Ormai è chiaro. Una delle partite di potere più delicate, in questo momento di nouvelle vague giallo-verde, riguarda la scelta del nuovo Direttore generale del tesoro. L’incarico è a dir poco strategico, visto che chi sarà chiamato a ricoprirlo dovrà accompagnare il ministro dell’economia a quasi tutti i principali appuntamenti internazionali. E qui sta un primo punto.
Il titolare di via XX Settembre, Giovanni Tria, non sembra essere un ministro “fortissimo”. Del resto il suo nome è uscito fuori all’esito di un faticoso compromesso, considerando che la prima scelta leghista, appoggiata dai pentastellati, sarebbe ricaduta su Paolo Savona, poi dirottato agli Affari europei.
Attenzione alta – Così si spiega perché in queste ore si sta mettendo a fuoco l’importanza della partita: con un ministro di compromesso, le leve di potere azionabili dal Direttore generale del tesoro possono essere molto incisive. La Notizia del 15 maggio scorso aveva già rivelato che i grillini vorrebbero spingere verso questa poltrona Antonio Guglielmi, banchiere “eretico” di Mediobanca, con alcune idee eurocritiche che piacciono anche ad economisti di area Lega come Claudio Borghi e Alberto Bagnai.
Ma il posto fa parecchia gola anche i cosiddetti “poteri forti”. Per questo, dopo che il nome di Guglielmi è entrato nel circuito mediatico, si va facendo largo una sorta di reazione.
A muoversi è il presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti, rappresentante di quelle fondazioni che detengono anche il 16% della Cassa Depositi e Prestiti. Guzzetti, 83 anni, da oggi è a Parma per il suo ultimo congresso dell’associazione. L’anno prossimo lascerà, non senza aver fatto il tentativo di lasciare una situazione congeniale al suo mondo. In tal senso sembrerebbe voler spingere per la promozione alla Direzione generale del Tesoro di Alessandro Rivera, alto funzionario di via XX settembre che oggi guida la Direzione sistema bancario, proprio quella che tra l’altro vigila sul sistema delle Fondazioni. Intendiamoci, le medesime Fondazioni hanno il diritto di indicare il presidente della Cassa Depositi e Prestiti (anche in questo caso sin dal 5 aprile scorso La Notizia ha rivelato che le preferenze ricadono su Massimo Tononi, ex sottosegretario all’Economia con Prodi ed ex Goldman Sachs). Sulla carta altro non possono fare. Tanto meno possono mettere bocca sulla scelta dell’azionista Tesoro, il cui direttore generale però siede nel Cda della Cassa. Ecco spiegato il grande interesse di Guzzetti, e dei suoi due principali collaboratori, Matteo Melley (presidente della Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia) e Francesco Profumo (presidente della Compagnia Sanpaolo), per la scelta del Direttore generale del Tesoro.
Il contesto – è un segno dei vecchi poteri che non vogliono mollare, verosimilmente intimoriti dalla nuova era giallo-verde. Ma la poltrona in questione è monitorata con grande attenzione anche dal presidente della Bce, Mario Draghi. Il quale, non per niente, negli ultimi sei anni l’ha presidiata attraverso un suo fedelissimo, Vincenzo La Via. Insomma, nella scelta del nuovo Direttore generale di via XX Settembre i pentaleghisti dovranno vedersela con le istanze delle fondazioni e quelle provenienti da Francoforte. Quanto a Guzzetti, l’eredità che vorrebbe lasciare prevederebbe anche Dario Scannapieco (altro Draghi boy) come Ad della Cassa e Fabrizio Palermo come Direttore generale della medesima. Ma queste scelte spettano al Governo, ora non più così facilmente influenzabile.
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