ai benefici compensativi correlati.
Pertanto, solo al verificarsi simultaneo dei presupposti oggettivi e soggettivi sopra evidenziati, a norma dell’art. 54 CCNL sarà possibile ricorrere all’orario di lavoro ridotto.
È evidente che alla luce di quanto fin qui dedotto, si dovrà procedere alla individuazione del personale che, al verificarsi dei presupposti sopra evidenziati, avrà titolo alla riduzione dell’orario di lavoro, stante che è da escludersi che il beneficio in esame spetti indiscriminatamente a tutto il personale ATA a prescindere dalla valutazione delle singole posizioni individuali. Ciò in quanto, ove si volesse pervenire acriticamente a tale conclusione, la disposizione che rinvia alla contrattazione d’istituto l’individuazione del “numero”, della “tipologia” e di quant’altro necessario alla individuazione del personale fruitore della predetta riduzione (art. 54, co 2), si rivelerebbe del tutto inutile, in quanto non vi sarebbe alcun personale da identificare, essendo tutto il personale dell’istituzione scolastica coinvolto nella riduzione. (In tal senso il parere reso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna e la sentenza del Tribunale di Bologna n. 423/05).
A tal proposito, non può che richiamarsi l’attenzione dei Dirigenti scolastici sulla responsabilità erariale cui andrebbero incontro al verificarsi di un eventuale danno derivante alle Istituzioni scolastiche dalla sottoscrizione ed esecuzione di contratti decentrati integrativi difformi dalle previsioni del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro.
In merito, l’Avvocatura Generale dello Stato, con parere reso in data 3 febbraio 2003, con nota n. CS15931/02 Sez. I° bis, al Ministero della Funzione Pubblica, ha ricordato la norma legale inderogabile, contenuta nell’art. 40, 3° co. del D.lgs. n. 165/01, introdotto dall’art. 17, comma 2, della legge n. 448/2001, in virtù del quale “Le pubbliche amministrazioni non possono sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali o che comportino oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Le clausole difformi sono nulle e non possono essere applicate”.
Orbene, alla luce di tale norma imperativa, non solo viene sancita la nullità delle eventuali clausole del contratto decentrato integrativo, ove queste siano difformi dal contratto collettivo nazionale di lavoro, ma viene acclarato anche il tassativo divieto di applicazione da parte di chi dovrà rendere operative le suddette clausole difformi.
Ciò posto, muovendo dalle sopra citate disposizioni che vietano la stipula dei contratti difformi dai contratti collettivi nazionali, che sarebbero peraltro viziati di nullità, in ordine ai quali viene stabilito un generale divieto di applicazione, la scrivente Direzione, non conoscendo l’assetto organizzativo delle varie Istituzioni scolastiche, né la posizione dei dipendenti che dovrebbero coprirne la funzionalità, né in concreto l’organizzazione oraria del personale, rivolge un generale invito ai Dirigenti scolastici di operare, in sede di contrattazione decentrata che sarà posta in essere, un’attenta verifica dei presupposti contrattuali nazionali, ampiamente illustrati, che non potranno essere disattesi senza esporre i soggetti più direttamente interessati alla formazione delle scelte tradotte in clausole contrattuali, a responsabilità amministrativa davanti alla Corte dei Conti a causa del danno erariale eventualmente provocato.
Passando al secondo quesito, afferente alla facoltà del Collegio dei revisori di entrare nel merito delle contrattazioni decentrate d’istituto, si osserva quanto segue:
Secondo le norme che disciplinano i controlli interni e misti (art. 2 del D.lgs. n. 286 del 30.07.1999; art. 48 del D.lgs. n. 165/01 e artt. 57 e ss del D.I. n. 44//01) il Collegio dei Revisori dei Conti è chiamato a vigilare “sulla legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa” nel suo complesso (art. 58 c 1) nonché sulla regolarità della gestione finanziaria e patrimoniale, posta in essere dalla Istituzioni scolastiche e dei relativi risultati (art. 58 punto 4, lettera e);
è chiamato altresì ad esprimere pareri di regolarità contabile sul programma annuale, corredando gli stessi con relazioni contenenti tabelle di rilevazione dei costi (personale, strumenti, servizi esterni ecc.) inerenti alle attività ed ai progetti realizzati nell’istituto, finalizzate all’analisi costi/benefici da parte dell’amministrazione scolastica (art. 58 punto 4 lettera e).
