Tra le ipotesi anche la licenziabilità o l’obbligo di rotazione degli incarichi dopo un massimo di sei anni. Non sappiamo ancora se quella lettera partirà mai. Ma che nelle ore precedenti alla formazione del governo fosse circolata l’idea di emanare come primo atto dell’epoca renziana una direttiva per sbarrare la strada verso i vertici dei ministeri ai consiglieri di Stato e ai giudici dei Tar, è garantito.
Atto senza precedenti, capace di ribaltare i rapporti fra la politica e un grumo di potere che da decenni ha in mano le leve operative dell’esecutivo con l’egemonia incontrastata sugli incarichi da capo di gabinetto o degli uffici legislativi.
Una burocrazia che si sovrappone alla burocrazia, tenendosi per mano e passandosi spesso il testimone da un ministero all’altro.
Alcuni casi hanno letteralmente fatto scuola. Uno per tutti, quello di Corrado Calabrò: nel 1963 era già con Aldo Moro a Palazzo Chigi, un trampolino che gli ha consentito in seguito di attraversare tutto l’universo governativo, alla guida dei gabinetti di Bilancio, Mezzogiorno, Sanità, Industria, Agricoltura, Marina Mercantile, Poste, Istruzione, Politiche comunitarie, Riforme... Monumento ineguagliato a una potente stirpe di ministri ombra cresciuta irresistibilmente fino ai giorni nostri, di incarico in incarico.
Soltanto nel primo semestre del 2013, periodo che registra le nomine coincidenti con l’insediamento dell’esecutivo di Enrico Letta, sono stati conferiti a consiglieri di Stato o del Tar 54 incarichi governativi, il 37,5% di tutti quelli extragiudiziali assegnati negli stessi mesi a 113 diversi magistrati.
Compresi, fra questi, due esponenti del governo: il viceministro dello Sviluppo Antonio Catricalà e il sottosegretario alla Presidenza Filippo Patroni Griffi. E compresi anche i magistrati ingaggiati dai ministri del vecchio esecutivo che Matteo Renzi ha confermato. Come il capo dell’ufficio legislativo delle Infrastrutture di Maurizio Lupi, Gerardo Mastrandrea, che dieci anni fa entrò negli uffici di Porta Pia in qualità di esperto legislativo del viceministro Mario Tassone. O come il suo collega Giuseppe Chiné che fa lo stesso lavoro alla Salute di Beatrice Lorenzin, la quale ha collocato al posto di capo di gabinetto un altro consigliere di Stato, Mario Alberto Di Nezza.