articolo di Sergio Patti pubblicato su La Notizia Giornale.
A che serve una Centrale unica per gli acquisti della pubblica amministrazione se poi le condizioni che riesce a strappare sono inadeguate e non convenienti, tanto da costringere gli uffici dello Stato a farsi le gare per conto proprio? La domanda resta senza risposta dopo che il Consiglio di Stato ha intimato un grande stop alla struttura elefantiaca nata per abbassare i costi delle forniture di beni e servizi a spese dei cittadini. Con la sentenza n. 1937/18 il massimo organo della giustizia amministrativa ha dato infatti ragione al ministero dei Beni culturali all’epoca guidato da Dario Franceschini.
Casus belli – Gli uffici di via del Collegio Romano avevano deciso di non utilizzare la convenzione stipulata tra Consip e una società – la Exitone Spa – per la gestione della salute e sicurezza dei dipendenti nei luoghi di lavoro. Exitone aveva vinto per questo una regolare gara, arrivando prima in tre lotti dal valore di decine di milioni di euro. Ciò nonostante il Mibact aveva puntato ad ottenere gli stessi servizi a condizioni migliori, anche sotto l’aspetto dei costi, e per questo aveva indetto una propria procedura concorsuale escludendo l’obbligo di adeguarsi alla convenzione Consip. Mossa illegittima secondo il ricorrente, ma non per la quinta sezione del Consiglio di Stato, che in sede giurisdizionale ha fatto rilevare come le norme prevedano espressamente (art. 26 della legge 488 del 1999) la possibilità per le amministrazioni statali centrali e periferiche di attivare propri strumenti di negoziazione laddove tale opzione sia orientata a conseguire condizioni economiche più favorevoli rispetto a quelle fissate dall’esito della convenzione quadro della Consip. Nonostante la legge spinga tutti gli uffici pubblici ad adeguarsi alle gare della centrale unica per gli acqusiti, tale vincolo è da considerarsi nullo quando “il contratto sia stato stipulato a un prezzo più basso di quello derivante dal rispetto dei parametri di qualità e di prezzo degli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip, e a condizione che tra l’amministrazione interessata e l’impresa non siano insorte contestazioni sulla esecuzione di eventuali contratti stipulati in precedenza”.
Enti responsabili – Ma c’è di più: esaminando il caso, il Consiglio di Stato ha finito per richiamare un ulteriore principio, e cioè quanto prescritto dall’articolo 1 del decreto legge 95 del 2012, che responsabilizza le amministrazioni a risparmiare quanto più possono, e pertanto possono derogare dagli obblighi di carattere generale, ovviamente a condizione di poter però dimostrare che tale scelta ha portato un risparmio per le casse pubbliche. Fattispecie dimostrata nella gara finita sotto la lente della giustizia amministrativa, in quanto il costo dei servizi richiesti dal Mibac utilizzando la convenzione Consip sarebbe stata di 19,52 milioni di euro, mentre facendo la propria gara ci si è fermati a 14,33 milioni. Soldi dei cittadini che così lo Stato ha potuto risparmiare.
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