In relazione a quanto sopra, nell’espletamento della funzione di vigilanza e di controllo sopra evidenziata, il Collegio opera in piena ed insindacabile autonomia ed indipendenza rispetto all’Amministrazione dante causa, con la quale si pone in posizione di svincolo da qualsivoglia rapporto gerarchico.
Un compito specifico, affidato poi indistintamente a tutti i collegi dei revisori operanti presso le pubbliche amministrazioni, è quello sancito dall’art. 28 della legge 27/12/2002, n. 289 (finanziaria 2003) che si sostanzia nell’adempimento di dover fornire al Ministero dell’economia e delle finanze, allo scopo di assicurare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, ogni utile informazione sul comportamento dell’Amministrazione controllata.
Tornando alla questione su esposta, e cioè se i Revisori dei Conti abbiano titolo ad entrare nel merito della contrattazione integrativa decentrata d’istituto, ove la stessa non determini impegni di spesa a carico del bilancio della Istituzione scolastica, non può che osservarsi che la competenza dei Revisori in ordine alla contrattazione integrativa decentrata sia prevista con riferimento alla sola certificazione di compatibilità finanziaria.
Ciò è desumibile dal testo letterale dell’art. 40 bis co. 3° del D. lgs 165/01 sopra richiamato secondo cui “qualora dai contratti collettivi integrativi derivino costi non compatibili con i rispettivi vincoli di bilancio delle amministrazioni, si applicano le disposizioni di cui all’art. 40, 3° comma”.
È pur vero tuttavia, che le scelte contrattuali decentrate, inerendo anche ad atti gestionali del personale e delle risorse, connessi al finanziamento di progetti e di particolari attività (ivi comprese quelle che influiscono sul prolungamento dell’orario scuola), nonché alle posizioni dei singoli soggetti coinvolti, vadano inevitabilmente ad interpolare quella attività di vigilanza sulla legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa, che il 1° comma dell’art. 58 pone in capo al Collegio dei revisori, quale organo di controllo misto previsto dalla legge.
Conseguentemente, sembra di tutta evidenza che, a prescindere dalla certificazione di compatibilità finanziaria, che, ove sussistente andrà comunque certificata, nell’ipotesi che l’organo di revisione contabile dovesse comunque constatare profili di responsabilità amministrativa, aventi potenzialità lesiva di danno all’erario derivante da contrattazione integrativa d’Istituto difforme dal CCNL nazionale, non potrebbe esimersi dal farne oggetto di apposito rilievo nei verbali di cui all’art. 60 del medesimo D.I. n. 44/2001, dandone comunicazione all’Amministrazione di riferimento, alla Ragioneria provinciale dello Stato, alla Corte dei Conti (v. Direttiva Procura Generale della Corte dei Conti prot. n. I.C./16 del 28 febbraio 1998) ed al Ministero dell’Economia e delle Finanze, a norma della legge n. 289/2002, quale utile informazione sul comportamento dell’Amministrazione controllata.
In tal senso va interpretata la nota prot. n. 73072 del 6 giugno 2006 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che, in ordine alla questione in esame, rivolge un invito al Ministero della P.I. perché si faccia carico di fornire alle Istituzioni scolastiche un indirizzo univoco sulla corretta applicazione dell’istituto della riduzione oraria di lavoro a 35 ore settimanali, adempimento che con la presente nota si intende assolvere, considerato che dall’attività di vigilanza svolta sulle funzioni sindacali e di revisione presso le Istituzioni scolastiche è emersa una indebita riduzione oraria a favore del personale ATA conseguente ad una non corretta applicazione dell’art. 54 da parte delle medesime.
Considerato l’interesse generale della presente nota, le SS. LL. cureranno di darne ampia diffusione tra le Istituzioni scolastiche di propria competenza.
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