Leggo sul Corriere.Roma.it e ho la sgradita sensazione che il Governo stia preparando l'opinione pubblica ad una manovra di lacrime e sangue per gli statali.
ROMA - Un centinaio di indagati, fra civili e militari, nella sede distaccata del ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, in via dell’Arte, all’Eur. A incastrare decine e decine di impiegati le telecamere che da anni non funzionavano, nell’atrio della sede del dicastero, ma sarebbero state messe in uso ai primi sospetti che qualcuno, in orario di lavoro, si dedicasse ad altro: fare spesa, stare con i figli, prendersi un caffè. Ed è già polemica sul «Grande Fratello» al ministero, un occhio indiscreto che nel riprendere i lavoratori della cui lealtà si dubitava si dev’essere per forza soffermato anche sugli altri. Secondo gli avvocati di alcuni indagati, le riprese non erano previste da un accordo sindacale, né c’era una richiesta del pm che giustificasse la loro visione preventiva per ricostruire fotogramma dopo fotogramma l’andirivieni degli impiegati.
Secondo la procura, l’escamotage per uscire in orario di lavoro era duplice: chi per guadagnare l’uscita s’infilava fra i tornelli, del tipo in uso nelle metropolitane, con le due porte scorrevoli trasparenti mai perfettamente allineate. E chi, invece, si faceva prestare il cartellino da altri per andare fuori dall’ufficio quando avrebbe dovuto invece sedere alla scrivania. Unico, invece, il reato contestato: truffa ai danni dello Stato. «Violazione dell’articolo 640 comma secondo del codice penale - si legge nel provvedimento con cui è stata formulata l’accusa - perché con artifizi e raggiri, il dipendente tenuto ad un determinato orario, si allontanava dal luogo di lavoro, senza segnalare l’allontanamento e il rientro in ufficio mediante il badge in dotazione, procurandosi un ingiusto profitto, costituito dalle retribuzioni per attività non svolta, in danno del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti».
A via dell’Arte sono in corso gli interrogatori. Talmente complesse, le indagini disposte tra gli altri dal pm Mario Ardigò, che si è deciso di dividere gli impiegati in scaglioni, con fasce orarie diverse, perché accanto a chi è già stato iscritto nel registro degli indagati c’è una massa di dipendenti sentiti, per ora, come «persone informate sui fatti».
A far deflagrare l’inchiesta - appoggiata, sembra, dal ministro Altero Matteoli, che vuole venga fatta luce su questa storia - la classica soffiata. Alcuni lavoratori avrebbero segnalato i comportamenti anomali dei colleghi a chi si occupa del personale.
E sarebbe bastato poco - appunto l’analisi delle immagini delle telecamere sistemate nella sede distaccata del dicastero - per dare conferma ai sospetti. Come riferimento è stata presa la settimana dal 12 al 19 marzo scorso: persone immortalate alle 12.30 all’esterno del tornello, avrebbero dovuto essere, a quell’ora, in ufficio. Non sono serviti approfondimenti particolari.
Mentre le indagini vanno avanti, facendo emergere fra l’altro una compravendita di tagliandi per il parcheggio che si trova nei pressi degli uffici, le difese hanno già pronti argomenti decisivi. Primo fra tutti, quello appunto delle immagini «rubate». «Non è una nostra invenzione - puntualizza l’avvocato Claudio Natale - ma è il Garante della privacy a dire che per riprendere i lavoratori occorre avvertire il responsabile sindacale dell’azienda, e non ci risulta sia accaduto in questo caso. Quindi le riprese sono illegittime». Secondo punto: «Un conto è mancare due ore dal lavoro. Un altro è andare fuori per la pausa pranzo, ad esempio dalle 12.30 alle 13 anziché dalle 14 alle 14.30, visto che a via dell’Arte manca la mensa interna e quelle di altri istituti vicini osservano un determinato orario. Alla fine della giornata, il tempo passato in ufficio è lo stesso. Non c’è nessun ingiusto profitto. Eppoi, non viene contestato un allontanamento sistematico, ma per due, tre volte in quindici giorni». Più o meno le stesse obiezioni da un altro legale, il professor Leonardo Mazza, che solleva anche lui dubbi sulla «conformità delle riprese filmate degli ingressi e delle uscite dei lavoratori. Gli indizi sono labili, le contestazioni minime, come essere usciti un’ora prima del previsto. Inezie».
L’inchiesta è ancora agli inizi, tutto ancora da verificare. Dal ministero, la linea che per ora prevale è quella del riserbo. Poco o nulla da via dell’Arte, dove è ormai impossibile far finta di nulla, con tale scompiglio. Viene solo ribadita la «piena fiducia nella magistratura, l’unica che può dare contorni più precisi a questa vicenda».
Laura Martellini
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